LBA - Ray Sugar Richardson "La Virtus una leggenda che si tramanda da padre in figlio"

Michel Ray 'Sugar' Richardson, ex giocatore della Virtus Bologna, è tornato in città in occasione della gara di EuroLeague con il Real Madrid e alla Segafredo Arena si è preso gli applausi del pubblico bianconero. Meritati, essendo stato la stella della squadra che vinse due volte la Coppa Italia ed anche il primo trofeo europeo della società, vale a dire la Coppa delle Coppe 1990. Le sue parole al Corriere dello Sport Bologna.
Micheal Ray Richardson, 35 anni dopo. “Non mi sembra vero. Ricordo tutto come fosse l’altro ieri. Le stesse emozioni, certi momenti non si cancellano”.
Sbarcava in Virtus una stella della Nba. Come fu l’accoglienza? “Clamorosa. Questa città mi accolse a braccia aperte, era esattamente quello che cercavo. Entrai al palazzo e non c’era nessuna differenza rispetto al Madison Square Garden di New York. Stessa intensità, stessa passione”.
Ancora oggi cammina per la città e la gente la ferma per strada. “Meraviglioso. La cosa che mi stupisce è che mi fermano e mi salutano tanti ragazzini. La Virtus è qualcosa che buca il tempo, una leggenda che si tramanda di padre in figlio, di generazione in generazione. Sono orgoglioso di aver fatto parte di questa storia”.
13 marzo 1990, Firenze: Coppa delle Coppe. “Fu un esodo, c’era mezza Bologna dentro e intorno al palazzo. Ci sentivamo addosso una responsabilità positiva, tutto quell’affetto ci rese invincibili. All’inizio del secondo tempo si fece male Brunamonti: per noi Roberto era un faro, avremmo potuto disunirci e invece ci compattammo, venne fuori la forza del gruppo, di persone che andavano in campo e si divertivano a giocare insieme. Poi, Claudio Coldebella fece un capolavoro”.
Cosa le è rimasto di quegli anni. “Tanti amici. Valerio Ruggeri mi sta scarrozzando da una settimana, è un fratello per me. Poi nel tempo siamo diventati gran di amici. E Daniele Fornaciari, grande tifoso e grande amico da sempre. E ancora, tutti i compagni di quegli anni magici”.
Vi siete rivisti a cena, sabato scorso. “C’erano Ettore Messina, Coldebella, Binelli, Bonamico, e non sentivamo tutti gli anni che sono passati da allora, perché il basket ti regala anche legami profondi. Quando sono andato a vedere la gara d’Eurolega col Real, mi è sembrato di tornare a casa. A un certo punto è arrivato anche Achille Canna. Ha novant’anni e sembra quello di allora, per lui il tempo sembra non passare, è un highlander”.
Cosa porta con sé in Oklahoma? “L’affetto dei bolognesi. Qui la gente è incredibile, ha grande rispetto per chi mette in campo impegno e passione. Ogni volta che torno a casa dopo essere stato a Bologna mi sento ricaricato, un po’ più ricco dentro.”