Femminile, Pier Rossi, Basket Costa:" Io bravo? Lavoriamo bene e siamo bravi"

Pier per molti è una specie di nume tutelare di molte giocatrici degli ultimi vent'anni ma lui rifiuta il complimento e dice sempre "Noi"
28.07.2022 17:55 di  Eduardo Lubrano  Twitter:    vedi letture
Femminile, Pier Rossi, Basket Costa:" Io bravo? Lavoriamo bene e siamo bravi"

Un’intervista con Pierangelo Rossi – per tutto il mondo del basket Pier – ruota intorno ad una serie di parole chiave. Alessandrino di nascita come si definisce, di Valenza per l’esattezza, ha lavorato molto, e bene nella sua città con la Fortitudo Valenza e nella sua Regione (progetto Azzurrina per la Fip Piemonte e nelle Alte Specializzazioni Nazionali). Poi è passato al Basket Parma (settore giovanile e della II^ squadra che gioca a Borgotaro, divenendo negli anni anche assistente della prima squadra) prima di approdare in quella che tutti chiamano l’isola felice del Basket Costa Masnaga sei anni fa.  E quei c’è la prima parola chiave. Perché se gli si dice che lui è bravissimo a lavorare con le giocatrici giovani visti i risultati, lui si schernisce e rilancia: ”Siamo bravi casomai. Io faccio parte di un gruppo di allenatori che per certi versi è intercambiabile – sia pure ognuno con la sua specificità – e siamo “fortunati” ad avere giocatrici con le quali è possibile lavorare come nella linea della società. Perchè le cose funzionino così come funzionano qui è necessario che oltre alla squadra, alle squadre in campo, ci sia un’altra squadra fuori dal campo che è quella composta da allenatori, preparatori fisici, fisioterapisti, staff medico, dirigenti che proprio come le giocatrici si muova con un obiettivo comune molto chiaro in testa. Poi ognuno mette il suo secondo i compiti e le competenze. Le ragazze, ed i ragazzi perché a Costa da qualche anno sta nascendo un bel gruppo maschile che comincia a prendersi le sue soddisfazioni, sanno che in questa società le cose vanno in un certo modo anche se…”

Anche se…Ecco l’altra parola chiave: responsabilità. “Esatto. La nostra idea di basket che unisce l’Under 13 alla prima squadra è la stessa con gli adeguamenti necessari ad ogni categoria per questioni fisiche e tecniche. Ma noi vogliamo insegnare alle nostre giocatrici ad essere autonome in campo e quindi ad essere responsabili delle scelte che fanno in campo. La serie B che giochiamo con gran parte di quelle che fanno anche la serie A, la usiamo proprio per questo, per giocare senza troppi condizionamenti legati al risultato, non ci interessa vincere il campionato – sia chiaro che mai giochiamo a perdere perché a noi come a nessuno che fa questo sport piace perdere – perché ci interessa vedere come le ragazze approcciano un campionato importante come la B della Lombardia e che tipo di atteggiamento hanno ogni sabato, come e se riescono a leggere da sole quel che le avversarie oppongono loro. Io non amo stare col joystick in mano a guidarle in continuazione – Rossi è l’allenatore della serie B, assistente della prima squadra ed allenatore dell’U19 Campione d’Italia  - e parlo pochissimo, solo nei time out. Perché voglio vedere cosa hanno assimilato durante gli allenamenti della settimana. Per mettere insieme le due parole chiave di cui abbiam parlato fino ad ora: da gennaio alla fine della serie A, Lisa Jablonowski, il capitano della prima squadra, è venuta alle gare casalinghe dell’Under 19, come una sorta di seconda assistente. E più di una volta abbiamo scelto di far parlare lei con la squadra durante i minuti di sospensione, magari suggerendole gli argomenti ed a volte no. Le ragazze hanno preso questo fatto con grande entusiasmo ed a noi è piaciuto osservare le reazioni delle giocatrici”.

Dal 2010 al 2022 ha fatto parte dello staff tecnico di diverse squadre Nazionali Giovanili  con le quali ha partecipato, e vinto medaglie ai Campionati Europei e Mondiali in diverse categorie.

Ecco Rossi, l’Under 19 Campione d’Italia, che tra l’altro è sembrata “illegale” per la categoria. Qui c’è un’altra parola chiave, introdotta dal racconto “jablonowski” : partecipazione. Giusto?

Sì. La società evidentemente esprime le sue idee sulla conduzione della stessa e su che tipo di pallacanestro vorrebbe veder giocare. La squadra fuori dal campo di cui sopra, ci ragiona su e trova il modo di mettere in pratica quelle idee, le giocatrici comunque entro certi limiti hanno l’autonomia di interpretarle. Se fino a qualche anno fa giocavamo con un sistema che prevedeva come linea guida la palla dentro per poi iniziare a sviluppare il gioco, oggi lavoriamo più sulle penetrazioni da cui nascono altre situazioni. Riassumendo all’osso. In questa chiave noi chiediamo alle giocatrici di esprimersi e di darsi una mano. Durante le Finali Nazionali U19 è stato bello notare come in certe partite le più esperte si soffermassero in partita o nei time out a dare consigli o spiegazioni alle altre sul timing di un taglio, di una chiamata difensiva, su un passaggio o che altro. Anche in quella occasione, io, Paolo e Bilo, abbiamo parlato pochissimo (finale con Venezia 83 a 45 per Costa). Parliamo di partecipazione? Un altro episodio proprio durante le Finali. Il giorno della terza partita del girone, quando era certo che eravamo prime, noi dello staff abbiamo deciso di cambiare la routine: sveglia un po' più tardi, brunch a metà mattinata, niente allenamento per alleggerire un po'. Il giorno prima devo aver raccontato alla squadra questi cambiamenti in modo strano tanto che ne è nata una discussione vivace proprio con le ragazze. Una volta chiariti abbiamo convenuto tutti che la proposta di ammorbidire l’avvicinamento alla gara piaceva a tutti ed è andata così. Eravamo illegali? Non lo so, certo è stato un gruppo molto forte che è venuto su negli anni migliorando anno dopo anno, esplodendo al meglio a Battipaglia”.

Ultima parola chiave: giovani. Julio Velasco ha detto durante una lezione di sport: "Bisogna stare molto attenti a creare nei giovani l’alibi che il loro problema è che non li facciamo giocare, perché l’assistenzialismo nello sport competitivo non ha mai pagato. La prima cosa è che il giovane si deve guadagnare il diritto di giocare. Lo sport ha una caratteristica: non è sufficiente fare le cose bene. Non è sufficiente farle nemmeno benissimo. Le dobbiamo fare meglio degli altri, sennò perdiamo". Che ne pensa?

Completamente d’accordo. Al punto che mi chiedo perché dobbiamo avere le categorie Under? Che vuol dire? Noi dobbiamo mettere i nostri giovani nelle migliori condizioni di crescere, migliorarsi e fare le cose meglio degli altri come dice Velasco. Dopo di che, con le dovute accortezze, se un giovane è capace e dimostra di voler essere in campo e di esprimere tutto il suo bagaglio tecnico, emotivo, fisico e di abnegazione che giochi anche nei campionati importanti. Ricordo sempre che a Parma, quel grande uomo che è Stefano Michelini diceva sempre che “le specie protette sono quelle destinate a scomparire”. Concetti come Under, quote rosa forse vanno ripensati e messi al servizio di idee quali opportunità, determinazione, coraggio, voglia di imparare, abnegazione -  perché a me la parola sacrificio visto che parliamo di sport non piace molto – capacità, fame. In questo il mondo slavo per il nostro sport è un esempio. Quando Tonino Zorzi coach della Reyer Venezia chiese a Drazen Dalipagic perché arrivasse sempre prima e si fermasse sempre dopo l’allenamento per tirare in modo ossessivo “Ma tu fai sempre canestro in partita non t basta l’allenamento?”, lui rispose “Coach cosa crede che noi slavi nasciamo tiratori?

Pier, per chiudere, quando inizia la stagione e si raduna il suo gruppo, la sua squadra giovanile per il primo allenamento, qual è la prima cosa che dice o che fa?

Io parlo poco. Caccio un urlo – per modo di dire – per radunare il gruppo e poi una volta iniziato l’allenamento mi metto lì ad osservare. Ogni ragazza, ogni movimento, ogni espressione o gesto, parola. Per capire o cercare di farlo. Perché è vero che il Basket Costa Masnaga è un’isola felice ma questa felicità va conquistata ogni giorno, a volte alzando la voce, a volte in silenzio, a volte con discussioni più o meno dure. Il Mulino Bianco non esiste. Esiste qui, un gruppo di persone che lavora in modo serissimo e che talvolta si manda a quel paese. Ma visto che le quadre – quelle in campo e quella fuori – sono state costruite con la cura di mettere insieme le persone capaci di lavorare insieme, è più facile che ci sia un sorriso se vogliamo dirla tutta”.

*=grazie a Masha Maiorano, Ufficio Stampa del Basket Costa, per la collaborazione