Steve Nash, «La mia Nba: vorrei più tifo e meno partite»

Nash, lei gioca a calcio anche per la sua Fondazione. Un miliardario e filantropo come Bill Gates dice: «Chi ha tanti soldi deve fare moltissima beneficenza».
«Ma non solo chi ha i soldi può dare una mano. La società è come una grande famiglia e la si può aiutare in tanti modi. Per esempio, dedicando il proprio tempo e con l'amore per il prossimo».
Lei è anche un contestatore. Nel 2006, assieme ad altri giocatori bocciò II nuovo pallone della Nba. La Fifa ha Imposto lo JabulanI, nonostante le proteste del calciatori.
«So che la Fifa non ha concesso loro molto tempo per provarlo e questi tipi di test non possono durare soltanto un giorno. Noi lo usammo per settimane. Solo così ci rendemmo conto che aveva un sacco di difetti: la Nba non poteva andare contro l'evidenza».
A Phoenix, con I Suns, avete Inscenato una protesta contro la recente legge sull'Immigrazione In Arizona. Giusto far entrare la politica nello sport?
«In generale no. Ma nel nostro caso abbiamo fatto bene». Dopo la vittoria a Barcellona ha contestato persino Mourlnho: su Twitter scrisse che l'Inter è troppo catenacclara e come provocazione stilò una formazione nerazzurra di soli portieri. Lo sa che Mou non gradì e disse che lei non capiva un accidente di calcio?
«Stavo solo scherzando, l'Inter è una squadra straordinaria. A volte forse tende a difendersi troppo, nonostante la qualità dei suoi uomini. Ma Mourinho è un grande tecnico. Non lo conosco personalmente, ma alla finale di Madrid disse di non avere nessun problema con il sottoscritto. Dunque, caso chiuso».
Che cosa le piacerebbe contestare alla Nba?
«Sarebbe bello poter giocare meno partite, ma non è possibile: si rinuncerebbe a troppi soldi e il riferimento non è solo a noi giocatori. Però potremmo rendere più interessante il campionato, usando l'ultimo mese come una sorta di playoff per stabilire l'ordine di scelta al draft per le squadre che vanno alla lotteria».
Chi l'ha divertita di più a questo Mondiale?
«Mi piacevano Argentina e Messico. Gli Usa mi erano sembrati una delle squadre più belle. Tifavo Inghilterra, perché mio padre è di lì. E vedevo il Brasile come favorita numero uno. Meglio che lasci perdere, giusto?». Almeno non è colpa sua se l'Italia è uscita. SI dice che qualcuno del nostri avesse le gambe molli per troppa responsabilità. Possibile a questi livelli? «Possibile. Non le faccio nomi, ma nei playoff qualcuno della mia squadra sbagliava per la troppa tensione. Il Mondiale è un torneo breve, sbagli una partita e quella dopo diventa ancora più difficile. E poi di colpo ti trovi fuori, game over».
Non pensa che nelle arene Nba manchi un po' del fracasso all'europea?
«Vero, non abbiamo la mentalità europea o sudamericana. Inoltre, non abbiamo tifo organizzato come da voi, la maggioranza degli abbonamenti sono venduti a grandi aziende e i biglietti sono molto costosi. Difficile che i vip delle prime file facciano casino come alle partite del Milan».
In questi giorni non si parla altro che di LeBron. Le Interessa cosa farà?
«No, sfugge al mio controllo e sinceramente non me ne importa».
A 36 anni ha disputato una grandissima stagione. Mal pensato al ritiro?
«Ci penserò nel momento in cui farò fatica a muovermi sul campo, perché non mi divertirei più. Intanto, però, vado avanti altre 3 stagioni».
Massimo Lopes Pegna