Quando le stelle NBA brillavano su di noi

05.07.2010 16:10 di  Matteo Marrello   vedi letture
Fonte: Cronache di Napoli
Alex English e Mike Mitchell
Alex English e Mike Mitchell

ALEX ENGLISH - II volto da cherokee solcato dalle rughe, il fisico asciutto. E quelle dita lunghissime, con le quali era solito accarezzare il pallone sul parquet. Eppure, strano ma vero, Alex English non deve il suo soprannome, the poet, il poeta, a quella grazia stilistica che lo contraddistingueva sul campo. Già, perchè lui, uno dei giocatori Nba più importanti mai sbarcati in Italia, di certo il più prestigioso della storia della Napoli cestistica, poeta lo era davvero: tre libri di versi pubblicati, una laurea in lettere. In Italia, arrivò nel 1992, quando aveva 38 anni suonati: Nicola De Piano, presidente-padrone del Napoli Basket appena retrocesso in A2, decise di stupire la platea con uno dei suoi effetti speciali. Nulla di meglio che portare in Italia una vera e propria gloria del basket prò Usa, il simbolo dei Denver Nuggets che con lui hanno conosciuto una grandeur negli anni '80 che ancora oggi è il miglior risultato della franchigia. Non ci fossero stati i Lakers di Magic e i Celtics di Bird, forse Alex English, otto volte all'Alll Star Game, un titolo di top scorer, l'introduzione nel 1997 nella Hall of Fame del basket Usa, avrebbe messo in bacheca anche il fatidico anello. Invece, il poeta deve accontentarsi, si fa per dire, di 1193 partite tra Milwaukee, Indiana, Denver e Dallas, ma soprattutto di 25.613 punti: meglio di lui hanno fatto solo Kareem Abdul-Jabbar, Wilt Chamberlain, Elvin Hayes, Moses Malone, Oscar Robertson e John Havlicek, come a dire il meglio del meglio del basket prò americano. Carico di medaglie e di acciacchi, il poeta dice sì a Arrivato a 38 anni in A2 con tanti acciacchi, distilla solo a tratti le sue giocate morbide Napoli e fa subito notizia in un basket italiano che comunque in quegli anni ha il palato fine in fatto di stranieri. Alla prima partita in casa, contro Desio, il 22 dicembre 1991, sulle inferriate del Mario Argento spunta uno striscione: "Welcome poet", benvenuto poeta. Quella sera, English segna 19 punti in 36' sul parquet: gli acciac chi ci sono, l'età pure. Sul legno scuro l'uomo di Dreher regalerà anche schegge sima: per l'Nba, era un esterno, un'ala piccola capace di attaccare il ferro. In Italia, dove le proporzioni sono diffe- I renti, giostra da 3-4 e si regala giocate 1 'morbide'. Le rime baciate d'oltreoceano, però, sono sostanzialmente un ricordo: con Napoli, clic buca il ritorno in A1 perdendo la partii.ì decisiva dei play out in casa con Pistoia, giocherà 18 partite con 13,9 punti per partita. Tornato in patria, avrà la soddisfazione di vedere ritirata da Denver la sua storica numero 2, per anni una delle più vendute. Il parquet resta per il poeta un'attrazione irresistibile: la carriera da coach lo tenta, ha la saggezza e il metro giusto per fare il docente. Non serve la cattedra, basta la ; panchina: l'Nba gli riapre le porte a Toronto, dove diventa assistant coach. Oggi è un distinto signore, con qualche chilo in più e i capelli radi e grigi. Di Napoli e dell'Italia, serba ricordi positivi. "Beautiful", lo stringato riassunto. E poco importa che non arrivi la rima.

MIKE MITCHELL - Sotto gli occhi a mandorla, il sorriso si allargava gentile. Una passata di asciugamano sulla fronte sudata, e poi via con gli autografi e le foto, quelle col rullino da sviluppare, perchè allora il cellulare era roba da Isaac Asimov. "Ragazzi, il basket è super: giocate e divertitevi a guardarlo. E state lontani dalla droga: io ci sono passato, è una scimmia che non scende dalle spalle. Be careful, state attenti". Anno di grazia 1991: la lezione di Mike Mitchell, Mike the teach, il professore del parquet, era fatta di parole semplici e sentite. A Napoli, era arrivato a stagione in corso, scelto da Mario De Sisti. In Italia, era arrivato due anni prima, nel 1988, a Brescia, e non lo aveva certo fatto da cameade. In Nba, scelto dai Cleveland Cavaliers nel 1978 al primo giro, diventa una star all'inizio degli anni '80, quando firma per i San Antonio Spurs. Lì, per tutti, diventa 'il califfo', compagno di squadra di gente come Gene Banks, Gorge Gervin ed Artis Gilmore: sette anni da sogno, una media punti da urlo (23.4 con un high career di 44), un All Star Game tra Magic e Bird, Sembra destinato ad una carriera da star assoluta, ma assieme al successo arriva la droga: la cocaina manda in pezzi la sua carriera, nel 1988 la Nba lo caccia via. L'Europa, che allora è il porto sicuro e prestigioso per chi lascia i prò Usa, lo accoglie. E Napoli, dopo gli anni di Brescia, è una tappa fondamentale: Mike si fa amare per quel suo tiro 'molleggiato' ma impossibile da stoppare, diventa uno dei migliori rimbalzisti, diventa un giocatore dominante in serie A. Classe e impegno antidroga, al PalArgento idolo per un anno: oggi è malato e in bolletta Nonostante lui, Napoli retrocede. E Mitchell va a far grande il Maccabi Tel Aviv, vincendo il titolo israeliano e arrivando ai quarti di Coppa Campioni. L'Italia è una costante: Mike ci torna nel 1992, a Reggio Emilia, dove resterà per 7 anni & vincendo e arrivando a quasi 44 anni ad una semifinale scudetto, giocatore tra i più longevi della storia del nostro basket. Un campione dentro e fuori dal parquet, Mike, sempre in prima linea contro quella droga che aveva rischiato di rovinargli la vita. Lasciata l'Italia e il basket giocato, il viale del tramonto ha passi lenti e stanchi: a 54 anni compiuti lo scorso gennaio, il professore inossidabile se la passa male. Malato e in bolletta, arranca a fatica. La sua vecchia squadra, i San Antonio Spurs, non si sono dimenticati di lui: sul sito hanno aperto una sezione per gli aiuti al vecchio campione malato e in tanti hanno risposto all'appello. Anche dall'Italia, anche da Napoli. Dove nessuno ha dimenticato quel gigante dal sorriso buono e gli i occhi a mandorla, sempre pronto a || spendere una parola per quei ragazzini seduti nel freddo del Mario Argento a seguire gli allenamenti bigiando la scuola. Storie di un passato in cui il basket era ancora magìa, cuore. Quando le stelle dell'Nba, quelle vere, splendevano ancora sul cielo della pallacanestro italiana.