Riccardo Moraschini: «Quello che è successo a Sinner dovrebbe accadere a tutti»
Intervistato su Akos Podcast da Luca Gemignani, Riccardo Moraschini è tornato a parlare della sua squalifica per doping e di quella similarità con il caso del tennista Jannik Sinner. «All'inizio è stata un'esperienza che ho preso un po' "sottogamba". Ero stratranquillo di quello che non avevo fatto, del ragazzo pulito che sono sempre stata. Non conoscevo i procedimenti, come funzionasse, cosa bisognasse fare. Passate le settimane cominciavo a accorgermi che invece era una situazione delicata e complicata da gestire. C'erano dei passaggi lenti, burocratici, che a volte neanche capivo. Ho fatto di tutto per dimostrare che non avevo preso niente, ero stato contaminato da una terza persona. Ma non sapevo neanche che questa terza persona stesse usando questo farmaco. Nei mesi successivi quando ho capito cosa era il doping e l'antidoping, ho realizzato che se ne parla troppo poco. Fino a quando non ci cadi dentro non riesci neanche a capire. Alla fine è stata un'esperienza ormai passata, che non mi ha aiutato a livello di carriera. Giocare a Milano, l'EuroLeague, essere 3 anni lì e a 30 anni ero all'apice della mia carriera da giocatore. Stavo facendo bene, stavo giocando. Dalle Olimpiadi, le Final Four, avevo fatto 20 la prima di campionato contro Trento. Mi ha stroncato le gambe. Ma una volta che capisci cosa c'è all'interno tu puoi raccontare i fatti, ma davanti a te c'è una persona che può crederti o meno. Sono sempre stato "tranquillo" perché in pace con me stesso, ho detto sempre la verità. Alla fine non è andata come doveva andare. Sono andato avanti di inerzia. Mi sono allenato con l'idea che fosse stato un anno del cavolo ma ci sarebbe stato quello nuovo. Sono sempre stato uno andato oltre le cose negative. Alla fine mi ricordo sempre che giocare a basket è un lavoro ma è sempre ciò che mi piace fare. Mi alleno per questo».
Sul caso Sinner. «Il discorso legato a quelle interviste... Secondo me quello che è successo a Sinner è quello che dovrebbe accadere a tutti. Quando trovi uno sportivo con 0.5 nanogrammi di una sostanza che non è neanche riconducibile a sostanze che possono aiutare le performance. Penso si parli un po' del nulla. Vuoi aprire un processo? Apri un processo, valuta le prove. Ma non puoi fermare un atleta con una quantità così bassa riconducibile a contaminazione. Non dico sia una mancanza di rispetto, però è una caccia alle streghe. Quello che è successo a Sinner è giusto, ed è giusto che continui a giocare e sia stato scagionato. Ma perché non è possibile fermare un atleta per questo a dei livelli così alti. Apri un processo, se accerti che ci sono i presupposti per una contaminazioni, lascialo giocare. Alle Olimpiadi avevo fatto un test antidoping risultato negativo. Per questo è un po' una caccia alle streghe».