Gara 5 a Roma: Siena può vincere, l' Acea spera in Goss

Phil Goss
Phil Goss
© foto di Foto D'Alessio

(Mario Arceri) - Valerio Bianchini, come sempre, dice cose sagge e totalmente condivisibili. Questa sera a Roma si gioca gara 5 del play off di finale. Siena potrebbe aggiudicarsi il suo settimo scudetto di fila, entrando davvero nella storia del basket, migliorando il suo stesso record, Roma potrebbe rimettere tutto in discussione, provando a ripartire come ha già fatto con successo contro Reggio Emilia e contro Cantù. Di sicuro, dice Bianchini, "Siena e Roma stanno dando vita ad una finale memorabile, per la sagacia dei coaches, la fede dei giocatori, la valenza etica e tecnica del loro confronto nel rettangolo del gioco".

E' vero, ed è così, sostanzialmente, fin dal primo incontro del primo quarto di finale Certo, c'è stata qualche sbavatura, qualche comportamento un po' oltre le righe, ma sul campo, tenendo conto dell'importanza della posta che ci si sta giocando, ha dominato quasi ovunque e quasi sempre la correttezza. Dove le cose non vanno è intorno al parquet, sulle tribune dove fin troppo spesso il tifo legittimo è degenerato per l'incapacità di accettare la sconfitta o per l'astio esistente tra le due società. E non troppo bene le cose sono andate anche all'interno del campo se giudichiamo l'operato degli arbitri, i quali sono evidentemente stanchi e stressati quanto, se non più, dei giocatori e degli allenatori per questa interminabile stagione.

Bianchini aggiunge nella sua analisi: "Speriamo che gli spettatori siano degni del valore che i giocatori esprimono sul campo. Perché questo è il vero significato dello sport professionistico, essere di esempio al mondo di come la "struggle for life", la lotta per la vita, possa essere giocata con lealtà e rispetto anche nei momenti di più estremo agonismo".

Gli atleti lo fanno, così come gli allenatori nella continua ricerca di soluzioni se non nuove (come potrebbero essercene ancora?), almeno diverse e poco prevedibili. Ma una parte importante dello spettacolo dei canestri è interpretato anche dal pubblico che, come i propri giocatori, dovrebbe impegnarsi ad essere migliore della massa avversaria perché questo dovrebbe essere sempre e comunque l'atteggiamento giusto e perché comportamenti negativi, beceri e violenti, in competizione con gli "altri" su chi fa peggio, potrebbero determinare risultati disastrosi per la propria squadra sotto il profilo disciplinare, rovinando una stagione che è stata bellissima per entrambe le società.

Perché la verità è questa: non è possibile, lo sport prevede sempre, o quasi, un vincitore. Ogni tanti ci scappa l'ex aequo, ma non nel basket dove non è consentito il pareggio nemmeno nelle fasi iniziali della stagione regolare. E invece sia Roma, per la splendida cavalcata che l'ha condotta fin qui, sia Siena che quasi tutti davano per gravemente ridimensionata (ma a mio avviso la prima favorita per lo scudetto perché la storia non si cancella, nè l'abitudine a vincere, nè la conoscenza di come fare per vincere) ed invece, dosando le forze, superando anche il terribile ostacolo dell'Euroleague, avendo alle spalle ben 24 partite in più rispetto alle avversarie (anzi 26 rispetto a Roma), è arrivata a giocarsi una volta di più lo scudetto con la possibilità di aggiudicarselo già stasera.

Ebbene, lo meriterebbero, per motivi diversi, entrambe: Siena per l'incredibile qualità del suo rendimento, Roma perché - a un passo dalla chiusura - è riuscita a riorganizzarsi trovando sul mercato gli uomini giusti (dentro e fuori del campo: per me dà una soddisfazione enorme vedere Francesco Carotti in particolare e Fabrizio Cicciarelli tra i protagonisti di questa straordinaria stagione) per tecnica e soprattutto per carattere, le personalità necessarie per creare un gruppo di incredibile spessore, che non si dà mai per vinto, che trova in se stesso risorse inesauribili di fiato e di volontà.

E' per questo che non mi sento assolutamente di dire che la serie tricolore possa concludersi stasera: può avvenire solo se Roma tirerà più o meno consapevolmente i remi in barca, se veramente avrà esaurito la sua riserva di fiato e di energie, se si convincerà che… non c'è nulla da fare, altrimenti continuerà a rendere la vita dura fino all'ultimo pallone ai campioni d'Italia, pretendendo e meritando rispetto da chiunque. E se dovesse vincere e tornare a Siena per gara 6, non è affatto da escludere che venerdì riesca a mettere a segno quel colpo solo sfiorato nelle due precedenti occasioni, rinviando a gara 7 la sentenza definitiva.

Di sicuro gli arbitri avranno responsabilità enormi nel gestire equamente, correttamente e con intelligenza la gara. Stasera è stata sorteggiata una terna affidabile; dopodomani, eventualmente, ci saranno almeno due su tre degli arbitri che hanno diretto la contestatissima gara 4 e di nuovo a Siena: sono bravi ed esperti, ma non mi sembra il massimo dell'opportunità, anche se la più che probabile presenza di Lamonica dovrebbe fornire sufficienti garanzie di una direzione di gara tranquilla e serena.

Roma ce la può fare largamente se Goss e Jones torneranno ad offrire una prova che si elevi dalla mediocrità mostrata lunedì a Siena. Il Monte dei Paschi punta sui suoi tre big (magari calmando Bobby Brown: lontano da Siena i suoi comportamenti potrebbero essere giudicati assai più severamente), ma per farcela dovrà avere qualcosa più rispetto alla media della stagione da un paio dei suoi tanti comprimari. In gara 1 fu Ortner, lunedì si è fatto vedere anche Jannings. Alle loro spalle ci sono ancora Kangur e Sanikidze, Ress, Carraretto e Rasic. Sotto questo profilo, a pieno regime, il quintetto base di Roma è addirittura superiore a quello di Siena. Le rotazioni, ma soprattutto l'evidente stanchezza che toglie lucidità e precisione (Goss, Jones, in qualche occasione perfino Lawal e Taylor) abbassano il tasso tecnico della squadra pur non alterando troppo quello agonistico che rimane comunque alto, seppure con assai meno talento (D'Ercole e Bailey, Czyz e Lorant).

Da oggi ogni partita è decisiva: Siena ha a disposizione tre match-ball, difficile che se li lasci sfuggire tutti e tre, ma Roma è stata bravissima - contro altre avversarie, è vero - a rubare il servizio al momento giusto. L'importante, a chiusura di una stagione comunque molto bella a dispetto dell'abbassamento tecnico e dell'affollamento di impegni decisivi negli ultimi quarantacinque giorni (21 giornate di gara!), è che, in archivio le follie di gara 4, i tifosi usino la voce per incitare e sospingere la propria squadra. Il play off è stato comunque appassionante, l'abbiamo vissuto con partecipazione ancora maggiore perché ci ha offerto la piena maturazione di Datome e di Hackett, di Cinciarini e Aradori, di Gentile ed anche di Polonara e De Nicolao: per la prima volta tanti italiani protagonisti (o, meglio, assai pochi numericamente ma tutti o quasi protagonisti), in un ruolo, per lo meno morale, interpretato per tantissimi anni dagli stranieri. Qualcosa è cambiato, la speranza è ora che cambi il clima del play off: tifo, tanto tifo, ma "per" e non "contro". Anche il pubblico fa ancora in tempo a vincere il suo personalissimo scudetto.