La grandiosità del genio definisce il principale protagonista dell'ascesa della NBA

La grandiosità del genio definisce il principale protagonista dell'ascesa della NBA

(di FRANCESCO RIVANO). Il concetto di grandiosità esprime una condizione di ostentata grandezza che pone uno spettacolo, una costruzione, un’opera d’arte, un evento, su un piano superiore rispetto al resto degli elementi della medesima categoria. Ci sono migliaia di spettacoli, costruzioni, opere d’arte, eventi degni di nota e definibili semplicemente come “belli”, ma solo alcuni di essi sono esclusivi e da ritenersi “grandiosi”. L’Amleto di Shakespeare, la Muraglia Cinese, la CaPpella Sistina, l’Impero Romano: tutti elementi singoli che all’interno delle categorie che rappresentano si elevano a un livello di grandezza che li rende unici, immortali, grandiosi. Ma cosa è che sancisce la grandiosità del singolo elemento: è chiaro che la percezione che ha di esso l’opinione pubblica incide in maniera inequivocabile, ma quella è una condizione susseguente. Ciò che rende grandioso il singolo elemento è la mente che lo partorisce e il pensiero visionario che lo plasma e lo proietta verso un futuro talmente distante fino a diventare infinito. Pensate alla Muraglia Cinese, costruita a partire dal 214 avanti Cristo per difendere l’impero cinese dalle invasioni dei barbari del Nord, generalmente popoli nomadi delle steppe, e diventata patrimonio dell’Unesco per la sua maestosità. Non è tanto l’insieme delle singole pietre accatastate per migliaia di kilometri una sull’altra a rendere unica la costruzione, ma è il concetto con cui Qin Shi Huang, considerato il primo imperatore della Cina, ha voluto rendere in quel momento e per sempre invulnerabile la sua terra. Se ci riferiamo alla Cappella Sistina da pagani potremmo limitarci a valutarla come un’insieme di affreschi di pregevole fattura come molti altri presenti in giro per il mondo; in realtà l’unione delle menti di Papa Sisto IV e di Michelangelo Buonarroti ha dato vita a un luogo di sacralità unico al mondo capace di rivelare e rendere più comprensibili le verità espresse nelle sacre scritture. O ancora se pensiamo alla nascita e al declino dell’impero Romano si può facilmente comprendere quanto la centralità di Roma sia stata tale nei secoli da renderla tutt’ora la città Eterna, il Caput Mundi. Il tutto grazie alla visione dei “Cesare” capaci di vedere con la mente e trasformare un piccolo villaggio sul colle Palatino nell’Impero più esteso che la storia del mondo antico ricordi. È l’idea concepita da una mente umana superiore a partorire la grandiosità, è un’esplosione di genialità che irrora il pensiero umano sino a inondarlo di una bellezza che necessita di essere espressa materialmente in un elemento capace di rimanere bello e grandioso per sempre. Nello sport il concetto di grandiosità non si discosta da quello appena descritto; manifestazioni intere come le Olimpiadi, singoli eventi come la famosa Rumble in the Jungle fra Ali e Foreman nel 1974, o ancora singoli gesti tecnici come la Mano de Dios di Maradona, sono elementi dello sport planetario che restano scolpiti nella memoria storica per sempre. Così come nel basket resterà per sempre l’intervento di un singolo personaggio che grazie al suo pensiero avveniristico e provvidenziale ha reso grandiosa la Lega Statunitense trasformandola da business prossimo alla rovina a fiore all’occhiello dello sport inventato dal professor Naismith.

New York City, 1942. William, emigrato ebreo, sposo di Ann, ebrea anch’essa, si barcamenava fra la gestione della sua gastronomia nel quartiere di Chelsea a Manhattan e la cura del piccolo David nato il 22 di Settembre di quello steso anno. È proprio sull’uscio di quella gastronomia ebraica che David, cresciuto grazie a una profonda influenza delle origini familiari, forma il suo carattere. Grazie all’impegno del padre capisce quanto sia importante nel lavoro sapersi approcciare con gli interlocutori anche perché, per far si che la gastronomia potesse sfamare non solo i clienti ma anche i proprietari, c’era bisogno di rapportarsi nel modo adeguato con gli avventori; magari offrendo un prodotto non di prima qualità, ma garantendo sempre il massimo a livello di rapporti umani, simpatia e capacità di empatizzare con chiunque entrasse a prendere da mangiare. Di quelle ore trascorse in gastronomia a osservare il lavoro del padre David ha fatto tesoro, così come della passione per il basket e per i New York Knicks alle partite dei quali William accompagnava spesso il piccolo David. Il giovane David cresce a Teaneck nel New Jersey, frequenta la Teaneck High School, si laurea in storia alla Rutgers University nel 1963 per poi frequentare la Columbia Law School conseguendo la laurea in giurisprudenza nel 1966. È lo studio Proskauer - Rose a offrirgli il primo vero impiego lavorativo. David spicca per un raro amalgama di fiuto per gi affari e un disarmante senso dell’umorismo, caratteristiche di cui sarebbe stato fiero papà William; ricorda i nomi di ogni singolo cliente e si relaziona con loro interessandosi alle loro situazioni familiari; un bravo ragazzo, seppur con una vena sarcastica, che lo rende affascinante e gradevole. Nel 1978 David lascia lo studio legale Proskauer - Rose e entra nel mondo della NBA come consulente generale sotto il mandato di Larry O’Brien (si quello che dà il nome al trofeo dei campioni). La situazione che trova all’interno della Lega è pericolosa, se non catastrofica. 16 delle 23 squadre che militano nella Lega sono in perdita, il numero di spettatori è in una situazione di calo vertiginoso con una media di presenza ai palazzetti capace di riempire appena il 58% della capienza degli stessi. Ogni franchigia fa i conti per se stessa e l’aumento vertiginoso degli stipendi crea uno squilibrio finanziario tale da dover pensare di ridurre il numero di squadre partecipanti. È qui che nasce la grandiosità della Lega. Nel momento più buio dell’esistenza della NBA la genialità di David partorisce una Lega proiettata al futuro non solo e non tanto come singolo evento sportivo, ma come un business che intreccia le gesta in campo dei campioni con la commercializzazione globale del prodotto. La NBA come la Disney, i campioni NBA come i personaggi alla Topolino, un vero e proprio insieme di parchi a tema individuati nei singoli palazzetti ove pubblicizzare, promuovere, attirare la gente: insomma l’idea della gastronomia del padre a Manhattan trasferita nel palcoscenico cestistico più importante del mondo. Ciò a cui ambisce David è un basket che attiri l’interesse della masse, che idealizzi i principali protagonisti come dei supereroi che sia i grandi che i piccini vogliono andare a seguire costantemente. E per poter idealizzare il modello del giocatore NBA, David pensa di doverne ripulire l’immagine troppo spesso legata a fine anni settanta al consumo di droga. Quale genitore vorrebbe per i propri figli uno sportivo che fa uso di droga? Questa visione di David tendente a ripulire l’immagine della NBA e dei suoi attori è vincente e piace a tutti. I giocatori si sentono i protagonisti principali e le franchigie riescono a gestire gli affari, da un lato perché aumentano gli spettatori e i profitti derivanti dal merchandising, dall’altro perche il salary cap  impone di non far sfuggire di mano il valore dei contratti dei giocatori. Nel 1984, quando David viene eletto come nuovo Commisioner, la Lega ha già spiccato il volo e l’arrivo di Michael Jordan nella Lega fa esplodere definitivamente un movimento al quale Magic Johnson e Larry Bird hanno fatto da apripista.

Il vero successo di David è la globalizzazione della Lega; la vendita dei diritti televisivi in giro per il mondo, la capacità di attirare sempre più giocatori internazionali all’interno delle franchigie NBA, le partite di esibizione in giro per il mondo la rendono un brand riconosciuto e riconoscibile a ogni latitudine.

Beh è chiaro che il David di cui si sta parlando sia David Stern, forse l’indiziato numero uno, a essere riconosciuto come il protagonista più influente del basket professionistico statunitense nell’accezione che conosciamo oggi. L’influenza popolare che la visione di David Stern ha avuto sulle masse è stata perentoria e capace di ribaltare le sorti di una lega volta a un inesorabile declino. Dal Febbraio del 1984 fino al Febbraio del 2014, anno in cui ha lasciato l’incarico all’attuale Commisioner Adam Silver, non ha fatto altro che lavorare a favore della Lega rendendola sempre più appetibile, più globale e più democratica possibile. Il dress code, la one-and-done, i contratti collettivi dei giocatori,  l’espansione della Lega fino ad arrivare a 30 squadre, l’appuntamento fisso con l’Europa e il Messico dove far disputare partite di regular season, il veto imposto al traferimento di Chris Paul ai Lakers; potreste attingere a una marea di informazioni per comprendere l’influenza che David Stern ha avuto sulla NBA lasciando una florida eredità ai suoi successori. Abbiamo detto a inizio di questo racconto quanto la grandiosità di un elemento sia riconducibile a un’esplosione di genialità e la grandiosità della NBA nel panorama sportivo globale è riconducibile al genio esploso al momento giusto nella mente di David Stern. Purtroppo a dicembre del 2019 un’altra esplosione ha coinvolto il cervello di David Stern, questa volta però irrorandolo del sangue fuoriuscito da una vena e sfociando in una dannata emorragia cerebrale. È questo il punto di non ritorno. Probabilmente la privazione dell’utilizzo dell’arma più potente di David Stern, il cervello e il suo pensiero, lo ha portato alla resa inaugurando l’anno più infimo della storia recente, il 2020, con la notizia della sua scomparsa proprio nel giorno di Capodanno.

La morte di David Stern ha sconcertato non solo gli attori protagonisti che lui stesso ha reso leggendari, ma il resto del mondo della pallacanestro che ha riconosciuto in David un pilastro portante di questo sport. Per fortuna come fatto da Shakespeare, da Qin Shi Huang, da Giulio Cesare e da Michelangelo, il genio di David Stern ha plasmato un elemento destinandolo alla vita eterna, a perdurare nel tempo e a essere riconosciuto grandioso da qui all’infinito: la NBA!
(nella copertina David Stern con Giorgio Armani, NBA Europe Live Tour 2010, foto: Ciamillo)

----- Francesco Rivano nasce nel 1980 nel profondo Sud Sardegna e cresce a Carloforte, unico centro abitato dell'Isola di San Pietro. Laureato in Economia e Commercio presso l'Università degli Studi di Cagliari, fa ritorno nell'amata isola dove vive, lavora e coltiva la grande passione per la scrittura. Circondato dal mare e affascinato dallo sport è stato travolto improvvisamente dall'amore per il basket. Ha collaborato come redattore con alcune riviste on line che si occupano principalmente di basket NBA, esperienza che lo ha portato a maturare le competenze per redigere e pubblicare la sua prima opera: "Ricordi al canestro" legato alla storia del Basket. Nel 2024 ha pubblicato la sua seconda, dal titolo "La via di fuga" Link per l'acquisto del libro.