Virtus, l’arte dell’attesa: da Procida a Edwards, il mercato si riscrive d’improvviso

13.07.2025 11:25 di  Davide Trebbi  Twitter:    vedi letture
Virtus, l’arte dell’attesa: da Procida a Edwards, il mercato si riscrive d’improvviso

Gli sguardi virtussini puntati verso Gabriele Procida, italiano libero, senza contratto, reduce da Berlino e da una stagione più sofferta che luminosa. Si è parlato dal vivo e su Teams, ci si è studiati, gli si è presentato un progetto con pazienza e convinzione, fino a imporgli, sussurrando ma non troppo, un ultimatum: fine settimana, poi si volta pagina. Ma le pagine nel mercato sono scritte a matita, e basta una firma a riscrivere la trama.
Ed è arrivato, inatteso eppure inseguito da tempo, il sì di Carsen Edwards.
Una scossa elettrica nel cuore dell’estate bolognese. L’americano che, in Germania, ha fatto scintille — secondo miglior realizzatore dell’anno in Eurolega alle spalle del MVP Kendrick Nunn — saluta Monaco e i suoi rimpianti (fuori nella partita da dentro o fuori contro il Real, infortunato), e sposa il progetto Virtus. Lui, che la ex Segafredo l’aveva cercata e sfiorata già in passato, ha scelto Bologna proprio nell’anno più opaco europeo: penultima al termine della stagione regolare, fuori da tutto, ma ora al centro di un ribaltone dopo lo scudetto conquistato.

Con Edwards cambia il disegno, saltano gli equilibri, si ridiscute ogni ruolo. Procida? Strada chiusa. E allora ecco la virata su Abramo Canka, promessa italiana in rientro dall’America, nuovo sesto italiano in un mosaico che va componendosi. Canka avrà la sua chance: dovrà conquistarsela in palestra, a testa bassa, tra allenamenti e rotazioni, ma con una stagione lunga e densa, ogni minuto può pesare oro. L’altro tassello tricolore resta Saliou Niang, che non si tocca: su di lui si costruisce, si investe, si scommette. Il tempo farà il resto.
Le idee, in fondo, sono sempre state chiare. Prima il pacchetto italiano, poi il resto. Il roster sarà da quattordici, uno in più del minimo sindacale: per affrontare i rigori dell’inverno, tra acciacchi e incastri, un piccolo tesoretto di corpi e possibilità. Manca ora l’ala piccola titolare, tiratrice, pronta a ricevere e punire sugli scarichi di Edwards, Vildoza, Pajola, Hackett, Taylor. Manca anche un’ala grande con gambe e rimbalzi, per dare atletismo e profondità. Due pedine ancora da sistemare, ma con la rotta chiara.

Nessun centro di ruolo, per ora. Scelte e necessità: il mercato non offre, e l’idea è un’area condivisa, democratica. Non la terra di un pivot, ma un territorio di tutti: delle guardie che entrano e chiudono, dei lunghi che rollano e appoggiano, delle ali che attaccano dal lato debole. Un’area in prestito, dove il lavoro sporco è collettivo, senza santuari protetti né padroni di ruolo. È anche qui la differenza col passato.
Poi, certo, il mercato è un romanzo che si riscrive ogni giorno. Edwards insegna: rincorso a lungo, firmato in un attimo. Non è solo una questione di soldi o di cifre, ma di chiarezza, velocità, convinzione. È questo il segno nuovo di casa Virtus. Non più attesa passiva, ma pazienza operosa. Una differenza sottile, ma decisiva. Come la scelta di chi, finalmente, dice sì.