LBA - Sandro Gamba e l'Olimpia: la crescita passa dalla propria metacampo

LBA - Sandro Gamba e l'Olimpia: la crescita passa dalla propria metacampo

Ritorna anche questa settimana coach Sandro Gamba a disquisire sui progressi dell'Olimpia Milano in questa stagione, come ogni martedì, per le pagine de La Repubblica edizione Milano. Una lezione di pallacanestro per tutti gli appassionati.

Provate a guardarle dal basso, le partite. Concentratevi sui piedi dei giocatori. Sui loro movimenti. O sulla mancanza di movimento. Capirete un po' di più sul perché funzionano, o non funzionano, certe cose. Provate ad applicare questo esercizio alle azioni difensive dell'Olimpia, in particolare sugli uomini che difendono il lato debole, quello lontano dalla palla: se, con massimo due passi, riesci a raggiungere la penetrazione dell'attaccante o il tiratore piazzato a ricevere sullo scarico, sei in posizione corretta. Altrimenti, no.

Vi renderete così conto di quanto ancora ci sia da migliorare in questa squadra e quanto sia lontana dalle difese di Ettore Messina, che sono state sempre magistrali in questa caratteristica. L'impressione ormai consolidata è quella di fatica congenita di questa squadra ad assorbire insegnamenti e correttivi, ad applicarne principi e regole. Che i giocatori siano pronti in alcune fasi e in altre si facciano trovare sistematicamente impreparati. O che magari difendano con buona applicazione per 17-20 secondi ad azione, ma finiscano per perdersi all'ultimo giro.

Anche nelle serate più positive, e quella di Barcellona è da considerare certamente tra queste, nonostante la sconfitta. Non c'è dubbio che stia lì, nella propria metacampo, il margine di miglioramento dell'Armani. Non c'è dubbio che il malato non sia ancora guarito. Prendiamo domenica: ottimo primo terzo di partita, squadra a +13, Nedovic scattante come ai bei tempi e prontissimo a proporre gioco in velocità, Scola maestro di posizione, squadra in controllo.

E dietro di loro? I meccanici, le seconde linee, i compagni che devono fare legna? Poca brillantezza. Poco lavoro. Poco sostegno. Cedimenti progressivi. Squadra che diventa pericolosamente riflessiva, poco aggressiva, bloccata come contro un muro. La Vanoli di Meo Sacchetti che somiglia a una squadra prò, pur non essendo (anzi...) i Boston Celtics. Che conduce, è disciplinata, più dinamica, fa partita pari a livello di impatto fisico, prende fin troppi - per Milano - rimbalzi.

E la reazione nell'ultimo quarto? Attesa a lungo, ma non ho visto mai un'Olimpia scatenata e aggressiva. Certo, una pezza l'hanno messa ancora Scola e il canestro da melodramma di Micov, il solito tiro magico del serbo che ha regalato i due punti. Ma ancora troppi errori di esecuzione difensiva e di passaggio. La Coppa Italia non li perdona. Ricordate.