Italia - 4 giugno 1983, 40 anni fa Campioni d'Europa

Italia - 4 giugno 1983, 40 anni fa Campioni d'Europa
© foto di Italbasket

Le ricorrenze hanno sempre un che di speciale, e quella della vittoria a Nantes del titolo europeo in finale sulla Spagna di Corbalan della Nazionale azzurra del 4 giugno 1983 è sempre molto sentita. La FIP ha voluto celebrare con un lungo articolo quel momento.

“Venti secondi da giocare e adesso voglio proprio vedere chi questa medaglia d’oro riuscirà a portarcela via, scusate se sono un po’ emozionato e lo confesso sono commosso ma in trenta anni di telecronache e in sedici Campionati Europei mai avevo veduta una squadra italiana trionfare come sta succedendo questa sera. Segna Corbalan, tanto di cappello a lui, ma l’Italia ha vinto 105 a 96 ed è campione d’Europa”. Con queste parole rotte dal pianto, l’ineguagliabile Aldo Giordani chiude il 4 giugno 1983 la diretta televisiva che da Nantes consegna agli archivi il primo successo continentale della Nazionale italiana.

Un trionfo storico, ottenuto senza perdere una partita, dalla squadra allenata da Sandro Gamba e Riccardo Sales (Santi Puglisi l’altro assistente), battendo in finale la Spagna. Sedici anni più tardi, dopo aver toreato le Furie Rosse sul parquet di Parigi, la sensazione di deja-vu sarà palpabile quanto giustificata. Meno di dodici mesi prima dell’Oro di Nantes, sono stati gli Azzurri di Enzo Bearzot a far impazzire l’Italia: sono giorni nei quali il basket entra prepotentemente nelle case di tutti e appassiona milioni di telespettatori, a pochi giorni dalla finale scudetto Roma-Milano che ha fatto registrare 45.000 spettatori in tre partite: mai come in quel periodo la pallacanestro sembra sul punto di potersi avvicinare al calcio.

La squadra

Per infortuni e problemi personali, Gamba rinuncia in extremis a Zampolini, Sylvester, Polesello e Solfrini: il nucleo è consolidato, con la leadership affidata all’asse play-pivot Marzorati-Meneghin che con i club in Europa ha già vinto ma con la Maglia azzurra no. I “blocchi” di Torino (Caglieris, Sacchetti, Vecchiato) e Virtus Bologna (Brunamonti, Villalta, Bonamico) contribuiscono a compattare lo spogliatoio, tante responsabilità sono già sulle spalle del 21enne Antonello Riva. Il neo-scudettato Gilardi è al quarto anno di Nazionale, Ario Costa è atteso dalla pesante eredità di Meneghin e l’ultimo ad aggregarsi è Tonut. Due anni prima l’Italia, dopo l’Argento olimpico di Mosca, è naufragata agli Europei di Praga e lo stesso Gamba si è sentito messo in discussione: “Va sempre così, se si perde la colpa è dell’allenatore, anche si perde di un punto e si sbagliano 20 liberi”. “Rischia il posto solo se a Nantes fa una brutta figura”, corregge il tiro il presidente federale Enrico Vinci, che a differenza della fallimentare esperienza del 1981, in Francia non molla mai la squadra.

La strada per la finale

L’Italia è in un girone difficile, con Jugoslavia, Spagna, Grecia, Svezia e i padroni di casa della Francia: alle semifinali passano le prime due, a complicare la situazione c’è l’ostilità dimostrata da Limoges verso gli azzurri. Retaggio di storie tese tra la squadra locale e il Bancoroma, una polemica che risale a una partita di Korac della stagione precedente. L’esordio degli azzurri è da brividi, risolto sulla sirena da un arresto e tiro di Marzorati che si arrampica sul primo ferro e ci regala il +1 coronando la rimonta ispirata da Sacchetti e Caglieris: è il secondo spavento della spedizione, il primo lo provoca il fulmine che lambisce il Boeing degli azzurri in viaggio per la Francia. Quello che Gamba e i suoi giocatori non sanno è che quel tiro di Marzorati non inaugura un Europeo sofferto ed è invece l’ultimo momento in cui si rischia la sconfitta. Con la Svezia partiamo molli ma prendiamo il largo nel secondo tempo, ampio il successo con la Grecia di Galis e Yannakis che però ci fa soffrire per 30’. La temuta sfida ai padroni di casa si risolve in una formalità, gli azzurri volano sul 43-12 e congelano il pubblico di Limoges: all’ultimo turno incrociamo la Jugoslavia che non battiamo da sette anni, se perdiamo con 2 o più punti di scarto siamo fuori dalla zona medaglie. “Come penso di fermarli? Darò ai miei una pistola P38”, sdrammatizza Gamba alla vigilia ma purtroppo poi non si va tanto lontano da quello che succederà in campo. A 5′ dalla fine, 73-62 per noi, si scatena una rissa che passa alla storia dal lato sbagliato: la miccia scoppia per uno scontro Gilardi-Petrovic, dopo pochi secondi c’è anche Cesare Rubini in campo ad assestare uppercut mentre Grbovic brandisce un paio di forbici e il parapiglia coinvolge tutti, con Kicanovic particolarmente vivace sul ring. Occorre la gendarmeria francese per placare gli animi ma la partita non è più in discussione, l’Italia la vince facile: si temono squalifiche ma dopo una notte di trattative tra Federazioni si opta per una sanatoria e l’Italia può affrontare la semifinale contro l’Olanda al completo: il 24-0 che gli azzurri rifilano agli Orange nel secondo tempo ci regala la finale. Dove troveremo la Spagna, straordinaria nel superare l’URSS del 18enne Sabonis. A Nantes si atterra esattamente come si è decollato a Limoges.

La vigilia

L’allenatore più simpatico dell’Europeo è lo spagnolo Diaz Miguel: “Una finale latina, giusta perché premia il basket più moderno del mondo, che punta su una buona difesa, sul contropiede e su buone percentuali di tiro”. Dopo la sconfitta di Limoges, però, Diaz Miguel si fa prendere la mano da una polemica sterile: “La vostra non è difesa: si difende con le gambe e l’Italia lo fa con le mani, palpando gli avversari: o si ammette il contatto, e deve valere per tutti, oppure no e allora bisogna punire chiunque”. Pronta la replica di Gamba: “Sappia, don Antonio, che gli italiani generalmente preferiscono… palpare le donne. In ogni caso è una finale durissima: hanno il miglior attacco, in Corbalan il miglior playmaker, in Sibilio la migliore ala. Dovremo bloccare il contropiede e caricare di falli Martin e Romay”. Intanto in Francia arrivano Carraro e Pescante, in Spagna la finale della Copa del Rey di calcio Real Madrid-Barcellona viene rimandata perché concomitante con la sfida di Nantes. La tensione è altissima, otto milioni di lire il premio previsto per gli azzurri in caso di vittoria.

La finale

Vinciamo il sorteggio per il campo ma la Spagna ci “frega” la panchina ambita da entrambi gli staff, la coppia di arbitri è insolitamente nordamericana ma molto gradita a Gamba: partiamo contratti, Riva è in difficoltà su San Epifanio e i lunghi iberici limitano Meneghin: dopo 10’ è 18-27 ma Gilardi e poi 8 consecutivi di Bonamico ci riportano a contatto (30-31 al 14’). La temperatura e l’umidità sono insostenibili, Gamba attinge a piene mani dalla panchina per tenere alto il ritmo: ne fa le spese Corbalan, sfiancato a fasi alterne da Marzorati, Caglieris e Brunamonti. E quando in campo c’è Solozabal, inevitabilmente la Spagna perde colpi. Il secondo tempo è un monologo azzurro, Diaz Miguel prova a scuotere i suoi ma rimedia due tecnici che dilatano il solco: i contropiedi di Gilardi e Caglieris ci spingono fino al 73-54. Incredibile, la vinciamo sul terreno preferito degli spagnoli. A metà secondo tempo un paio di fischi tolgono dal campo Vecchiato e Meneghin, la rimonta iberica ci spaventa ma neanche poi tanto: è il primo titolo continentale del basket Azzurro. Gamba e Rubini vengono lanciati in aria dai giocatori, Sacchetti e Caglieris baciano il parquet, Vinci si precipita in campo ad abbracciare il suo allenatore. Pace è fatta.

Siamo campioni d’Europa, per la prima volta nella storia.

Le parole

“Non ci sono dubbi sulla legittimità di questa vittoria – commenta Sandro Gamba – il basket è l’essenza del gioco di squadra e l’Italia ha vinto perché ha interpretato al meglio questo concetto”. In effetti, in finale Gamba schiera tutti i suoi giocatori ad eccezione di Tonut, leggermente infortunato: i sei usciti dalla panchina, poi, segnano 9 punti in più rispetto al quintetto base. “Chiudere un Europeo senza sconfitte significa essere al livello dell’Urss”, commenta Brunamonti mentre Gilardi assapora un’altra gioia enorme, dopo lo scudetto col Bancoroma: “Cos’altro c’è da vincere? L’Anno Santo per me non è finito”. Pochi mesi più tardi Enrico vince anche la Coppa dei Campioni battendo un’altra spagnola, il Barcellona. “Quest’anno avevo perso due finali – spiega Meneghin – non potevo cedere anche la terza, la più importante. Questa è la vittoria più bella della mia carriera”. Anche perché Dino, come regalo per festeggiare la Cresima del figlio Andrea, ha promesso di riportare a casa una medaglia d’oro. E lo stesso Andrea, scherzi di un destino tutto Azzurro, sarà uno dei protagonisti dell’Europeo vinto dall’Italia 16 anni più tardi. “C’era in noi la consapevolezza di raggiungere un risultato storico – l’analisi di Riva – perché contro la Spagna abbiamo sempre giocato buone partite e perché all’esordio l’avevamo spuntata nonostante pur giocando male”. Sinceri, alla fine, arrivano anche i complimenti di Diaz Miguel. “Avete dato una grande dimostrazione di pallacanestro corale. Difesa sporca? No, grande difesa, la migliore. Usa il fisico ma lo fa benissimo: e poi Meneghin, il più grande di tutti”.

Dopo il trionfo

Commentando il successo di Nantes, Vinci non se la sente di avviare o di archiviare un ciclo: “Non è un punto di partenza e neanche di arrivo, è la conferma che l’Argento di Mosca non è stato un episodio”. Gli azzurri tornano in patria dopo aver trascorso una notte insonne a Parigi, in Italia sono accolti da eroi. Racconta poi Gamba nel suo libro: “Dopo pochi giorni dalla fine degli Europei era calato il silenzio, esattamente come dopo l’argento di Mosca. L’episodio che a titolo personale ricordo con maggior piacere accadde qualche mese dopo gli Europei. Ero a Roma in un ristorante, mi sentii appoggiare un braccio sulla spalla: era il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia, voleva congratularsi con me per l’oro di Nantes”.

Un Oro che a 40 anni di distanza non riusciamo a dimenticare!