Davide Casarin: «Finalmente sono tornato a divertirmi. A Venezia un po' di infortuni e incomprensioni»
Davide Casarin ha parlato del suo momento alla Vanoli Basket Cremona al Corriere dello Sport: “Sto vivendo un momento molto bello a livello individuale e di squadra. Finalmente sono tornato a divertirmi. Non mi pesa più prendere la borsa per andare agli allenamenti. Anzi non vedo l'ora di uscire di casa e correre in palestra. In laguna quanto le ha pesato essere il figlio di Federico, il presidente? Un po', ma fa parte del gioco. Ci si sono messi insieme infortuni, un po' di incomprensioni. A fine anno abbiamo pensato, la Reyer ed io, che fosse arrivato il momento di prendere strade diverse. Dopo la telefonata di Andrea Conti ci ho messo due ore per decidere. Avevo davanti a me l'esperienza di tanti italiani che qui hanno cambiato il corso della loro carriera. Penso a Ricci, a Fontecchio e ad altri. Venezia, nel bene e nel male, fa parte del passato”.
Qual è il segreto di Cremona? “Avevo letto e sentito parlare dell'effetto famiglia. Sembra qualcosa costruito per fare i titoli sui giornali e invece è veramente così. Arrivi e sembra che stessero aspettando da sempre te. Ti mettono nelle migliori condizioni per rendere. erto, avendo un budget minore rispetto ad altri club il minutaggio si amplia. Questo è un vantaggio per noi. E c'è il signor Aldo Vanoli. È un vero pater. Siamo i suoi ragazzi e come tali ci tratta. Poi il rapporto con il pubblico, che ci sostiene senza metterci troppa pressione sulle spalle”.
L'obiettivo della Vanoli può essere la Coppa Italia? “L’appuntamento di Torino è bellissimo ma, ricorrendo a una frase fatta, noi guardiamo di partita in partita. Ora siamo concentrati sulla difficilissima sfida di Brescia e ci godiamo il momento”.
In questa Cremona Casarin è grande protagonista: “Merito della mia testa dura certo ma tanto anche dei compagni e Gigi Brotto. Mi piace la sua pallacanestro, fatta di corsa, tiri rapidi. Ma anche di tanta difesa. Era stato compagno di squadra di papà a Sassari. "Ti divertirai con lui", mi ha detto. E ha avuto ragione”.
Adesso Davide si sta sempre più emancipando dall’eredità di papà Federico, presidente dell’Umana Reyer Venezia: “Se gioco a basket lo devo a lui. Anche se non mi ha imposto mai nulla. A 15 anni volevo smettere. Chi si immagina una scenata per farmi desistere sbaglia. Fai pure, mi ha detto, lasciandomi di stucco. E io poi da figlio un po' ribelle ho detto: allora continuo”.