LBA - Cantù: l'orgoglio di Procida e lo smarrimento dei senatori a Pesaro

25.01.2021 06:00 di Paolo Corio Twitter:    vedi letture
LBA - Cantù: l'orgoglio di Procida e lo smarrimento dei senatori a Pesaro
© foto di pallacanestrocantu.com

Quando non c’erano le dirette streaming né tanto meno i social, c’era meno basket e più pallacanestro. Quando c’era più pallacanestro, c’erano solo le dirette Rai come quella di domenica tra Pesaro e Cantù. E quando c’erano quelle dirette, c’era la voglia di far bella figura davanti a tutta l’Italia e a quelli che magari non venivano al palazzetto, ma incontravi nella vita d’ogni giorno.

Insomma, prima di finire sotto di 34 punti, come l’Acqua San Bernardo alla Vitrifrigo Arena, avresti sputato l’anima: questione di orgoglio. Quell’orgoglio dimostrato domenica da Gabriele Procida, ultimo “eroe locale” di quella dinastia brianzola che ha avuto nell’Ingegnere volante Pierluigi Marzorati e nel Nembo Kid di Rovagnate Antonello Riva i suoi due massimi alfieri. Con la squadra ormai rassegnata a una disfatta in stile Cremona (altro -34, manco a farlo apposta), il classe 2002 ha voluto far vedere a tutta Italia, e magari anche a qualche vicino di casa che lo vede ogni giorno uscire con il borsone in spalla, che lui non ci stava proprio. Tra palle recuperate, schiacciate e triple, Procida ha messo insieme un bottino da 24 punti (con 5/6 da due, 3/4 da oltre l’arco e 5/5 ai liberi) che ne certifica non solo il talento, ma anche un carattere che - se mantenuto - potrà solo portarlo molto lontano. Accanto a lui, l’altro a non mollare è stato Andrea Pecchia, uno che l’anno scorso ha rifiutato le sirene della Virtus Bologna per rimanere a Cantù e che questa stagione non sta trovando lo spazio nelle rotazioni che vorrebbe, ma che gioca ogni minuto con l’intensità di una finale, anche a costo di qualche forzatura di troppo. 

Non siamo cultori del plus/minus, ma quel -1 di Pecchia la dice lunga sul suo impegno, così come la dicono lunga il -26 di Gaines, il -27 di Smith, il -30 di Bigby-Williams e il -21 di Leunen. Perché quei saldi ampiamente negativi fotografano questa volta appieno lo smarrimento dei “senatori” canturini, incapaci di far cambiare l’inerzia alla partita al punto da venir lasciati in panchina per quasi tutta la seconda parte di partita da coach Cesare Pancotto, a sua volta incapace di dare la scossa ma intellettualmente onesto - e nessuno ne dubitava - ad assumersi alla fine tutte le responsabilità dell’ennesima figuraccia (con tutto il rispetto per l’ottima Pesaro). Attenzione, però: abbiamo scritto smarrimento, non menefreghismo. Perché quelli che passano da Cantù e poi ci ritornano, conoscono a loro volta la differenza tra il moderno basket e la vecchia pallacanestro. La conosce Jaime Smith, il cui nome e cognome figurano sull’etichetta della bottiglia a perenne ricordo “dell’eroica vittoria” su Milano del 16/2/2018 nella Final 8 di Firenze, quando giocare per Cantù era davvero una scommessa al buio. La conosce Frank Gaines, che in una stagione altrettanto burrascosa ha contribuito a mettere in sicurezza la serie A per i colori biancoblu. La conosce ancora di più Marteen Leunen, che in Brianza ci ha passato cinque stagioni tra il 2009 e il 2014, dando il suo grande contributo per regalare ai tifosi una Supercoppa e una finale scudetto contro Siena. Non la conosce forse Bigby-Williams, che però indossa la maglia di Cantù solo da poco più di un mese…

Tutti giustificati, quindi? Niente affatto, ma questi giocatori davvero non si meritano di prendersi dei “mercenari” o altro. E forse proprio per questo la situazione è ancora più preoccupante e richiede una scossa immediata, perché il futuro derby contro Varese ha oggi ancora di più il valore di un’ultima chiamata per riuscire a cambiare la stagione e scongiurare la retrocessione. Cantù, inutile negarlo, è con le spalle al muro e la risposta sta solo nel reagire da campioni, quali Smith, Gaines e Leunen sono. E da parte del club anche nel guardare pragmaticamente in faccia la realtà per definire una volta per tutte il roster rispondendo a una sola domanda: al netto dell’impegno, e considerando le duttili qualità di Thomas, a questa squadra serve di più un mini-play come Jaaz Johnson in aggiunta a Smith e Gaines o l’atletismo di Sha’markus Kennedy combinato con la fisicità di Bigby-Williams? (Paolo Corio)