Golden State tiene dietro la Dallas di Flagg con un lavoro di squadra

126-116 sui Mavericks in una notte in cui il collettivo di Golden State manda sette giocatori in doppia cifra e risponde ai 27 punti di Cooper Flagg e ai 26 di Brandon Williams
26.12.2025 08:00 di  Umberto De Santis  Twitter:    vedi letture
Golden State tiene dietro la Dallas di Flagg con un lavoro di squadra

Il piano gara di Dallas è chiaro fin dalla palla a due: ritmo lento, metà campo ragionata e palloni a ripetizione dentro per Anthony Davis, chiamato a dettare legge nel pitturato del Chase Center. Il problema è che la serata dell’ex Laker si apre con due errori consecutivi e questo basta ai Warriors per prendere subito il comando del match. Il primo quarto è sporco, pieno di contatti e viaggi in lunetta: Golden State costruisce 7 degli 11 primi punti dalla linea dei liberi, mentre i Mavericks restano agganciati solo grazie a qualche palla persa di troppo dei padroni di casa. Davis fatica a trovare ritmo e allora è Max Christie a caricarsi sulle spalle l’attacco ospite, riportando il punteggio in equilibrio sul 18-18. Proprio nel momento in cui sembra che Dallas possa mettere il naso avanti, esce dal cilindro Al Horford: quattro triple quasi in fotocopia, tutte costruite con l’extra-pass, e lo strappo a favore dei Warriors è servito, 40-28, con il Chase Center che si scalda.

Il copione non cambia a inizio secondo periodo: l’attacco dei Mavericks fatica a generare tiri davvero puliti, pochi vantaggi creati dal palleggio e tante conclusioni forzate allo scadere dei 24 secondi. Dall’altra parte, Golden State gioca il suo basket: movimento continuo, tagli, letture senza palla e la ricerca sistematica dell’uomo libero sul perimetro, che spedisce il punteggio sul 53-42. La vera notizia, però, arriva in contropiede: Anthony Davis si ferma, mano all’inguine, e la panchina di Dallas capisce subito che non è un semplice fastidio. L’uscita del lungo cambia la partita e costringe Jason Kidd a rilanciare Daniel Gafford, immediatamente preso di mira dai Warriors. Horford e Trayce Jackson-Davis lo attaccano senza pietà: chiudono combinati con un 8/10 al tiro in quel frangente e costringono la difesa dei Mavericks a collassare continuamente. I lampi di talento di Cooper Flagg e Naji Marshall impediscono che lo scarto esploda del tutto, ma all’intervallo Dallas è comunque sotto 71-58.

Al rientro dagli spogliatoi, le speranze di rientro texane si scontrano con una protezione del ferro semplicemente insufficiente. Stephen Curry legge immediatamente i buchi nella copertura sul pick and roll e infila due lay-up in solitaria che allargano ancora il solco fino al 75-60. Se Cooper Flagg alterna folate offensive a momenti di pausa, ci prova un Brandon Williams in serata di grazia a tenere Dallas a galla con penetrazioni e conclusioni al ferro. Il problema è che dietro non c’è il minimo allineamento: ogni taglio di Golden State sembra sorprendere i Mavericks con un tempo di ritardo, e Draymond Green ne approfitta vicino al canestro, sfruttando spazi che normalmente non dovrebbe vedere a questo livello. Il tabellone segna 85-74, e serve un Jimmy Butler in versione all-around per riportare i Warriors a distanza di sicurezza sul 100-89 alla terza sirena.

L’ultimo quarto si apre con i Mavericks nella parte scomoda del ruolo di inseguitori, ma ancora vivi. Klay Thompson legge perfettamente i tempi di Cooper Flagg e lo manda al ferro per una schiacciata che dà il segnale di carica agli ospiti. Il duo continua a fare danni e, su un lay-up di Williams dopo un pallone recuperato, Dallas arriva fino al -5 sul 104-99. È però il ritorno in campo di Daniel Gafford a spezzare di colpo la rimonta: prima una fallo ingenuo su un tiro da tre, poi un altro canestro concesso e nuovo viaggio verso la panchina. Nel frattempo Curry piazza la sua seconda tripla della serata per ripristinare quei famosi 11 punti di margine sul 115-104 a tre minuti dalla fine. Da lì è pura gestione per i Warriors: due rotazioni difensive mancate dai Mavericks aprono l’autostrada per Jimmy Butler e De’Anthony Melton, che firmano i canestri del definitivo 126-116. 

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