BI come Basket: Banca Sella Biella U19, il futuro è adesso (VIDEO)

25.05.2012 14:44 di  Luca Rosia   vedi letture
Federico Danna, coach Banca Sella Biella U19
Federico Danna, coach Banca Sella Biella U19

Prosegue il viaggio di Piemonte Notizie all’interno del mondo della palla a spicchi piemontese. La Banca Sella Biella Under 19 si è qualificata alle Finali Nazionali d’Eccellenza di Udine, in programma da lunedì 28 maggio, chiudendo imbattuta (22 vittorie) il girone interregionale nord-ovest. La crescita, il gioco e la passione dei giovani di Pallacanestro Biella nella parole di coach Federico Danna.

Coach, siamo alla fine della stagione, a un passo dalle Finali Nazionali Under 19 d'Eccellenza, ci parla dei suoi ragazzi e della crescita che ha visto in loro quest'anno?
“Aldilà dei risultati la stagione è stata eccellente. Il gruppo ha mostrato una grande crescita chiudendo il campionato imbattuto. Molti ragazzi si sono allenati stabilmente con la Serie A e questo è stato di grande aiuto per il loro miglioramento individuale: confrontarsi quotidianamente con atleti professionisti è il miglior allenamento possibile. E' giusto parlare poi di una crescita di squadra, perchè se è vero che all'inizio abbiamo incontrato avversari magari non così forti, è altrettanto vero che riuscire a rimanere imbattuti per tutto l'anno è sintomo di squadra molto matura. Il gruppo ha denotato una crescita sia da un punto di vista fisico che da un punto di vista dell'organizzazione”.

Primi nel girone interregionale e imbattuti con 22 vittorie. Solo il frutto di un lavoro meticoloso settimana dopo settimana oppure alla base c'è un segreto?
“Non ci sono segreti. Non solo è il frutto di un anno di allenamenti, è soprattutto la costruzione di anni di lavoro. Con noi c'è qualche ragazzo nuovo al suo primo anno con questa maglia, ma il gruppo fondamentale è almeno da due anni che si allena assieme. Alcuni ragazzi come Eric Lombardi sono cresciuti dal nostro minibasket, ciò significa che c'è anche un progetto che la società sta portando avanti nel tempo”.

Secondo lei quanti giocatori che oggi giocano nell'Under 19 possono salire di livello e giocare in prima squadra la prossima stagione?
“I tre ragazzi che hanno già fatto parte stabile della prima squadra, Lombardi Magarity e Laganà il prossimo anno potrebbero essere pronti per essere davvero protagonisti in Serie A. Poi come sempre tra la teoria e la pratica c'è altro, ad esempio l'idea che potrebbe essere più utile per loro fare un'esperienza da veri primattori in un campionato di livello leggermente diverso. Comunque sono tutti giocatori sui quali la società sta investendo. Ci sono poi altri ragazzi che in prospettiva possono diventare giocatori importanti, però direi che per il prossimo anno dobbiamo limitarci a questi tre nomi”.

Un episodio significativo che è accaduto quest'anno durante gli allenamenti o durante una partita?
“Ricordo con grande piacere la partita giocata in casa contro la Comark Bergamo (28 febbraio, 104-87, ndr), squadra molto buona arrivata terza alla fine del campionato. Quasi alla fine del primo quarto perdevamo di 20 punti, i ragazzi stavano affrontando l'impegno con scarsa mentalità e probabilmente con un po' di supponenza. Bergamo è un avversario forte che se lo si lascia giocare può fare male. In quel momento mi sono arrabbiato come quest'anno non ho mai fatto e non ti sto a raccontare cosa ho detto nello specifico. I ragazzi hanno avuto una reazione tremenda: nel giro di cinque minuti abbiamo recuperato i 20 punti e nel giro di altri sei-sette minuti siamo andati avanti di altri 20. Siamo stati capaci in quel frangente di costruire un parziale di 35 punti a nostro favore. E' stata un'impresa prima di tutto mentale e poi fisica e tecnica, siamo passati dalle cose più brutte che un gruppo di talento può fare alla dimostrazione del nostro potenziale”.

Siamo oramai alle porte delle Finali Nazionali di Udine. Quali sono le difficoltà che incontrerete?
“Intanto saranno partite molto importanti e quindi la prima difficoltà sarà legata al peso di dover vincere, che a volte sappiamo può fare brutti scherzi: pochi giorni fa si è giocata la finale di Eurolega, abbiamo visto come il Cska Mosca, squadra potenzialmente molto più forte dell'Olympiakos Pireo abbia scialacquato un enorme vantaggio per poi perdere. L'aspetto psicologico a Udine sarà un problema, anche questo però determina se una squadra è forte davvero o se è forte solo sulla carta. Poi nel primo girone giocheremo tre partite in tre giorni e quindi dovremo affrontare un problema di tipo fisico, di stanchezza, di saper recuperare e di poter giocare con molte rotazioni. La vera difficoltà però sarà legata alla forza degli avversari: giocheremo contro Benetton Treviso la prima giornata del nostro girone, poi contro Pallacanestro Trieste e Stella Azzurra Roma, tutte squadre forti. Sono sincero: secondo me siamo più forti, ma non più forti da poter pensare che comunque vada si riuscirà a vincere. Bisogna conquistarsi ogni partita e sarà veramente dura”.

Qual è il consiglio che coach Danna ripete spesso ai suoi ragazzi?
“Il consiglio generale è che il basket è un gioco di squadra: il talento individuale ti porta fino a un certo punto, ma è l'organizzazione del gruppo a fare la differenza. Dobbiamo essere capaci tutti di mettere al servizio della squadra il nostro talento. Nello specifico è fondamentale quello che si fa tra una partita e l'altra o tra un allenamento e l'altro: una buona alimentazione, il riposo, il sapere organizzare lo studio diventa importante quanto l'allenamento. A Udine sfruttare i momenti di riposo e mantenere una sana alimentazione saranno fondamentali per poterci presentare alla partita del giorno successivo nella migliore forma possibile”.

Che tipo di organizzazione interna ha Pallacanestro Biella nei confronti dei ragazzi del settore giovanile?
“Sei ragazzi non sono di Biella e vivono all'interno di una nostra foresteria. Li seguiamo da tutti i punti di vista, dal mangiare al dormire alla scuola. Seguiamo tutti da un punto di vista scolastico. E' una regola: per giocare da noi bisogna andare bene a scuola. Farlo è assolutamente possibile. Marco Laganà ad esempio si è diplomato l'anno scorso con la maturità scientifica e con un anno di anticipo. Anche se a volte crea qualche problema, o a volte viene vista non con particolare simpatia c'è attenzione aldifuori di quella che è la mera attività sportiva. Penso che l'obiettivo di un settore giovanile sia costruire sì giocatori forti, ma visto che di giocatori forti che potranno vivere di pallacanestro ce ne saranno per forza di cose pochi, sia prima di tutto cercare di contribuire all'educazione umana e sociale dei ragazzi”.

Ragazzi di ieri e i ragazzi di oggi. In trent'anni com'è cambiato il mondo del basket dei giovani?
“Proprio in questi giorni ho scritto un articolo su questo argomento. Si continuano a sentire commenti non così positivi sui giovani di oggi paragonati soprattuto ai giovani di un po' di tempo fa. Dei giovani del 1980 si dicevano le stesse cose che si dicevano dei giovani del 1960 o del 1950. Oggi esistono comodità e abitudini non così utili allo sport e in particolare al basket, che non stimolano lo spirito di sacrificio o il lavoro quotidiano; adesso si è più abituati ad avere molte facilitazioni. Ciononostante credo che i ragazzi motivati, e i nostri ragazzi lo sono, e mi sento di dire anche ben educati dal nostro ambiente e dall'esempio che ricevono dai compagni più grandi, non abbiano differenze rispetto ai giovani del 1980. Io nel 1980 ho avuto la fortuna di allenare ragazzi che poi hanno giocato in nazionale e sono stati grandi protagonisti del basket europeo: non avevano nulla di diverso da questi ragazzi”.

A proposito di motivazioni... Il presidente della Federazione Dino Meneghin parlando nel corso di un'intervista di riforma del basket l'ha definitiva “una riforma per i giovani”. Secondo lei è effettivamente una riforma che può valorizzare e motivare i settori giovanili e quindi tutto quel percorso indirizzato a dare colore e futuro anche alla nazionale?
“No, sono abbastanza categorico (sorride, ndr). Le riforme, le leggi, le regole non servono se non c'è un vero aspetto culturale di base da parte degli allenatori, delle società e dei giovani stessi. Se i giovani pensano che questa riforma permetta loro di fare meglio si sbagliano. I ragazzi devono partire dal presupposto che la strada da seguire è allenarsi bene, con un grande desiderio di migliorare da tutti i punti di vista e sfruttando ogni momento libero. Abbiamo esempi di grandissimi campioni che hanno passato estati ad allenarsi. La riforma non costringe società e allenatori a far giocare i giovani; in realtà poi fatta la legge trovato l'inganno: i giovani saranno magari numericamente presenti ma qualitativamente non lo saranno. Non servono riforme, serve che ognuno dia il massimo affinchè, come succede da altre parti del mondo, i nostri ragazzi possano essere davvero protagonisti”.

Servizio tratto dalla puntata di Piemonte Notizie del 20-26 maggio 2012.