Perché Kobe Bryant sfidava sempre i nuovi giocatori dei Lakers 1 contro 1

Il giocatore che più si è avvicinato a replicare il gioco di Michael Jordan è stato Kobe Bryant. In ogni aspetto — tecnica, abilità e mentalità — Bryant ha incarnato lo spirito competitivo come pochi altri. "La sua competitività in campo era impareggiabile", ha dichiarato Tyronn Lue, suo ex compagno ai Lakers, in una recente intervista con Shannon Sharpe. Secondo Lue, Kobe sfidava i propri compagni di squadra solo per affermare il suo dominio: "voleva soddisfare il suo ego competitivo, dimostrare che i Lakers erano la sua squadra e che lui era il big dawg (termine gergale molto usato negli Stati Uniti, soprattutto in ambito sportivo, per indicare chi comanda, chi ha il rispetto e il controllo del gruppo, ndr)".
Lue ha raccontato episodi emblematici: "Quello che vedevi in partita, lo vedevi ogni singolo giorno. Voleva essere il migliore ogni giorno in allenamento, in partita, ed è così che competeva, capito? Ogni volta che arrivava un nuovo giocatore, tipo Glen Rice — e Glen Rice era tosto — Kobe voleva giocare uno contro uno per mostrargli: 'Questa è la mia squadra'. Abbiamo preso J.R. Rider, stessa cosa. Appena arrivato, Kobe voleva giocare uno contro uno per dirgli: 'Questa è la mia squadra'. Ecco chi era. Competitivo in ogni possesso, ogni sprint, ogni esercizio. Voleva essere il migliore. E non è una cavolata. Ogni giorno era lo stesso. Quello che vedevi in partita, lo vedevi in allenamento ogni singolo giorno."
Bryant e Lue hanno condiviso il parquet dal 1998 al 2001, ma il mito di Kobe va ben oltre quegli anni. Numerosi compagni e avversari hanno testimoniato quanto fosse letale in campo e quanto fosse possessivo riguardo ai Lakers, arrivando persino a scontrarsi con Shaquille O'Neal per affermare la sua leadership. Non importava se eri un rookie o un veterano: se eri nei Lakers, dovevi seguire il suo ritmo. Questa mentalità, che alcuni definirebbero autoritaria, è ciò che ha reso Bryant un'icona. In 20 stagioni con i Lakers, ha vinto cinque titoli NBA e mantenuto medie di 25.0 punti, 5.2 rimbalzi e 4.7 assist. Ma più di ogni statistica, ciò che rimane è il tipo di persona che era: un esempio eterno per le generazioni future.