Bill e Wilt: amore e odio, complemento e opposizione, rigore e Dolce Vita

Bill e Wilt: amore e odio, complemento e opposizione, rigore e Dolce Vita
© foto di nba.com

(di FRANCESCO RIVANO). Rivalità, dualismo, dicotomia, antagonismo; concordia, armonia, complicità, unione. Potrei star qui a scrivere altri sinonimi legati al concetto di presenza di due elementi posti in relazione reciproca di complementarità o di opposizione. Se ci basassimo sui rapporti umani chi di noi non è mai entrato in una relazione reciproca di complementarità o opposizione con il prossimo: tra le complementarità potremmo citare il rapporto madre-figlio, il vincolo naturale fra fratelli, la conoscenza della vera amicizia, la nascita del primo amore; tra le opposizioni si potrebbe sviscerare l’argomento complicato di molti rapporti paterni, l’intreccio pericoloso fra carnefice e vittima, il contendersi la stessa bellissima ragazza, il competere per la medesima posizione lavorativa. Ne è pieno l’intero pianeta, in qualsiasi istante, a qualsiasi latitudine, di intrecci dualistici che portano due persone a essere complementari tra di loro o a essere poli diametralmente opposti e contrastanti e lo sport, qualsivoglia sport, non fa eccezione. Vialli & Mancini nella Samp dello scudetto del 1990 o i Calypso Boys del Manchester United dominante di fine millennio; Coppi - Bartali (per gli anziani) o Pogacar - Vingegaard (per i giovanotti) tra le strade del Tour de France; i fratelli Abbagnale nel “due con” olimpico di Seul 1988 o la Orro e la Egonu sotto la rete di un campo da pallavolo; Tyson e Holyfield tra le corde di un ring o McEnroe e Jimmy Connors con le racchette in mano e qualche parola di troppo sulla lingua; Stockton e Malone come complementarità nel basket NBA e come contrapposizione?

Inverno del 1934, Monroe, Luisiana: Charles e Katie danno il benvenuto al piccolo William.
Estate del 1936, Philadelphia, Pennsylvania: William e Olivia accolgono tra le loro braccia il neo arrivato Wilton.

Inverno e Estate già di per se segnano una netta contrapposizione, quella stessa tra due ragazzi che vivranno vite totalmente opposte. William, che nel frattempo diventa Bill, è costretto ad abbandonare assieme alla famiglia il Sud degli Stati Uniti per poter fuggire dalla quotidianità fatta di segregazione e razzismo e trovare speranza a Oakland durante l’avvento della seconda guerra mondiale. La vita si mostra subito nella sua atrocità al ragazzo nativo di Monroe costringendolo a fare i conti con una piaga, quella del razzismo, che segnerà il suo percorso di vita. Wilton, che nel frattempo diventa Wilt, vive in un quartiere borghese di West Philadelphia e cresce nel suo ambiente serenamente anche se a provocargli del male non sono gli altri esseri umani come accade a Bill, ma è la cagionevolezza della sua salute che lo porta a rischiare la vita a causa di una polmonite. È forse da lì che nasce l’esigenza di godersi ogni momento che la vita, che può sfuggire dalle mani a volte troppo in fretta, gli offre.

Fin da ragazzo Bill è un atleta fuori dal comune anche se non lo sa, ma per fortuna nella Baia se ne rendono conto i suoi allenatori della High School che lo formano e lo indirizzano a seguire la via del canestro; Wilt è anch’egli un atleta fuori dal comune, la sua consapevolezza è tale da snobbare lo sport per la semplicità con cui mette in fila ogni avversario, ma anche lui alla fine decide di seguire la via del canestro. Bill sgomita, fatica, lavora tanto e si fa un nome alla High School; sacrifica e lotta per guadagnarsi ciò che gli spetta e grazie a ciò ottiene una borsa di studio all’Università di San Francisco. Wilt non ha bisogno di troppo impegno per mostrare le sue doti; madre natura gli permette di far sgorgare basket dalle mani senza apparente fatica. Segna, prende rimbalzi, domina, cambia il concetto di centro nel basket giovanile e viene selezionato dall’Università del Kansas per proseguire la carriera da studente e da giocatore di basket.

Bill da studente universitario vive la serenità vissuta da Wilt da bambino. Assapora il gusto della vittoria, un gusto dolce, inebriante ma al contempo assuefacente e porta a casa due titoli NCAA nel 1955 e nel 1956, vince l’oro olimpico nel 1956 a Melbourne e viene selezionato al draft NBA, sempre del 1956 dai Saint Louis Hawks e trasferito a Boston. Wilt da studente vive gli incubi vissuti da Bill da bambino. Assapora il gusto del disprezzo razziale, un gusto acre, insopportabile  ma al contempo costruttivo, scappa da Kansas per trovar rifugio nell’isola felice degli Harlem Globetrotters e nel 1959 entra a far parte del mondo NBA con la casacca dei Philadelphia Warriors. È proprio nei parquet della NBA che le strade di Bill e Wilt, fin lì distanti e parallele iniziano a convergere.

Quando Wilt entra nella Lega la sconquassa, la stravolge in termini tecnici e statistici ma nel frattempo Bill ha già disputato tre Finali e vinto due anelli. Bill è ligio, dritto come un fuso, un hombre vertical come direbbero in lingua ispanica, si fida e si affida al suo coach, Red Auerbach, che lo ha voluto a tutti i costi e che lo ha utilizzato come pietra angolare del grande progetto Celtics. I due si prendono e si comprendono dando vita a un incontro di mentalità aperte e affini che individuano nel lavoro il filo conduttore che porta al successo. Wilt è istrionico, spavaldo, egocentrico, vizioso, fa tutto il contrario di quello che gli chiedono i coach e si diverte dentro ma soprattutto fuori dal campo. Regna sotto canestro e naviga nelle pieghe del proibizionismo in un attico a Manhattan che ha perso il conto delle donne che ha visto entrare al suo interno. Eppure quando si fida ottiene risultati. Il 2 Marzo a Hershey il suo coach gli consiglia di tirare i liberi dal basso “perché hai percentuali migliori”; Wilt, svogliato, esegue e finisce la partita con un foglietto in mano che recita 100.

La distanza fra le strade percorse da Bill e Wilt si assottiglia sempre più fintanto che i due arrivano allo scontro diretto. Bill affronta Wilt con la consapevolezza della forza corale dei suoi Celtics; Wilt affronta Bill come fosse un duello del Far West; Bill gioca a basket, difende, segna poco, ma incide a ogni possesso e coinvolge i compagni; Wilt si bea della sua media punti, conta i suoi rimbalzi, ma non conosce il significato della parola altruismo e gioca come un corpo estraneo all’interno della squadra. 143 sfide in cui Wilt sovrasta Bill nella media punti; 143 sfide in cui Bill sovrasta Wilt in quello che realmente conta: le vittorie. Bill e i suoi Celtics sono una macchina schiacciasassi , vincono, vincono e continuano a vincere; i Warriors prima e i 76ers poi di Wilt rincorrono i Celtics ma non li raggiungono mai e restano fermi al palo.

Dal 1959 al 1966 lo schema si sussegue: Wilt miglior marcatore della Lega; Bill campione NBA. Il 1966 sembra l’anno della svolta, Bill soccombe per la prima volta in una serie di playoff contro Wilt che disputa una serie al di fuori di ogni senso logico. 76ers campioni proprio contro i Warriors trasferitisi in California e a Piladelphia si esulta: “ Boston è morta”. Come no!

Bill, nel frattempo diventato allenatore-giocatore, va in crisi di astinenza da vittorie mentre Wilt si presenta al banco dei campioni Nba con in mano il ticket per una singola consumazione. La parentesi aperta da Wilt nella stagione 1966-67 si chiude rapidamente e Bill torna a ripristinare l’ordine riportando a Boston il titolo Nba per altri due anni. Bill si ritira da campione, con la casacca bianco verde dei Celtics diventata ormai una seconda pelle; Wilt cambia ancora squadra, si accasa ai Lakers dove spera di vincere soprattutto dopo il ritiro di Bill. Niente da fare, nemmeno contro i Kincks del ’70 Wilt riesce a prendere in mano la Lega e per vincere il suo secondo titolo deve aspettare la stagione 1971-1972 e l’anno dopo si ritira.

Due carriere eccellenti, due carriere da incorniciare, ma due carriere agli antipodi. Entrambe vissute in cima, a guardare tutto e tutti dall’alto verso il basso; quella di Bill fondata sul lavoro e sul successo corale; quella di Wilt fondata sul talento e sulla meraviglia individuale. C’è stata un’unica sera nella quale le anime dei due rivali si sono sfiorate, il 5 Aprile del 1968, quando rifiutandosi di scendere in campo Bill e Wilt hanno fatto convergere i loro valori morali unendosi sotto il segno del rispetto per il reverendo King. Eppure le moralità dei due protagonisti erano opposte come il resto delle altre loro prerogative. Bill, memore della sua infanzia, è diventato un’icona dell’antirazzismo, è sceso in strada per far valere i suoi principi morali e si è speso fino alla fine per il bene degli afroamericani. Wilt, memore dei suoi problemi di salute della sua infanzia ha puntato tutto sulla materialità, salendo a letto in compagnia di una donna più volte di quanto sia sceso in campo al fianco dei compagni, dedicandosi allo spettacolo, agli affari e alla bella vita. Wilt si è spento nella sua villa di Bel Air nell’autunno del 1999, a soli 63 anni, solo; Bill si è spento nell’estate del 2022, a 88 anni, tra l’amore dei suoi cari. Due vite completamente opposte, due modi di intendere la vita completamente opposti, due modi di giocare a basket completamente opposti, insomma due entità diverse e distanti. Eppure è proprio nella loro contrapposizione che vive la complementarità delle loro gesta che hanno appassionato milioni di tifosi di basket in tutto il mondo e nulla più dell’immagine che li raffigura nel gesto di contendersi una palla a due meglio esemplifica allo stesso tempo il dualismo e l’unità racchiusi nel basket e nello sport in generale.

----- Francesco Rivano nasce nel 1980 nel profondo Sud Sardegna e cresce a Carloforte, unico centro abitato dell'Isola di San Pietro. Laureato in Economia e Commercio presso l'Università degli Studi di Cagliari, fa ritorno nell'amata isola dove vive, lavora e coltiva la grande passione per la scrittura. Circondato dal mare e affascinato dallo sport è stato travolto improvvisamente dall'amore per il basket. Ha collaborato come redattore con alcune riviste on line che si occupano principalmente di basket NBA, esperienza che lo ha portato a maturare le competenze per redigere e pubblicare la sua prima opera: "Ricordi al canestro" legato alla storia del Basket. Nel 2024 ha pubblicato la sua seconda, dal titolo "La via di fuga" Link per l'acquisto del libro.