Le storie del 2025 che cambiano la NBA: dalla trade di Doncic al ritiro di Popovich
Il 2025 NBA è stato un anno davvero sismico, di quelli che riscrivono gerarchie, mappe emotive e prospettive future della NBA. La storia che tiene insieme tutto è la trade che nessuno avrebbe creduto possibile: Luka Doncic spedito via da Dallas, con il primo febbraio che sembrava inizialmente uno scherzo di cattivo gusto o l'account di Shams Charania hackerato. E invece era tutto vero: il general manager Nico Harrison ha convinto la nuova proprietà a cedere un 25enne considerato tra i primi cinque giocatori al mondo alla franchigia forse più odiata della NBA, e per un ritorno che, da qualunque angolazione lo si guardi, è sembrato “pennies on the dollar”.
Quella mossa ha cambiato tutto: i Mavericks si sono disintegrati senza Doncic, sono scivolati in lottery e hanno trovato una sorta di riscatto sportivo nella fortuna sfacciata del sorteggio, trasformando un 1,8% di chance nella prima scelta assoluta e in Cooper Flagg, nuovo volto a lungo termine della franchigia. Dall'altra parte, i Lakers si sono ritrovati di colpo di nuovo minaccia credibile, pur dovendo ancora capire come costruire un contesto vincente intorno a lui.
Dentro a questo scenario, un altro fronte ha fatto rumore: la cavalcata degli Oklahoma City Thunder, 68 vittorie, Shai Gilgeous-Alexander da MVP, Chet Holmgren che esplode al centro dell'area, Jalen Williams che gioca sopra il dolore e un gruppo profondo che conquista il primo titolo nella storia della città e si presenta come il progetto meglio attrezzato per sfidare le nuove regole anti-dinastia della lega. Se la parte “macro” del racconto è fatta di trade e trofei, la dimensione emotiva del 2025 passa soprattutto da due infortuni che hanno cambiato la narrazione dei Playoff e, probabilmente, il corso della storia recente. Il primo è quello di Tyrese Haliburton in Gara 7 delle Finals: gli Indiana Pacers avevano portato i Thunder al limite con ritmo, profondità e pressione su tutto il campo, e in quell'ultima sfida il loro leader aveva iniziato a fuoco, 3/4 da tre e nove punti veloci prima che il tendine d'Achille decidesse la serata e, di fatto, l'esito della serie. È uno dei grandi “what if?” dell'anno: cosa sarebbe successo se Haliburton fosse rimasto in piedi, se i Pacers avessero avuto il loro creatore di gioco fino all'ultimo possesso? Il conto tecnico è stato pesante - complice l'addio di Myles Turner, giocatore sottovalutato - anche per il 2025-26, con Indiana precipitata in lottery ma pronta a costruire un arco narrativo di riscatto per il 2026-27.
Il secondo snodo è la rottura del tendine d'Achille di Jayson Tatum in Gara 4 delle semifinali di Conference a Est: i Celtics, campioni in carica, 61 vittorie in stagione, seconda difesa della lega e attacco da top 10, si ritrovano di colpo senza il loro punto di riferimento nei momenti che contano. L'infortunio non solo spegne le speranze di un bis, ma innesca anche un reset economico e tecnico: via Kristaps Porzingis, via Jrue Holiday, una sorta di gap year annunciato che però sul campo non assomiglia affatto a una stagione di transizione, con Boston terza in una Eastern Conference apertissima e Tatum atteso di ritorno nei primi mesi del 2026. In mezzo a tutto questo, un Madison Square Garden di nuovo in estasi per i Knicks in finale di Conference, con una Gara 1 contro Boston che molti hanno indicato come la partita dell'anno, a dimostrazione di quanto New York conti ancora quando conta qualcosa in primavera. E poi dobbiamo accomunare l'Est e l'Ovest per celebrare un doppio, storico addio: quello di Wyc Grousberg alla quota di maggioranza dei Boston Celtics dopo 23 anni e quello, dopo 40 anni di proprietà, della famiglia Buss ai Los Angeles Lakers con la vendita della quota di controllo a Mark Walters. Non sono tanto le due vendite in se stesse, per quanto storicamente impattanti, quanto l'arrivo di due gruppi di fondi investitori che sono destinati a cambiare il concetto di spesa e di aspettative economiche della NBA.
A chiudere un 2025 già enorme ci hanno pensato le storie che vanno oltre il rettangolo di gioco. La più delicata è senza dubbio l'inchiesta federale che ha coinvolto Terry Rozier e Chauncey Billups, tra arresti, accuse di connessioni con circuiti di scommesse illegali e sospetti di manipolazione di prop bet attraverso uscite anticipate dalle partite per falso infortunio o partite di poker truccate con il coach dei Blazers come volto di richiamo. Entrambi hanno dichiarato la propria innocenza, la NBA ha riaperto la sua indagine interna e li ha messi in aspettativa non retribuita, mentre la lega continua a camminare sul filo sottile tra partnership massicce con il mondo del betting legale e la necessità di blindare la credibilità del prodotto.
In parallelo, mentre Dallas trovava il nuovo volto in Cooper Flagg e la lega metabolizzava i colpi di scena dell'anno, è arrivata un'altra scossa simbolica: l'annuncio del ritiro di Gregg Popovich, l'ennesima grande storia di questo 2025. Il coach che ha definito un'era a San Antonio, cinque titoli, una visione di basket che ha influenzato almeno due generazioni di allenatori, ha dovuto fermarsi battuto dall'età e dal male, chiudendo un cerchio che cambia definitivamente la geografia culturale della NBA ma lasciando germogliato il seme che riporterà in alto gli Spurs di Wembanyama e De'Aaron Fox. In un anno di transizioni gigantesche – dalle superstar che cambiano maglia alle giovani dinastie che nascono – anche l'addio di Pop rappresenta un confine netto tra ciò che è stato e ciò che verrà. Mentre si apre il 2026, le domande sono tante, ma una certezza resta: le storie esplose nel 2025 continueranno a dettare l'agenda della lega ancora a lungo.