SOCIAL – Ferrara, intervista a Tommaso Fantoni

“Quando ciò che fai sul campo fa sentire speciale anche l’ultimo spettatore laggiù in ultima fila, vuol dire che hai fatto bene il tuo lavoro.”
10.05.2020 12:00 di Emiliano Latino   vedi letture
Fonte: Pagina Instagram @passionegialloblu
TOMMASO FANTONI
TOMMASO FANTONI
© foto di www.klebbasketferrara.com

In esclusiva sulla fan page @passionegialloblu l’intervista al centro livornese della Kleb Ferrara che conta anche con 37 presenze in maglia azzurra.

Dopo essere cresciuto nel vivaio del Don Bosco Livorno, con il quale ha vinto un titolo "allievi" nazionale, Fantoni passa nel 2002 al Basket Livorno con cui, il 12 ottobre 2003, fa il suo esordio in serie A. In cinque anni gioca 94 partite con 805 punti e 360 rimbalzi complessivi.

Al termine della stagione 2006-07, terminata con la retrocessione in Legadue, passa alla Benetton Basket Treviso, con la quale però gioca solo metà di una travagliata stagione che nel febbraio 2008 lo vede tornare in prestito proprio al Basket Livorno, dove è decisivo nell'evitare un'ulteriore retrocessione della squadra labronica.

Nell'estate 2008 firma un contratto pluriennale con la Fastweb Casale Monferrato, squadra militante nel campionato di Legadue.

Dopo aver vinto il Campionato di Legadue con la maglia della Junior Casale, Fantoni a luglio 2011, si trasferisce alla Reyer Venezia. Due anni dopo viene ingaggiato dal Basket Barcellona. Nell'agosto 2014, passa alla PMS Torino con cui nel 2015 vince il campionato di Legadue. L'anno seguente partecipa al campionato di massima serie con la stessa Auxilium CUS Torino. Nell'anno 2016/2017 partecipa al campionato di Legadue con la Givova Scafati,mentre per l'anno successivo firma con la Bondi Ferrara.

Come stai passando questa quarantena?

Ci sono state due fasi per la mia quarantena: la prima a Ferrara dove sono stato fino a 3 settimane fa e l’altra nel Monferrato dove tutt’ora mi trovo A Ferrara è stato difficile mantenere il ritmo di allenamento perché eravamo in un piccolo appartamento, ma ho cercato di allenarmi grazie anche alle attrezzatura che ci ha messo a disposizione la società. Nel Monferrato, vivendo in campagna e in spazi  decisamente più ampi, mi sono più organizzato sia per allenarmi in modo più efficiente ed efficace, ma anche per mio figlio e per la gestione dei cani che a Ferrara era più complessa.

Come hai iniziato a giocare a basket? Da piccolo hai sempre avuto un idolo o comunque un punto di riferimento che hai sempre seguito?

Ho iniziato a giocare molto presto: la prima volta che ho toccato il pallone da basket era all’età di 4 anni circa partendo dalla scuola e tutto ciò grazie a mio padre che mi aveva trasmesso questa meravigliosa passione. Per quanto riguarda il giocatore modello devo dire che non è ho uno in particolare, ma tutti i campioni con i quali sono cresciuto ammirandoli in tv come Michael Jordan, Magic Johnson, Kareem Abdul -Jabbar, Shaq e molti altri.

12 Ottobre 2003, il tuo giorno dell’esordio in A con la maglia di Livorno, cosa pensi e che cosa provi ancora oggi?

Ricordo quel giorno come fosse ieri: emozioni indimenticabile soprattutto perché il mio esordio fu al Pala Dozza dove era pieno di tifosi contro la Fortitudo che, in quegli anni, era tra le più forti di Italia. Esordire al Pala Dozza fu un emozione indescrivibile e allo stesso tempo la mia concentrazione aumentò, pensando che il momento giusto era arrivato e dovevo dimostrare il mio valore facendomi trovare pronto Oggi provo le stesse emozioni di 17 anni fa perché ho ancora la stessa voglia e la stessa fame da mettere in campo sempre, che sia un allenamento o una partita ufficiale.

Come sono stati i 3 anni a Casale?

A Casale sono stato molto bene e fin da subito credetti nel progetto della società e del coach Crespi. Passare da Livorno a Casale inizialmente fu difficile perché Livorno è una città molto più grande di Casale, due dimensioni completamente diverse, ma dopo pochi mesi mi sono adattato benissimo. Con la città fu un amore a prima vista tanto che comprai casa e, proprio in città, conobbi mia moglie. Dal punto di vista cestistico furono 3 anni molto belli, partendo da una eliminazione in semifinale in gara 5 per due anni di fila arrivando poi a una promozione nel terzo anno. È sempre stata una escalation perché ogni anno era sempre più avvincente e anno dopo anno migliorammo, cercando di raggiungere la promozione arrivata poi al terzo anno.

Com’è stata l’esperienza a Torino? Che rapporto avevi e hai ancora con i tifosi?

Quando mi arrivò la chiamata da Torino non ci pensai due volte perché arrivavo dall’esperienza di Barcellona dove non avevo trovato molto spazio e avevo bisogno sia di giocare e sia di tornare vicino a casa; la Pms fu perfetta soprattutto per il progetto molto interessante. A Torino ho stretto amicizie che ora sono indelebili, ho trovato una piazza molto calda e una città splendida ma soprattutto ho provato delle emozioni molto forti ed intense. Il primo anno è stato indimenticabile perché è stata una vera e propria cavalcata verso la promozione lottando contro tutte le difficoltà del caso. Il secondo anno, a livello personale, è stato motivo di orgoglio per la nomina di capitano ma, allo stesso tempo, provavo un grande senso di responsabilità. A livello collettivo è stato un anno difficile soprattutto all’interno dello spogliatoio perché dovevo cercare di tenere a bada tutti e questo non fu facile soprattutto dopo il cambio di allenatore. In fin dei conti l’esperienza piemontese fu meravigliosa e me la porterò per sempre nel cuore tanto che, quando mi dissero che non facevo più parte del progetto, piansi come un bambino.

Che ricordi hai e che aneddoti ci puoi raccontare riguardo alla promozione in A1?

Il mio ricordo che risale a quella finale è sicuramente la voglia che avevamo, durante gara 5, di esultare con tutto il Palaruffini gremito: al suono della sirena ci fu l’invasione di campo e le emozioni furono indescrivibili. Un aneddoto divertente è sicuramente quello del lancio di tutta la squadra sotto la doccia, scherzando e festeggiando come pazzi. Mi ricordo anche che feci una promessa: in caso di promozione, mi sarei tagliato la barba lasciando solo i baffi ed è stato belo poter mantenere questa promessa.

Come ti stai trovando a Ferrara? Che rapporto hai con la società e con i tifosi?

Io e la mia famiglia stiamo molto bene a Ferrara e il feeling con i tifosi è ottimo perché fin dal mio arrivo ci hanno accolto molto bene mettendoci a nostro agio. Sono stati 3 anni a salire: il primo anno c’era un gruppo molto unito costruito per raggiungere una salvezza “comoda”. Tanto comoda che arrivammo ai playoff, risultato importante e che ci diede grandi soddisfazioni. Il secondo anno invece c’è stato un cambio societario che portò quindi a una riduzione del budget e il livello del roster inevitabilmente si abbassò. Nonostante tutto raggiungemmo l’obiettivo salvezza arrivando ad una sola vittoria dai playoff. Quest’anno è stato un grande peccato che sia finito in questo modo perché ci saremmo potuti togliere alcune soddisfazioni e qualche risultato in più sarebbe potuto arrivare. Una grande squadra unita e compatta.

Che cosa ne pensi del progetto targato “Basket Torino”?

Il progetto è ambizioso e importante basato su una squadra molto forte, con giocatori importanti e con l'obiettivo di vincere il campionato e di tornare nella massima serie. È fondamentale che una città come Torino tornare in A1 per giocare contro le grandi squadre e  respirare quella positività e quel basket che si merita.

In bocca al lupo e un grande abbraccio a tutta la gente di Torino!