I manager hanno il diritto (e il dovere) della critica senza rischiare il posto

08.02.2023 10:10 di  Umberto De Santis  Twitter:    vedi letture
I manager hanno il diritto (e il dovere) della critica senza rischiare il posto
© foto di SAVINO PAOLELLA

Se un dirigente sportivo (o anche in sede aziendale diversa) ritiene che i vertici aziendali abbiano commesso errori (magari anche reati) ha il diritto e forse anche il dovere di opporsi? In ballo c'è il posto di lavoro, ovviamente, per cui sappiamo bene che le ragioni dello stipendio e della famiglia consigliano spesso di lasciar perdere "finché la barca va". La mancanza di tutele, quindi, consiglia l'omertà. Ma non è così: le tutele ci sono.

Le note vicende di una società di calcio di serie A che ha visto quasi un intero Consiglio di amministrazione e relativi sindaci revisori indagati con richiesta di rinvio a giudizio rende attuale affrontare l'argomento, su cui si è innestata in questi giorni una pronuncia molto illuminante. Con la sentenza n. 17689 del 31 maggio 2022 la Suprema Corte si è pronunciata in tema di diritto di critica e relativi limiti, analizzando la legittimità del licenziamento per giusta causa di un dirigente.

Lo racconta Marco De Bellis su Milano Finanza, in un articolo in cui si studia il caso di un dirigente che aveva fatto rilievi importanti e a suo giudizio rilevanti anche da un punto di vista penale in sede di CdA. Verificato che queste criticità erano inesistenti, l'azienda aveva provveduto al licenziamento per giusta causa trovando due tribunali, primo e secondo grado, ben disposti a darle ragione "sia perché le critiche erano risultate infondate sia perché espresse in una sede pubblica come il CdA e dunque "inopportuna".

La Cassazione ha capovolto le due sentenze precedenti. Il diritto alla critica del manager è costituzionalmente prevalente (Art. 21) e il CdA non solo non è una sede pubblica ma è anzi "il contesto più opportuno per manifestare il proprio dissenso". La critica "è illecita quando il dirigente, con la piena consapevolezza della non veridicità di quanto denunciato, "accusi" il proprio datore di lavoro di fatti mai accaduti o dallo stesso mai commessi, con intento meramente calunnatorio." Altrimenti è sempre legittima.