Max Menetti è tornato in Israele: "Rientrato perché i rapporti umani contano"

Max Menetti è tornato in Israele: "Rientrato perché i rapporti umani contano"
© foto di Savino Paolella

Questa estate Max Menetti ha deciso di accettare la proposta del Hapoel Eliat, ma mai avrebbe pensato di ritrovarsi in mezzo a una guerra. A metà ottobre il tecnico reggiano è riuscito a lasciare Israele e a distanza di un mese la Winner League è pronta a ripartire nonostante il conflitto con le forze di Hamas prosegua. A Andrea Barocci sul Corriere dello Sport, Menetti è tornato a parlare di quei giorni: «Io stavo vivendo una situazione che avevo fortemente voluto firmando per l’Hapoel Eilat [...] Poi quel sabato... Arrivando in palestra, i miei assistenti mi hanno raccontato quello che era accaduto: “Una cosa gravissima”. Hanno capito immediatamente la gravità di ciò che era accaduto. Da quel momento è cambiato il mondo», dice Menetti, poi l'attacco di Hamas. «Gli americani, tutti, sono immediatamente tornati negli Usa dopo due giorni, mentre Hamas stava colpendo in maniera durissima. Io sono rientrato in Italia dopo una settimana passando dalla Giordania con qualche peripezia, visto che proprio in quelle ore stavano iniziando a cancellare tutti i voli...».

Ora Menetti ha deciso di tornare in Israele per proseguire nel suo incarico di coach a Eliat. «Dieci giorni fa avevo deciso di tornare in Israele. Perché? Non tanto per una questione economica, quanto per rispetto verso il club e il mio general manager Nikola Loncar: mi avevano telefonato ed erano in un momento di grande difficoltà. Credo di essere un po’ diverso rispetto ad altri: nel bene e nel male voglio sempre mettere delle basi umane e personali nel lavoro al di là del “business”. Ero appena salito sul treno per andare all’aeroporto di Bologna e poi ad Eilat, quando mi ha chiamato mia moglie: “C’è stata un’esplosione ad Eilat. Un drone, forse partito dalla Siria, ha colpito una scuola!Arrivato alla stazione bolognese, ho girato i tacchi e sono tornato a casa. Non è stato un momento facile, soprattutto per la mia famiglia. L’Hapoel poi mi ha telefonato di nuovo chiedendomi di tornare. Mia moglie mi è stata vicina e mi conosce, alla fine ha appoggiato e condiviso la mia decisione, anche perché la situazione a Eilat adesso sembra tranquilla».

La vita adesso a Eliat. «La vita sembra che vada avanti normalmente qui. Questo è un popolo nato e vissuto in situazioni diffi cili. Loro dicono di sentirsi sicuri, ma per gli Europei la sensazione è molto differente. Per farvi capire, ogni appartamento, dal più grande al più piccolo, ha obbligatoriamente la sua camera blindata. Io vivo in una bella casa, e la seconda camera è appunto uno “shelter”. Questo per dire che per gli israeliani tutto ciò è normale. Inutile discutere sul tema sicurezza, su ciò che è sicuro per noi e per gli israeliani: non ci si capirà mai. Per cui io ho detto: basta, non parliamone più».