LBF A1 - Il ritorno sul parquet di Rachele Porcu: da playmaker a dirigente e ritorno
Tra le storie più particolari dell'Estate, c'è sicuramente il ritorno in campo nella massima serie di Rachele Porcu per la E-Work Faenza. Negli ultimi due anni, la play ha manifestato l'idea di mettere in stand-by la pallacanestro giocata, seguendo importanti strade lavorative ma rimanendo anche nell'ambiente come dirigente del club faentino e giocando qualche partita con la giovane squadra di B.
Una storia che Porcu ci ha raccontato poche ore dopo la prima uscita stagionale del 2024/2025, l'amichevole contro Livorno, che ha sancito il suo definitivo ritorno, dopo i primi giorni di preparazione. Rachele perseguirà, parallelamente al campo, il suo ruolo da dirigente, ma la buona notizia è che la vedremo anche guidare la squadra sul parquet, non qualcosa da poco visto il suo notevole curriculum nei club e nelle Nazionali Giovanili Azzurre.
Partiamo dall'inizio, com'è maturata la decisione del rientro?
Per spiegare come mai ho ricominciato devo specificare perché ho smesso. Fosse stato per me non avrei mollato con la Serie A perché la mia voglia di giocare e la mia passione per il basket non è mai finita. Ho fatto una scelta di razionalità perché avevo trovato un lavoro che mi piaceva e volevo fare: sono sempre un po' cresciuta con l'ansia di far anche altro nella vita. Quando ho trovato l'occasione non volevo farmela sfuggire, ma ciò contrastava con il mito che vuole che chi gioca in Serie A faccia solo quello. A meno che tu non sia una giocatrice d'alto livello, col basket non ci si vive, ma come giocatrice di Serie A sei anche portata dal contesto a fare solo quello: arriva sempre un momento in cui devi fare qualche scelta. Ho avuto quest'occasione, non avrei mai smesso, ma non sarei mai riuscita a conciliare le due cose.
Cos'è cambiato, allora?
Quest'anno il nuovo progetto di allenamenti e programmazione di Faenza, "copiando" quello che fanno anche squadre d'alto livello (Milano e Bologna nel maschile, a quanto so), prevede non più i doppi allenamenti, ma un singolo allenamento più lungo, integrando parte fisica e di campo. Questo tipo di possibilità mi consente di lavorare e addirittura anche di occuparmi del minibasket la sera: è stato più facile per me organizzarmi e tornare in campo.
Il primo approccio con questo ritorno com'è stato?
A livello personale non è stato facile, specie partendo dalla preparazione. Sto sentendo un po' il parziale stop di due anni: non aiuta avere una squadra di età media così giovane, le mie compagne non sentono un dolore e corrono di continuo (scherza, ndr). Ma la preparazione è anche questo, si lavora molto, con tanto caldo: ci sta.
La squadra, nel frattempo, è molto cambiata dalle precedenti esperienze.
Siamo reduci dal primo test contro Livorno, non molto veritiero perché ci mancavano tutte le lunghe, tra cui Reichert e Jackson. Abbiamo fatto una prima sgambata in cui le under si sono prese tante responsabilità, tenendo il campo senza problemi: spero che nelle prossime settimane, col rientro di quasi tutte, si possa fare qualche test più attendibile. Non so se ci riusciremo, le prossime amichevoli con Battipaglia e Alpo sicuramente non saremo al completo: un po' mi preoccupa non arrivare all'Opening Day con una partita a pieno regime, ma il campionato è lungo e le nostre sorti non si decideranno lì, siamo una squadra giovane e potremmo dire la nostra molto più avanti.
Quest'anno le più esperte saremo io, il capitano Franceschelli e Fondren, che però non ha mai giocato in Italia: punteremo più sulla freschezza e su diversi talenti buoni visti questi giorni, ottimi prospetti futuri.
Come vedi la prossima stagione, e come s'inserisce Faenza in questo campionato?
Il campionato ha perso un po' con la perdita di squadre importanti, che alzavano il livello di tutta la competizione. Credo che il torneo sia di livello più basso, ci sono squadre che però sono cresciute: Geas, Campobasso, la stessa Battipaglia che si sta preparando per l'EuroCup allestendo una squadra competitiva. Schio e Venezia viaggiano sempre su un livello altissimo, hanno mantenuto tante giocatrici rispetto all'anno scorso e saranno ancora più affiatate; poi c'è l'altra parte del campionato, noi come altre speriamo di regalare delle sorprese, dalla quarta/quinta posizione in poi non c'è nulla di scontato, pensiamo di potercela giocare con tutte.
C'è qualche giocatrice che non vedi l'ora di tornare a sfidare?
Ci sono tante amiche contro cui vorrei rigiocare, con cui siamo cresciute insieme: molte sono giocatrici di altissimo livello e per me sarà una sfida capire fino a che punto posso contenerle. Se devo scegliere, non vedo l'ora di affrontare Debora Carangelo, perché ci ho giocato contro poche volte in partite ufficiali, ma in tutti i miei anni alla Reyer ho sempre dovuto subire la sua difesa in allenamento e ogni volta mi devastava (ride, ndr). Vorrei una "rivincita" contro di lei, è quella che attendo di più.
Rachele da dirigente, a Faenza: cosa stai imparando?
Ho avuto modo di vivere la prospettiva dirigenziale in questi due anni, e ho capito che è tutto molto difficile. Portare avanti una struttura di A1, in una piccola realtà come Faenza, è far fatica ogni giorno: serve esser strutturati, avere persone competenti dietro e in gran quantità. Fondamentalmente servono budget, sponsor che ci credano, tante cose. Quello che ci spinge è la passione dei tifosi e della città, ci hanno dato tanto: sarebbe bello che ciò si rifletta anche nell'aiuto di autorità, aziende e imprenditori locali. Questo tipo di problematica però credo non sia solo a Faenza, purtroppo è un problema generale del movimento.
Lavorare da dirigente ha cambiato un po' la tua prospettiva rispetto a quando eri solo una giocatrice?
Mi sono accorta che fare la giocatrice è un privilegio, è un bellissimo lavoro in cui fai quello che ami. Sei tutelata anche in tante cose: magari noi ci lamentiamo e basta a volte, ma fare la giocatrice dev'esser visto più come un privilegio piuttosto che una fatica o un sacrificio. Da atleta non mi rendevo conto di tante cose: fare la giocatrice è bello, non è stressante come pensavo quando facevo solo quello, abbiamo tantissime tutele e per me è un privilegio. Poi è chiaro che ci sono cose da cambiare, possiamo sempre migliorare, però quando ti stacchi un attimo e guardi com'è il resto del mondo capisci che questo non è così male. Fondamentalmente, noi facciamo questo sin da piccole, viviamo in una "bolla" in cui non ci rendiamo conto di cosa sia il mondo fuori. Magari parlo solo per me, ma è una cosa che ho visto in tante mie compagne.
Stai lavorando concretamente in Comunicazione e Marketing, disciplina nella quale hai anche conseguito la Laurea. Com'è stato il tuo approccio in questo ambito, su cui tra l'altro stai proseguendo il tuo lavoro?
Qui a Faenza nello specifico ho portato poco, in precedenza a Faenza è stato fatto un bel lavoro per la comunicazione, fresco e con belle idee. Di certo all'Università non ho imparato nulla del lavoro effettivo da fare sul campo! Per il resto, ho cercato di portare qui le mie idee, i miei colori e le miei visioni sui social, portando leggerezza e intrattenimento, mettendo in luce le persone e non solo le atlete. Quest'anno il piano è farlo ancora di più, far vedere la storia dietro le giocatrici: con una squadra così giovane l'idea è sempre più stimolante ed è possibile farlo attraverso i social.
Vorrei aggiungere una cosa: sono entrata in un mondo completamente nuovo, che prevede tanti obblighi e cose da fare. Devo ringraziare LBF e tutti gli addetti stampa delle altre squadre (come ad esempio quelli delle squadre più esperte, come Campobasso o Schio) che mi hanno aiutato davvero tanto, comprendendo anche le mie difficoltà iniziali con questo nuovo mondo. Tutti mi hanno aiutato e mi sono sentita in una famiglia, sono stati tutti super e mi hanno aiutato in ogni trasferta, ogni gara in casa: LBF e tutti gli addetti stampa delle società mi hanno insegnato tantissimo.
Freschezza ed entusiasmo fuori e dentro il campo. Con questi presupposti, che si specchiano in una squadra giovane e un po' "incosciente", come quella a disposizione di coach Paolo Seletti, la certezza è che a Faenza, piccola realtà con grande amore per il basket, ci sarà tanto da divertirsi: anche seguendo la numero 44 sul parquet, come ai "vecchi" tempi.