Oriundi: nelle strade di Telegraph Hill Angelo Enrico inventò il tiro in sospensione

(di FRANCESCO RIVANO). “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”. Così recita il primo articolo della Costituzione italiana, ma cosa succede quando il lavoro non basta a soddisfare le esigenze di tutti? È dal 1861, anno in cui il nostro amato Paese ha visto la luce per la prima volta come nazione unita che, l’Italia è stata investita da un fenomeno naturale e necessario, quello della migrazione. Le varie ondate migratorie rese obbligatorie dalla ricerca di maggior fortuna in luoghi differenti da quelli natali, hanno portato via dalle loro case circa 30 milioni di italiani di cui solo un terzo ha fatto ritorno. E i restanti 20 milioni? Quelli sono rimasti sparsi per il mondo, costruendosi una vita lontana dalle proprie origini, gettando radici e piantando semi che hanno accresciuto la popolazione originaria del Bel Paese attraverso i cinque continenti: la popolazione degli oriundi. Molto spesso si sente parlare di qualche opera, lavoro, invenzione o anche crimine che ha avuto luogo all’estero nonostante il cognome del responsabile sia di chiare origini italiane. Così come molto spesso si sente che un cognome tipico delle nostre latitudini sia menzionato in riferimento a qualche successo di natura sportiva. Se siete amanti dello sport quanto me sarete aggiornati sull’andamento dei mondiali di nuoto che si stanno svolgendo a Singapore e non vi sarà sfuggito l’oro vinto nei 200 farfalla da Luca Urlando. Italiano? Si, Italianissimo visto che il padre e il nonno, già distintisi rispettivamente come discobolo e martellista, sono Padovani, ma Luca nuota per gli Stati Uniti e tutti sono concordi nel pensare che darà tante soddisfazioni alla federazione nuoto statunitense nel prossimo futuro. Vi dice niente il nome Donte Di Vincenzo? Come no, è fresca fresca la notizia del forfait di The Big Ragù per Eurobasket. Dopo le varie peripezie che hanno convinto sia la federazione che il cestista a convolare a nozze sportive, la guardia di Minnesota, campione NCAA da protagonista con Villanova nel 2018, è costretto ai box da un infortunio che lo terrà lontano dalla canotta azzurra rinviandone il suo esordio. Insomma altra cocente delusione dopo aver visto sfumare l’approdo in azzurro nel 2023 di Paolo Banchero nonostante la corte e le mille promesse fatte prima di decidere di “realizzare il sogno che aveva fin da bambino” di giocare per Team Usa. Fra gli oriundi che negli anni hanno deciso di dar man forte alla propria nazione di origine possiamo ricordare Mike D’Antoni, Dan Gay, Gregor Fucka, Dante Calabria. Tutti personaggi del basket moderno che, per un motivo o per un altro, hanno deciso di vestire la casacca della nazionale italiana in virtù di un legame di sangue o di un legame acquisito con il nostro Paese. Ma tra gli oriundi da ricordare nello sport ci sono anche quelli che, nonostante il cognome, non sono mai nemmeno stati accostati alla nostra nazionale e uno di questi è stato un pioniere del basket come lo conosciamo ai gironi nostri.
Primi del novecento, a Telegraph Hill, quartiere di San Francisco nel quale dimoravano, o meglio erano confinate, le famiglie provenienti dal resto del mondo, Stefano era riuscito a mettere qualche dollaro da parte lavorando come muratore per cercare di ripristinare una città devastata da un terremoto terribile. Lo spirito imprenditoriale del ragazzo italiano aveva spinto il giovane ad abbandonare le fatiche del lavoro edile per aprire una ristorante, anche perché, in tutta sincerità, la cucina d’oltreoceano era veramente un incubo. La serenità maturata dalla famiglia Luisetti portò nel 1916 alla nascita del piccolo Angelo Enrico che tra le strade di Telegraph Hill iniziò sgomitare per emergere e farsi rispettare. In quale sport? Ovviamente il Basket! A “Spiderlegs”, soprannominato così in virtù di un paio di gambe secche e storte, l’altezza non faceva difetto; il problema era la stazza. Nei playground di San Francisco soffriva la fisicità dei pari età ma si sa, laddove non arriva il fisico, arriva il cervello. Hank, anche perché farsi chiamare Angelo Enrico era poco agevole per le compagnie che frequentava, iniziò a dimostrare tutto il suo valore alla Galileo High School tanto da attirare l’attenzione dell’ateneo di Stanford che se accaparrò i servigi facendo forse l’affare sportivo migliore degli anni ‘30. In un basket, quello degli anni ’30 conformato ai dettami imposti dal professor James Naismith, introdurre una variante efficace, significava dominare la scena. Mentre tutti infatti continuavano a tirare a due mani con i piedi ben piantati per terra, Hank inventò il prototipo del tiro in sospensione. Per sfuggire alla fisicità degli avversari infatti Hank anticipava il movimento di tiro lasciando il terreno in salto per tirare a canestro a una mano. La rivoluzione era compiuta e la carriera di Hank decollò fino a essere riconosciuto uno degli sportivi più influenti del panorama sportivo americano e portando l’università di Stanford a dominare la scena del college basket. 16 punti di media (paragonabili almeno a 40 punti in più odierni), prima partita sopra i 50 punti della storia, un repertorio di movimenti innovativi fatti di contropiede condotto in palleggio e passaggi dietro al schiena, una vero e proprio tornado di nuove giocate che ha innalzato l’entusiasmo del pubblico nei confronti del gioco della pallacanestro e dato vita a una vera propria venerazione nei confronti di una leggenda vivente. Conclusa la carriera universitaria Hank ha militato in qualche squadra professionistica sino agli albori della seconda guerra mondiale durante la quale ha servito gli States sotto la United States Navy.
Hank non ha mai conosciuto la pallacanestro NBA anche perché nel 1944 ha dovuto abbandonare ogni sogno di proseguire con il Basket a causa di una meningite. Tuttavia questo non gli ha impedito di essere riconosciuto come i tra i migliori giocatori di basket della prima metà del secolo e di essere tra i primi quattro cestisti ad essere introdotto nella Naismith Memorial Basketball Hall of Fame nel 1959 al fianco di un gigante come George Mikan. La storia di Angelo Enrico “Hank” Luisetti è una storia da romanzo di formazione, è una storia di una famiglia di immigrati italiani capaci di emergere da un contesto di difficoltà fino a raggiungere la gloria, è una storia nella quale la caparbietà e la forza di volontà di un ragazzo italiano si intreccia alla perfezione con l’American Dream a stelle e strisce. È una storia che ci fa ben sperare anche se dovremo aspettare ancora un po’ per vedere se un oriundo come Donte Di Vincenzo, artista del tiro in sospensione, avrà per la nazionale guidata da coach Pozzecco almeno una minima parte dell’impatto che un oriundo come Hank Luisetti, inventore del tiro in sospensione, ha avuto nel basket mondiale.
----- Francesco Rivano nasce nel 1980 nel profondo Sud Sardegna e cresce a Carloforte, unico centro abitato dell'Isola di San Pietro. Laureato in Economia e Commercio presso l'Università degli Studi di Cagliari, fa ritorno nell'amata isola dove vive, lavora e coltiva la grande passione per la scrittura. Circondato dal mare e affascinato dallo sport è stato travolto improvvisamente dall'amore per il basket. Ha collaborato come redattore con alcune riviste on line che si occupano principalmente di basket NBA, esperienza che lo ha portato a maturare le competenze per redigere e pubblicare la sua prima opera: "Ricordi al canestro" legato alla storia del Basket. E da pochi mesi ha pubblicato la sua seconda, dal titolo "La via di fuga" Link per l'acquisto del libro.