Do you like White Chocolate? Fra talento e follia agonistica

Do you like White Chocolate? Fra talento e follia agonistica
© foto di nba.com

(di FRANCESCO RIVANO). Genialità, follia, ingegno, creatività, irragionevolezza, fantasia, stravaganza. Per poter parlare del nostro personaggio abbiamo bisogno di partire da lontano, sia in termini di spazio che in termini di tempo e abbiamo bisogno di scomodare una delle civiltà antiche più affascinanti del continente scoperto da Cristoforo Colombo: i Maya. Dobbiamo ringraziare coloro che tanto hanno impaurito gli amanti delle profezie nel 2012 se oggi possiamo gustare una delle delizie più amate dal palato umano. I Maya  consideravano i semi del cacao altamente preziosi e ricchi di valore tanto da utilizzarli come merce di scambio per poter barattare qualsiasi cosa, insomma come fossero vere e proprie monete. È dalla pianta del cacao che prende vita ciò che loro definivano il cibo degli Dei, quel cioccolato che, lo sviluppo e la mania dell’uomo di modificare ogni cosa, anche se perfetta, ci porta oggi a migliaia di varianti, dall’extradark fino a quello bianco. Ecco, il cioccolato bianco: tenetelo a mente.

Belle, West Virginia, Novembre 1975; è qui che nasce un pezzo unico nella catena di montaggio chiamata NBA, in grado di produrre negli ultimi decenni afroamericani dal talento e dalla fisicità mostruosi. Jason cresce con il padre e il lavoro di quest’ultimo presso la Dupont High School gli garantisce l’accesso alla palestra della scuola ogni qualvolta egli voglia. È proprio nella palestra della scuola, mentre aspetta che il padre finisca il proprio turno di lavoro, che Jason inizia a prendere dimestichezza con la palla e il canestro. Un ragazzino, biondo dalla carnagione piuttosto chiara che cerca di emulare i giganti neri che molto spesso il Signor Williams gli permette di guardare alla TV. Immaginatevi la scena e soprattutto immaginatevi la percezione che i fratelli neri potevano avere nei confronti di un withe boy, biondino e smilzo quando l’azione si trasferiva nei campetti del quartiere. Quello che all’inizio sembra essere un semplice passatempo,  nel tempo diventa un vero e proprio addestramento. L’assiduità di frequentazione della palestra e l’ossessione e la morbosità con cui Jason svolge il suo rituale di esercizi di ball handling portano ben presto il giovanotto del West Virginia a metter su un arsenale di varianti nell’arte del trattamento di palla che fa invidia al più esperto e navigato funambolo professionista. Una tale propensione al gioco, uniformata alla spavalderia ed  all’egocentrismo del piccolo Jason, tendono a far si che quella chioma bionda si metta in evidenza  fin da subito con giocate fuori dal comune. Alla High School prende per mano i compagni e li trascina alla finale del campionato statale, lasciando una firma indelebile nel liceo di Dupont, ormai defunto, con i suoi 1000 punti e 500 assist; unico giocatore della Dupont a raggiungere certe cifre.

Come spesso accade nella vita sono le persone che incontri a indirizzare le scelte che farai. Il mancato approdo a Providence e la scarsa propensione, visto il carattere piuttosto ribelle, alla vita dell’accademia militare di Fork Union, portano Jason ad accontentarsi di un college dal basso rilievo come Marshall nel quale però incontra Billy Donovan. Alla guida dell’attuale coach di OKC, Jason dimostra tutto il suo talento cristallino. Nell’anno di esordio fa registrare 13,4 punti e 6,4 assist a partita attirando l’attenzione dei college più famosi del panorama del basket universitario. Sono i Florida Gators ad accaparrarsi il pacchetto completo Donovan – Williams; Gators, che se da Williams riceveranno in cambio giocate strabilianti frutto della sua GENIALITA’, da Billy Donovan otterranno due titoli NCAA in back to back nel 2006 e nel 2007. Se si esclude la prima annata nella quale il ragazzo da Belle resta inattivo a causa di quella legge della NCAA che impone a chi cambia college di non poter disputare le gare nel corso dell’anno in cui si verifica il trasferimento, Jason si esalta e mette sul piatto tutto il campionario di giocate paurose che fanno impazzire l’O’Connell Center. Da ricordare i 17 assist distribuiti contro la Duquense nella stagione 97/98. Freniamo un pochettino e poniamoci una domanda fondamentale. Possibile che nella vita di questo ragazzo fili via tutto liscio? Nessun intoppo, nessuna problematica? Eppure Aristotele ci insegna che “Non esiste genio senza una dose di FOLLIA”. Bukowsky e Hemingway nella letteratura, Best e Maradona nel calcio, Van Gogh e Modigliani tra i pittori e ve ne potremmo citare una discreta quantità in tutte le arti. E così anche per Jason, tanto talento, tanta capacità è accompagnata da una marcata propensione all’autodistruzione che lo porta, per abuso d’amore di “Maria” a vedere concludere anzi tempo la sua carriera al college. Poco importa se Donovan non lo vuole più tra le sue fila, il biondino decide di giocarsi le sue chance e di rendersi eleggibile al Draft. E la scelta è dei Sacramento Kings.

Solo per citare alcuni dati sull’impatto di Jason nella Nba a inizio carriera tra i pro: quasi 13 punti di media, 6 assist, 3 rimbalzi; alle soglie delle due rubate a partita nell’anno da Rookie; terzo violino di una squadra che ha come stelle Chris Webber e il super veterano Vlade Divac; incrementa l’affluenza del pubblico all’Arco Arena del 13% rispetto alla stagione precedente al suo arrivo; la sua maglia numero 55 è fra le più vendute di tutto il panorama NBA; terzo posto nella classifica del rookie of the year dietro a Vince Carter e Mike Bibby, e soprattutto una delle giocate più ricche di CREATIVITA’ e confidenza tra uomo e palla che si siano mai viste. Siamo ad Oakland e l’antipasto dell’All Star Saturday è il rookie challenge. Tra le fila dei sophomore c’è Jason, adattissimo per partite del genere, nelle quali può esprimere tutta la FANTASIA nel gioco senza doversi preoccupare delle palle perse o del risultato. Raef La Frentz recupera il rimbalzo e apre per Jason che spinge in transizione i suoi. Dietro la schiena, fra le gambe, sopra la testa, no look, immaginate tutte le tipologie di passaggio che avete mai visto fare in una campo da basket, scavate nei cassetti della memoria per trovare il più strano, il più difficile, il più creativo. Non arriverete mai a pensare di fare ciò che ha architettato l’INGEGNO di Jason. Alla soglia della linea del tiro libero, con Lamar Odom a contenerlo e pronto ad aspettarsi qualsiasi cosa dal folle genio del biondino da Belle, con lo sguardo rivolto alla panchina, Jason inquadra con i sensori posteriori lo stesso La Frentz che ha catturato il rimbalzo (video in fondo all'articolo). Il resto è storia e arte in movimento. Si può tranquillamente affermare che il flusso di talento che ha investito la città di Oakland nel 2000 sia il più potente che si sia mai canalizzato nella stessa direzione perché a non più di 24 ore da quella magia di J-Will che ha innescato la prima standing ovation del pubblico della Baia in quel week end del 2000, seguirà Vince Carter e il suo dominio nello Slam Dunk Contest più insensato della storia del basket. White Chocolate, nomignolo con cui viene ribattezzato Jason in quel di Sacramento per la dolcezza del suo stile di gioco, nei tre anni di permanenza ai Kings spiega il basket che da quando è ragazzino gli frulla nella mente; un basket senza eguali, fondato sull’IRRAGIONEVOLEZZA, che unisce l’estro all’efficienza, che stupisce chi credeva di aver già visto tutto quello che era possibile vedere in quei 28 metri di parquet. Il popolo di Sacramento è estasiato dalle innumerevoli prodezze del talentuosissimo ragazzo del West Virginia, che tra fake, no look e giocate dalla STRAVAGANZA estrema, fa impazzire compagni, avversari e spettatori lasciandoli spesso basiti e meravigliati. Quando tutto sembra andare per il verso giusto  e quando il genio sembra avere la meglio ecco che la sregolatezza si ribella. Jason ricade nel circolo vizioso della marijuana, sostanza ritenuta illegale nel basket professionistico statunitense. Arriva la sospensione, lo stop e il mandatory consueling program, una sorta di rieducazione, che fanno capire alla dirigenza che, con l’esplosione di Stojakovic, l’apporto di Doug Christie e la necessità di un play meno talentuoso ma più disciplinato, è il momento di optare per lo scambio del prodotto di Florida con il Play dei Grizllies Mike Bibby. In Canada Jason non ci arriverà mai in quanto la franchigia dei Grizzlies si trasferisce a Memphis; dell’avventura del Tennessee Jason ricorda con piacere solo il periodo con Hubie Brown come Head Coach. Il buon Hubie, che tra un esperienza in panchina e l’altra, ha sempre dato lezioni di basket nelle sue telecronache competenti e cattedratiche, riesce a tirar fuori il meglio da Jason nonostante con le cuffie e il microfono lo abbia sempre bacchettato per l’eccessiva mole di palle perse. Il talento di J-Will trova terreno fertile nei compagni quali Pau Gasol, Shane Battier, Mike Miller, Stromile Swift e Bonzi Wells e nella stagione 2003/2004 i Grizzlies centrano i playoffs dai quali usciranno contro gli Spurs dei big Three e Coach Pop. La svolta decisiva nella carriera di Jason arriva nel 2005, anno nel quale viene inserito nella maxi trade che lo porta a Miami. Sotto la guida di Pat Riley batte il tempo di un’orchestra fatta da maestri tra i quali il primo violino è Dwyane Wade. Il titolo arriva contro i Mavs di Nowitzki & c. con un filotto di quattro vittorie consecutive dopo lo 0-2 iniziale.

I numeri non spiegano in realtà l’importanza del ruolo di Withe Chocolate, che a dispetto dei luoghi comuni che lo hanno  accompagnato per tutta la carriera, raggiunge la massima onorificenza del basket pro statunitense dimostrando intelligenza e duttilità, mettendo da parte quel  gioco spavaldo, fatto di numeri imprevedibili e magate d’alta scuola e dedicandosi ad una gestione della palla molto più sobria ed efficace. Il proseguo della carriera è un peregrinare tra Clippers, Knicks, Orlando e di nuovo Memphis fino ad arrivare al ritiro ufficiale nel 2011. In estate Jason delizia ancora i palati fini dei baskettari di tutti gli States, partecipa ai playground e a vari tornei nei quali sfida e spesso mette in difficoltà molti giocatori ancora in attività. Se mai vi dovesse capitare di trovarvi in una fabbrica di cioccolato, andate digiuni, perché l’assaggio gratuito è prassi e di cioccolato ne potete mangiare a volontà. E se durante il vostro tour nel dolce mondo del cacao vi dovesse capitare di trovare un cioccolatino bianco tra i neri non fatevelo sfuggire, anzi, fate in modo di poterlo assaggiare, scoprirete la delizia, il fascino e la meraviglia di un qualcosa di diverso in un ambiente dove tutto sembra uguale.

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Francesco Rivano nasce nel 1980 nel profondo Sud Sardegna e cresce a Carloforte, unico centro abitato dell'Isola di San Pietro. Laureato in Economia e Commercio presso l'Università degli Studi di Cagliari, fa ritorno nell'amata isola dove vive, lavora e coltiva la grande passione per la scrittura. Circondato dal mare e affascinato dallo sport è stato travolto improvvisamente dall'amore per il basket. Ha collaborato come redattore con alcune riviste on line che si occupano principalmente di basket NBA, esperienza che lo ha portato a maturare le competenze per redigere e pubblicare la sua prima opera: "Ricordi al canestro" legato alla storia del Basket. E da pochi giorni ha pubblicato la sua seconda, dal titolo "La via di fuga" Link per l'acquisto del libro. Francesco Rivano ha presentato il suo libro nella Club House della Dinamo Sassari.