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– Alessandro Mamoli (Sky Sport) & il suo libro

BASKETBALL JOURNEY - Viaggio on the road tra luoghi e leggende del basket USA – Edito da Rizzoli

22.04.2020 11:50 di Emiliano Latino   vedi letture
Fonte: PIANETA BASKET
ESCLUSIVA PB – Alessandro Mamoli (Sky Sport) & il suo libro

“Il basket batterà anche questo virus….”

Alessandro Mamoli nasce a Rho nel 1973.

In gioventù ha una breve carriera agonistica nell'Olimpia Milano allenata da Mike D'Antoni. Ha allenato in diverse società giovanili di pallacanestro tra cui l'AS Usmate, contribuendo notevolmente alla formazione, oltre che agonistica anche caratteriale e civica, di tanti ragazzi.

Giornalista professionista dal 2007, commenta su Sky Sport le partite di basket NBA e NCAA al fianco di Flavio TranquilloDavide Pessina, Matteo Soragna e Marco Crespi.

Conduttore part-time a Sky Sport 24, nel 2012 venne inviato per Sky Sport alle Olimpiadi di Londra dove si occupò di basket e atletica.

Basketball Journey è un tributo al Doc, James Naismith. Tutti coloro che sono stati travolti dalla sua invenzione dovrebbero almeno una volta nella vita andare a trovarlo, laggiù nel Kansas. Un gesto di riconoscenza dovuto per un beneficio ricevuto. Un dono inestimabile: la Pallacanestro. Partendo da Springfield nel Massachusetts, la culla del nuovo Gioco inventato nel 1891 dal professor Naismith in una fredda notte d’inverno, Mamoli e Pettene si sono lanciati insieme in un lungo viaggio on the road costellato di luoghi leggendari e protagonisti unici, con un semplice filo conduttore. L’amore per il basket, uno degli sport più spettacolari e seguiti al mondo, nato in una grande nazione che a fine Ottocento stava ancora cercando di costruirsi un’identità, una Storia collettiva, degli eroi in cui credere. Tra appunti di viaggio, migliaia di chilometri in macchina, dialoghi con personaggi di culto e visite nelle cattedrali cestistiche americane, i due autori hanno ricostruito alcune memorabili storie scoprendo un nuovo modo di raccontare gli USA, attraverso l’incredibile epopea di un gioco nato sui campetti e assurto alla gloria stellare della NBA. Dopo i licei di Kobe Bryant e Wilt Chamberlain, il ruvido playground d’infanzia di Kevin Durant, le rivalità universitarie più nobili d’America e un pellegrinaggio indimenticabile attraverso le leggende dello Stato dell’Indiana, il tributo a James Naismith si chiuderà nel Kansas, a Lawrence, dove il Doc riposa in pace, felice di aver lasciato questo mondo migliore di come l’aveva trovato.

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Com’è nata l’idea di scrivere il libro e quando è scoccata la scintilla?

In realtà sono uno che non ama tanto scrivere; inizialmente doveva essere un progetto documentaristico sullo stile della Silent Night pubblicata sul mio canale Youtube che non è mai partito anche per ragioni organizzative.Sollecitato da un amico conosciuto ai tempi della biografia di Belinelli, io e Michele Pettene, uno scrittore di grande qualità, siamo partiti con questo viaggio.

Migliaia di chilometri percorsi, ma qual è il luogo che più ti è rimasto nel cuore?

I posti sono tanti e diversi tra loro, la stessa Silent Night è la classica goliardata che fai una volta nella vita; prendere un aereo, fare 15 ore di volo, poi un’ora e mezza di macchina per vedere ad Indianapolis 2500 pazzi vestiti da carnevale che stanno zitti i primi 10 punti è da folli. È una delle tante incredibili storie che ci arrivano a partire da quel 1891, dai tempi del Prof. Naismith, ma potrei citarne altre come ad esempio la rivalità Duke/Carolina, come viene vissuto il basket nel Kentucky, la finale Nba vinta dai Toronto Raptors….diventata il secondo epilogo finale.

Della pallacanestro nata 128 anni fa, è presente qualche tratto distintivo ancora oggi?

Da un certo punto di vista il basket è sempre il basket; non ho vissuto gli albori dei questo sport, ma non oso pensare quale cosa orripilante potesse essere, un misto rugby con gente che non sapesse cosa fare con il pallone-Ho sempre avuto la presunzione, come tutti gli appassionati, che il nostro fosse uno sport nobile e questa nobiltà è ancora viva e presente ai giorni nostri.

Le nuove generazioni e le nuove passioni, come si può appassionare un ragazzo a questo sport?

Su questo vado un po’ controcorrente. Questo sport non è per tutti e chi viene colpito da questa folgorazione credo che meriti, più di tutti, di avere quello che questo sport regala. È una nostra presunzione, spesso gli altri ci guardano con aria stranita, non tutti capiscono le regole e fanno fatica a comprenderne i regolamenti e i riti (i passi, fallo sì/no…lo star svegli fino alle 4 del mattino per seguire una partita oltreoceano in Tv.Lasciamo che solo alcuni fossero “morsi” da questo sport, perché una volta dentro poi lo tratterebbero con il rispetto dovuto! I risultati della Nazionale aiuterebbero ad ampliare la platea degli aspiranti appassionati e in questo senso, come in altri, si potrebbe fare molto di più.

Una tua opinione sulla situazione che stiamo vivendo e quale orizzonte intravedi.

In questo momento neanche gli scienziati sanno dare risposte certe e tempi per una nuova ripresa alla normalità- Ho 47 anni e non ho mai vissuto una situazione di emergenza di questo tipo. Nessuno era preparato all’evenienza, e probabilmente, anche per questo, ci sono state gestioni e decisioni prese figlie proprio di questa mancata conoscenza. Ci servirà da lezione, con tutto il rispetto delle persone mancate, per fortuna ci siamo imbattuti in un virus dalla bassa mortalità e che in futuro potremo gestire diversamente e meglio. Dal punto di vista sportivo, forse ragionando inconsciamente a tutela del mio lavoro e della categoria, laddove ci saranno le condizioni per ricominciare è giusto che si ricominci- Da molti lo sport è visto, in questo momento, come qualcosa di accessorio e di rimandabile a data da destinarsi, non è bello vedere una partita Nba senza pubblico e l’elemento da sottovalutare sarà vedere come reagiranno quei giocatori che traggono linfa vitale dalla presenza e dall’entusiasmo dei tifosi. Penso a come potrebbe reagire un giocatore come Draymond Green che si ciba proprio di quell’energia rispetto a Kawhi Leonard per il quale è indifferente giocare davanti a 20.000 persone piuttosto che in cantina.

L’Nba vuole fortemente ricominciare non appena ci saranno tutte le condizioni necessarie e in tal senso le parole di Adam Silver sono sempre rivolte ad una pronta ripresa nonostante non si sbilanci, considerando i 2000 morti al giorno americani.