Bayern Monaco, Andrea Trinchieri: “In EuroLeague si gioca un altro sport"

Bayern Monaco, Andrea Trinchieri: “In EuroLeague si gioca un altro sport"
© foto di EuroLeague.net

Il coach del Bayern Monaco Andrea Trinchieri ha affrontato diversi temi nel corso dell'intervista concessa a La Stampa, su cui ci sarà occasione di riflettere durante la stagione, alla vigilia del debutto nella nuova stagione di EuroLeague Basketball 2022-23. alcune delle sue dichiarazioni.

Che cosa rappresenta l’EuroLeague. “Una competizione di altissimo livello. Il miglior prodotto della pallacanestro al di fuori della NBA. La cosa più difficile da comprendere è l’enorme distanza con i campionati domestici, sempre più imprevedibili: si gioca e si interpreta un basket agli opposti, come Plutone e Mercurio. Il giovedì e venerdì fai un tipo di basket e la domenica un altro. Sei a pensare ancora alla grande partita a Tel Aviv, alzi la testa e ti ritrovi sotto 35­-12 alla fine del primo quarto con gli avversari, riposati e allenati per tutta la settimana, che ti passano sopra come le Frecce Tricolori. Questo rende più complesso il lavoro di chi allena una squadra di EuroLeague”.

Da Melli in poi perché tanti italiani scelgono la Germania. “Perché giocano e basta, sarebbe riduttivo. Non conosco altri modi per crescere che prendendosi responsabilità, affrontare i problemi e portare il proprio sederino fuori dalla comfort zone. Poi c’è una parte esogena e una endogena per ognuno. Prendiamo Fontecchio: ha intrapreso un percorso, subito anche delle nasate, ma quando tutto ha fatto clic è diventato un giocatore straordinario che farà bene anche in NBA. Lo stesso è stato per Melli”.

Meglio andare all’estero, quindi? “Non è l’estero o l’esterofilia. La nostra scuola allenatori è una delle migliori e il prossimo Fontecchio potrebbe crescere in Italia. La faccio più semplice: dobbiamo cercare dei telai, ma abbiamo tutto per svilupparli. Il problema è che tantissimi ragazzi vanno alla pallavolo: dovremmo ritornare a fare gli appostamenti davanti alle scuole”.

E rimettere i campetti nelle strade? “Credete che a Monaco di Baviera, città straordinaria, ci siano tanti playground? Quando iniziai ad allenare, negli anni Novanta, la prima cosa che mi dissero è vai fuori alle elementari, compila una lista di quelli alti, prendi il numero di telefono, parla con la famiglia e fagli fare un allenamento: sono cose che fanno ancora la differenza”.

L’insegnamento degli Europei. “Che bisogna sapere accompagnare le squadre. Scariolo ha fatto un capolavoro nella metamorfosi da baco a crisalide della Spagna: è partito bello tosto, poi ha mollato le briglie quando i cavalli scalciavano. L’allenatore che funziona nel 2022 deve essere trasversale e interdisciplinare: uno capace di fare tante cose, una sola benissimo non basta più. Lo sapete chi era trasversale? Giulio Andreotti. A volte bisogna prendere i giocatori per il collo, altre volte accarezzarli. Oppure parlare con chi non vuole mai ascoltare o ascoltare chi vuole sempre parlare. Le squadre, come il mondo e la società in cui viviamo, sono disomogenee. E il basket, per quanto sia un microcosmo, non rappresenta un’eccezione. Siamo passati dall’essere un Paese che stava bene economicamente al non sapere se possiamo pagare il riscaldamento. La cosa più grave di tutte: ma è veramente così? Crediamo che tutto quello che pensiamo sia vero? Non lo so, davvero”.