Roderick, genio e sregolatezza. Dalla fabbrica a stella della A2

Considerato il nuovo Iverson ai tempi della high school, diventato padre abbandonò il sogno della pallacanestro. Fino all’incontro che gli cambiò la vita
13.07.2019 14:28 di Salvatore Possumato   vedi letture
Roderick, genio e sregolatezza. Dalla fabbrica a stella della A2
© foto di Gevi Napoli Basket

Una storia che sembra uscita dalla sceneggiatura di un film, quella della nuova guardia di Napoli Terrence Roderick.

Classe 1988, cresciuto in una famiglia numerosa (quattro fratelli e due sorelle), non si può certo dire che nella vita abbia avuto la strada spianata. Come tanti ragazzi provenienti da contesti sociali non agiati, vedeva nello sport la possibilità di diventare qualcuno e garantire tranquillità economica per sé e la sua famiglia.

Formatosi sui playground di Philadelphia, ai tempi della high school in molti vedevano in lui le caratteristiche di due mostri sacri del basket professionistico a stelle e strisce, Doctor J. Erving e Allen Iverson. Dava spettacolo grazie alla sua esplosività e alle sue doti acrobatiche ed era pronto a vivere da protagonista anche gli anni universitari per poi lanciarsi nell’avventura Nba.

Le premesse c’erano tutte, fisico prestante, doti tecniche e soprattutto carattere e voglia di emergere. Chiuse la sua esperienza alla Northeast Prep con medie di 29 punti e 8 rimbalzi per gara e attirò su di lui l’attenzione di diversi importanti college, tra i quali Minnesota, Kansas e Florida State, scegliendo la UAB (University of Alabama at Birmingham) per affermasi nel mondo della palla a spicchi. Ma dopo un solo semestre fu costretto ad abbandonare.

Diventato padre, non aveva più la possibilità di continuare gli studi e calcare i campi di basket inseguendo un sogno. Aveva una figlia da mantenere e doveva trovare al più presto un’occupazione che gli consentisse di farlo. Tornato a casa, iniziò a lavorare come operaio e la pallacanestro sembrava essersi ridotta a semplice passatempo, una passione da coltivare con amici sui campetti all’aperto tra un turno e l’altro in fabbrica.

Poi l'incontro che segnò una svolta nella sua esistenza. Si ritrovò quasi per caso su un playground di Portsmouth, in Virginia, in occasione dell’annuale torneo ad inviti per collegiali in odore di Nba (il Pit, Portsmouth Invitational Tournament). Era andato a trovare alcuni ex compagni per concedersi qualche momento di svago. Il richiamo del canestro era irresistibile, prese la palla tra le mani e in un 3 contro 3 fece letteralmente furore, lasciando sbalorditi i presenti. Tra questi c’era Manuel Capicchioni, fondatore dell’agenzia Interperformances Inc., che non perse un attimo per reclutarlo nella sua scuderia e offrirgli la possibilità di mettere in mostra il suo talento in Europa.

Per Roderick si aprivano le porte di una nuova vita. Avrebbe guadagnato facendo ciò che desiderava fin da bambino, senza far mancare nulla alla figlia.

Preparò le valigie e prese il volo destinazione Traiskirchen, in Austria, per giocare con gli Arkadia Lions (2009) e l’anno successivo approdò in Italia al servizio della Basket Rimini Crabs, società nella quale Capicchioni figurava come detentore di quote in compagnia di Giorgio Corbelli, tristemente noto a Napoli per la breve esperienza come socio di maggioranza della squadra di calcio. 

Il resto è storia recente. Stagioni vissute sempre da protagonista in serie A2, problemi disciplinari che gli costarono il taglio a Cremona (fu coinvolto in un incidente stradale, errore di gioventù come lo stesso Roderick ammise tempo dopo, ma che ebbe un impatto negativo sulla sua immagine), la parentesi biennale in Israele con il rammarico di una finale persa al termine di un drammatico supplementare con il Maccabi Haifa, la ‘fuga’ da Ferrara in seguito al permesso per visitare la terza figlia appena nata non accordato dal club e il successivo anno sabbatico per stare accanto a lei. Fino all’exploit della passata stagione a Bergamo, chiusa con una strepitosa doppia doppia di media (20,4 punti, 10,8 rimbalzi).

E ora l’avventura alle pendici del Vesuvio, per riportare Napoli sull’Olimpo della pallacanestro nazionale a suon di rimbalzi e schiacciate.