LBA - L'incredibile storia di D'Angelo Harrison

LBA - L'incredibile storia di D'Angelo Harrison

Giorgio Gandolfi scrive la storia di un talento che si sta imponendo nel campionato di pallacanestro di serie A a suon di eccellenti prestazioni: D'Angelo Harrison della Happy Casa Brindisi sull'edizione odierna de La Provincia di Cremona.

"II campionato italiano racconta delle storie incredibili.

È il caso di D'Angelo Harrison. guardia della Happy Casa Brindisi, tra i migliori giocatori del nostro campionato.

La sua vita è iniziata ad Anchorage, in Alaska, dove è nato, per poi trasferirsi a Missouri City, vicino a Houston, dove ha giocato in una scuola media.

Negli anni successivi dal Texas si è andato a studiare e a giocare alla St. John's University a New York.

Per poi iniziare la sua vita da professionista in Turchia, in seguito per due diverse volte in israele, poi in Russia, Francia ed ora in Italia.

Ma, a parte le sue doli tecniche, e la storia della sua vita che ne fa un personaggio unico dal punto di vista umano. Non ha mai conosciuto il padre.

La madre ha avuto problemi di droga fino a qualche anno fa, è stato allevato dai nonni in texas e la sua vita è stata anche segnata da due episodi in particolare.

Il fratello DeAndre, di due anni più anziano di lui, rimase coinvolto in uno spaccio di droga, che terminò tragicamente con un morto, venne condannato ed entrò in carcere nel 2010 per uscirne dopo alcuni anni ed ora essere diventato un rapper di buon livello.

"Gli sorto molto legato, facevamo ogni cosa insieme e quando era in carcere ci sentivamo al telefono quasi ogni giorni per i 20 minuti concessi.


Sembra strano, ma devo dire grazie a lui. La sua vicenda personale mi ha spinto ad impegnarmi sempre di più, ad allenarmi duramente, a fare quello che lui non poteva fare e non sarei il giocatore che sono ora se quell'episodio non fosse successo.

Gioco come se lui giocasse con me e forse la gente pensa che sia un pò folle quando faccio un 'cinque' con me stesso dopo un canestro segnato o un tiro libero realizzato, ma è per ricordare ch lui è sempre con me".

L'altro episodio che lo ha cambiato è stato quando giocava alla St. John's University e nel 2013 venne sospeso dal suo allenatore Steve Lavin.

"Questo è staio uno dei punti pili bassi della mia vita, oltre all'entrata in carcere di mio fratello ed i precedenti problemi familiari. Ero un testardo, avevo comportamenti eccessivi nei confronti degli arbitri, contestavo i falli che mi fischiavano, facevo scene in panchina.

Non capii perché quella sospensione, ma decisi di andare al John Lucas Aftercare Center a Houston dove questo ex giocatore degli Houston Rockets offre consulenza antidroga, alcol e e per comportamenti eccessivi.

Per due mesi niente cellulare, solo basket, confronti e discussioni sul mio problema. Da allora sono una persona tranquilla e conscia che i miei comportamenti possono avere un impatto sugli altri, come lo avevano sulla squadra e sui miei compagni a St. John's.

Oltre a mio fratello, devo quindi essere sempre enormemente grato a Coach Lavin per avermi sospeso , anche se a quel tempo non capivo il motivo".


Da allora in poi mai nessun problema, sempre in pace con sé stesso e con gli altri.

"Mi rilasso passeggiando guardando il cielo, gli alberi" racconta Harrison che sfoggia decine di tatuaggi su tutto il corpo. "Ma ne manca uno sul braccio, cioè Italia, accanto ai nomi degli altri paesi dove ho giocato".

Nelle sue esperienze al dì fuori degli Stati Uniti ha sempre dimostrato di essere un grande attaccante, oltre a tanti piccoli particolari nell'economia di una squadra come rimbalzi, assist, difesa ed enorme energia e carica emotiva, che mette sempre in campo.

"È un professionista esemplare, studia gli avversari in modo analitico, ne conosce ogni aspetto tecnico in attacco e in difesa" dice il suo allenatore Vitucci. "Ed è un collante incredibile ins quadra, sempre pronto a incitare i compagni ed allenarsi duramente".

Nella partita vinta in settimana da Brindisi contro il Darussafaka in Champlons League, è stato il primo ad alzarsi dalla panchina ed a correre ad abbracciare il giovane Riccardo Visconti, miglior marcatore di Brindisi in quella partita.

Un grande giocatore ed una grande persona, a cui il basket ha dato quello che la vita gli ha negato.