Decreto Crescita: si discute la norma che reintroduce i vantaggi fiscali agli sportivi
La detassazione delle imposte per i lavoratori che trasferiscono la propria residenza in Italia inserita nel Decreto Crescita del settembre 2019 aveva portato una ventata di possibilità per i club professionistici italiani di essere appetibili per le stars sportive e alzare il livello di qualità dell'offerta sportiva e della competitività specie in Europa. Una misura fatta già in altri stati come la Spagna e utile a contrastare i vantaggi di chi poteva godere di legislazioni prive o di bassa tassazione. In pratica, a parità di ingaggio, la quota da versare allo Stato diventava inferiore e il contratto più remunerativo.
Dallo scorso anno, con la finanziaria 2023 del governo Meloni (che lo aveva ridotto dal 70 al 50% dell'Irpef, e ad un solo lustro anziché ad un potenziale cinque anni più altri cinque, per i cosiddetti cervelli in fuga) i club professionistici italiani non hanno più potuto avvalersi di questa tassazione agevolata valida per stipendi che superavano il milione di euro. Fin da subito le società sportive italiane, particolarmente quelle del mondo del calcio, a grande richiesta hanno chiesto la sua reintroduzione.
Ad appena nove mesi dalla sua eliminazione, avviata lo scorso primo gennaio, ovvero a partire dai contratti firmati nella finestra di calciomercato invernale 2024, ecco arrivare nelle pieghe del Decreto Omnibus in discussione al Senato una proposta di reintroduzione con proroga fino al 2027 per tutti (non solo per i campioni 0) è stata presentata da Forza Italia, formazione politica nelle cui file sono stati eletti in Parlamento, tra gli altri, l'amministratore delegato del Monza, Adriano Galliani e il presidente della Lazio calcio Claudio Lotito.
Tutto sommato, anche se mediaticamente più eclatanti, i casi del Decreto Crescita che riguardano gli sportivi sono una piccola parte, quasi irrilevante, della platea a cui è rivolto. Esso prevede vantaggi fiscali per i contratti di lavoratori impatriati che abbiano deciso di trasferire la loro residenza in Italia con l'impegno di risiedervi fiscalmente per almeno quattro anni, il cosiddetto contrasto alla "fuga di cervelli". Chiaramente, visto il clima di incertezza che la scorsa finanziaria aveva fatto aleggiare intorno a questo benefit, chi volesse farlo nel biennio 2024-25 è fortemente scoraggiato.