LBA - Peppe Poeta e la gioia di giocare, di Giorgio Gandolfi

LBA - Peppe Poeta e la gioia di giocare, di Giorgio Gandolfi

Giorgio Gandolfi incontra Peppe Poeta per una intervista che ripercorre punti salienti della carriera del playmaker che a 35 anni sta prolungando la sua giovinezza anche con la maglia della Vanoli, sulle pagine de La Provincia. Eccola.

Una persona si riconosce subito in due modi, nell'aspetto esteriore e dì come si comporta. È quindi facile dare un giudizio su chi è Peppe Poeta, il play in campo, ma anche l'anima dello spogliatoio della Vanoli e che a Cremona sta vivendo una se conda giovinezza.

È sempre sorridente, ha lo sguardo vivo e si relaziona con tutti e la sua personalità è facilmente intuibile da come si esprime in campo, con la sua intensità, la passione per il gioco, la gioia per un canestro, e, soprattutto, per un assist. 

Anche domenica, dopo l'infortunio (solo oggi si saprà l'entità del problema) e la sconfitta, non ha perso il sorriso. «Sono una persona solare, con la gioia di vivere e la consapevolezza che giocare a basket è un grande privilegio, una grande occasione, non un lavoro».

Chi ha avuto una notevole influenza su Poeta, sia dal lato tecnico, che umano, è stato Andrea Capobianco, attuale Responsabile Tecnico delle Nazionali 3vs3 e delle Nazionali giovanili, ed a cui Poeta è molto legato. 

Lo allenò a Battipaglia, dove Poeta è nato, prima nel minibasket, poi lo fece esordire in CI a 15 anni e in B a Salerno a 17 anni, dove segnò 51 punti in una partita, ed infine lo ebbe a Teramo in Serie A. 

Capobianco dice di lui: «È un ragazzo con grandissime qualità umane e valori e queste qualità le mette in mostra anche in campo. È un leader naturale, che non impone la sua leadership, ma che gli viene riconosciuta.

Mi ricordo che quando giocava a minibasket studiava i giocatori della Serie A. Ad esempio l'americano Chris Jent, che giocava Napoli, ed era abile nel prendere gli sfondamenti e Peppe riproduceva in campo quanto aveva appreso, anche se a livello di minibasket non gli avevamo certo insegnato questo aspetto difensivo».

La carriera di Poeta continua tra Veroli in A2, poi in A Teramo, Bologna, Trento, Torino, Reggio Emilia e Cremona. Vi è anche stata una parentesi spagnola, prima al Baskonia e poi al Manresa, dove giocò poche partite perché si era infortunato in nazionale, con cui, tra parentesi, ha disputato 120 partite. 

«Con il Baskonia, dove ho avuto come allenatore Sergio Scariolo, ho giocato contro grandi giocatori, come Huertel, Diamantidis, Navarro, Tony Parker, come anche ho avuto il piacere di giocare con Andres Nocioni, grandissimo agonista e che ha vinto di tutto con la nazionale argentina e non solo».

Poeta si definisce un «italiano medio», gli piace il calcio, cenare in compagnia, viaggiare e quando smetterà di giocare vuole fare molti viaggi. «Sono un ìperattivo, vivo e godo la vita ogni giorno. Un mio difetto? Non ho pazienza, ma non in campo» dice.

Ha casa a Bologna, ma anche Milano è una delle città che preferisce, dove ha amici ed interessi immobiliari, mentre in estate il suo "buen retiro" è Formentera. 

«Non ho ancora deciso cosa farò quando, prima o poi, smetterò di giocare, ma senza dubbio voglio rimanere in questo ambiente, come allenatore o dirigente, scout o agente, ma sempre e comunque nel basket».

Quando gli chiedi chi è il suo giocatore preferito in ambito internazionale, senza esitazione dice Luka Doncic, il fenomeno sloveno dei Dallas Mavericks. Il perché è facilmente comprensibile: come Poeta, Doncic si diverte giocando, inventa in campo ed è sempre sorridente. Possibile che non vi sia un modo per clonare un giocatore ed una persona, come Poeta?