Harlem, Chicago: un Luna Park in giro per il mondo da 99 anni

Harlem, Chicago: un Luna Park in giro per il mondo da 99 anni

(di FRANCESCO RIVANO). Il giorno di San Pietro, per essere precisi il 29 Giugno, è da sempre per me un giorno di festa, un giorno che evoca piacevoli ricordi. Un giorno che negli anni si ripete e si sussegue nella solita routine della festa patronale (essendo io nato e cresciuto nell’Isola di San Pietro) fatta di flussi turistici che iniziano a intensificarsi, di cerimonie laiche a cui partecipare, il tutto in attesa del “main event”, la processione con il Santo. Non una processione classica, ma una delle processioni più suggestive dello stivale, in mare, con San Pietro a bordo della sua imbarcazione seguita da una nuvola di barche pullulanti di fedeli devoti al patrono dell’isola. Se a tutto questo aggiungete che, proprio nel giorno di San Pietro, sbarcava sull’isola il signor Duville e le attrazioni del suo Luna Park, beh, da bambino era come se fosse Natale in piena estate. La giostrina per i più piccoli, per passare ai dischi volanti, agli autoscontri, al punching ball e ai seggiolini “calci in culo”, il tutto corredato dalle hit del momento sparate a tutto volume (provocando l’ira del vicinato) intervallate dal più classico dei “altro giro, altra corsa”. Era il luogo dove darsi appuntamento, dove cercare di imbastire le prime tresche amorose, era il luogo in cui ci si nascondeva dai genitori per provare la prima sigaretta, insomma era l’habitat naturale per i ragazzini ancora privi dei social e di tutte le comodità attuali.

Nel South Side Chicago, alla vigilia di un altro giorno di festa, la Festa del Ringraziamento del 1927, apriva i battenti un luogo in cui il divertimento e la spensieratezza erano i principali protagonisti: Il Savoy Ballroom. Aperto sette giorni su sette, con le sue decorazioni stravaganti e le dimensioni della sua sala da ballo senza precedenti, ospitava i migliori musicisti dell’epoca e dava la possibilità ai ragazzi di colore appassionati del ballo di dar libero sfogo alla loro vena artistica. Già dal Gennaio del 1928, per invogliare ulteriormente a frequentare il Savoy, la direzione decise di aggiungere un’attrattiva suggestiva: I Savoy Big Five. Una squadra di basket formata da solo afroamericani che, con partite di esibizione, scaldava il pubblico prima di lanciarsi in pista per ballare. Sarà questa la squadra che, dietro la mente arguta di Abe Saperstein, da prototipo si trasformerà nella squadra di Basket più famosa nel mondo: Gli Harlem Globetrotters. Ma perché Harlem Globetrotters se sono nati a Chicago? L’idea di associare la squadra al quartier generale della cultura nera degli anni ’20 fu proprio di Abraham Michael Saperstein. Abe,arguto e con un enorme fiuto per gli affari, ripercorse le tracce del padre non tanto nel lavoro quanto nell’ingegno. Quando la famiglia Saperstein, originaria polacca, da Londra si trasferì nei quartieri poveri di Chicago, il padre di Abe, in cerca di lavoro, lesse un annuncio, ma all’ingresso della sartoria un cartello intimava “vietato l’accesso agli ebrei”. Louis, che era stato apprendista sarto in Polonia in giovane età non si fece fermare e entrò presentandosi come sig. Schneider ottenendo il lavoro. Solo quando riuscì a rilevare l’attività e a diventare proprietario cambiò il nome in Louis Saperstein’s Tailor Shop. Se il padre era riuscito a ottenere il successo sperato grazie a un nome differente dal reale, perché non farlo anche con una squadra di Basket. E Harlem Globetrotters fu e nonostante i Globtrotters fecero la loro prima partita a Harlem solo nel 1968, l’associazione della squadra di Basket al quartiere nero più famoso di New York ne accrebbe l’appeal.

Con la loro casacca che riporta fedelmente i colori della bandiera nazionale statunitense i Globetrotters, a cavallo fra gli anni ’30 e ’40, parteciparono al World Professional Basketball Tournament sfidando molte squadre professionistiche, battendo i New York Renaissance (squadra leggendaria del basket afroamericano di cui abbiamo già parlato in queste pagine)  fino ad arrivare allo storico successo contro i Minneapolis Lakers in una sfida epica per il periodo tra una squadra di soli afroamericani e una squadra di soli bianchi. L’avvento dei giocatori di colore nel mondo del basket professionistico e la nascita della NBA ha ridotto pian piano l’attrazione di una squadra che si è trasformata in un evento itinerante fatto di doti tecniche, atletismo e comicità.  Ma la suggestione dei Globetrotters è rimasta inalterata. La partita del 1959 allo stadio Centrale Lenin a Mosca, nonostante non abbia del tutto appassionato il pubblico sovietico, ha comunque contribuito a stemperare il clima glaciale politico del secondo dopoguerra ad avvicinare due paesi da sempre molto distanti tra di loro dal punto di vista ideologico. Non sono mancate neppure le critiche. Nel bel mezzo degli anni’70 e in piena lotta per i diritti civili degli afroamericani, la comicità dei Globetrotters è stata interpretata dagli attivisti come uno sbeffeggiamento della cultura nera statunitense, salvo poi ricredersi e riconoscere l’influenza positiva nello sport della squadra creata da Abe Saperstein a favore dell’integrazione  e del rispetto.  Ma contro chi giocavano i Globetrotters se non partecipavano a nessun campionato? Gli sparring partner sono stati dal 1952 al 2015 i Washington Generals, creati dall’allora proprietario dei Philadelphia Sphas, Red Klotz, con l’intento di far nascere una rivalità fondata sull’intrattenimento. In realtà i Generals hanno vinto solo una gara contro i Globetrotters, il 5 Gennaio del 1971 nel Tennesse per 100 a 99. Per il resto la loro carriera è durata poco più di 60 anni con un record di 16.000 sconfitte e una sola indimenticabile vittoria.

Wilt “The Stilt” Chamberlain; Connie “The Hawk” Hawkins; Chuck Cooper, primo giocatore a essere arruolato nella NBA;  Nat “Sweetwater” Clifton, primo giocatore a firmare un contratto NBA; “Sweet” Lou Dunbar; Meadowlark Lemon; Charles “Tex” Harrison; Lynette Woodard, prima Globetrotter donna; “Wee” Will Gardner; Orlando Antigua, primo Globetrotter non di colore. Insomma un parco giocatori di tutto rispetto capaci di scrivere pagine importanti anche in competizioni ben differenti da quelle messe in mostra dai Giramondo con la casacca a Stelle e Strisce. E una serie di membri onorari che se possibile alza ancora di più il livello, partendo da Nelson Mandela, passando per  Kareem Abdlu-Jabbar e Whoopie Goldberg, fino ad arrivare ai papi Giovanni Paolo II e Francesco. Insomma, più di una squadra di basket, un movimento culturale e sportivo capace di attirare le masse e divertire il mondo intero nel nome di uno sport diventato anche grazie a loro, globale.
Un Luna Park in giro per il mondo, una ventata di aria fresca a suon di ball handling, gag divertenti e schiacciate tonanti, un inno alla spensieratezza dello sport senza perdere di vista il principale obiettivo di qualsiasi sport: la vittoria. E chissà, visto i recenti avvenimenti e i nomi letti fra i membri onorari, che il prossimo a indossare la casacca della squadra nata dall’idea del genio di Abe Saperstein possa esse proprio lui, da Chicago Illinois, con il numero 14, Robert Francis “The Lion” Prevost.

---- Leader nell'abbattere le barriere e fare la storia per quasi 100 anni, i famosi Harlem Globetrotters™ hanno annunciato il 20 maggio 2025 il loro conto alla rovescia ufficiale svelando il logo del loro marchio per il 1OO° Centenario. Il logo Globetrotter, disegnato da Matt Lehman Studio di Nashville, Tennessee, fungerà da collegamento creativo chiave per l'organizzazione durante i piani completi per il Centenario. Video logovideo "Volevamo trovare l'equilibrio tra passato, presente e futuro in un nuovo look che fosse allo stesso tempo unico ed emozionante, rendendo omaggio ai numerosi giocatori e giocatrici che ci hanno onorato come Globetrotters."

Francesco Rivano nasce nel 1980 nel profondo Sud Sardegna e cresce a Carloforte, unico centro abitato dell'Isola di San Pietro. Laureato in Economia e Commercio presso l'Università degli Studi di Cagliari, fa ritorno nell'amata isola dove vive, lavora e coltiva la grande passione per la scrittura. Circondato dal mare e affascinato dallo sport è stato travolto improvvisamente dall'amore per il basket. Ha collaborato come redattore con alcune riviste on line che si occupano principalmente di basket NBA, esperienza che lo ha portato a maturare le competenze per redigere e pubblicare la sua prima opera: "Ricordi al canestro" legato alla storia del Basket. E da pochi mesi ha pubblicato la sua seconda, dal titolo "La via di fuga" Link per l'acquisto del libro.