Stefano Sardara "Licenza e proprietà: per una Torino in serie A c'è tanto da fare"

Stefano Sardara "Licenza e proprietà: per una Torino in serie A c'è tanto da fare"

Nell'intervallo della partita tra Torino e Derthona Stefano Sardara si è intrattenuto con i giornalisti presenti e ha lasciato delle dichiarazioni molto importanti su quello che sarà il prossimo futuro del club, inquadrando uno scenario molto complesso in caso di promozione in serie A, che avrebbe a che fare con il suo obbligato disimpegno, della mancanza di un importante partner locale, di gravosi e inevitabili doveri di una proprietà nei confronti del regime di "licenze" che si vuole con fatica introdurre. Emiliano Latino ha raccolto per PianetaBasket.com le parole del presidentissimo.

"Io ho voluto richiamare l'attenzione del territorio rispetto ad un progetto che, come sapete bene è nato due anni fa. Aveva un percorso chiaro. Noi avremmo dovuto fare e dovremmo fare da safety car, poi però ci vuole un pilota. Per cui noi stiamo andando avanti e non ci prendiamo in giro: se questa squadra va in Serie A abbiamo un problema serio. Perché ad oggi l'unica alternativa è dare la proprietà al 100% in mano a degli stranieri. E non penso sia quello che voglia il territorio. Per cui io ho soltanto spinto il territorio a fare delle riflessioni, perché non ce lo possiamo dire a giugno. 

Il progetto di Serie A è un progetto diverso che non va ad impattare sulla A2. Perché l'idea è quella di avere dei parametri, che dovrà avere anche Torino, che consentano una stabilità della Serie A migliore di quella avuta negli ultimi anni. Quindi vuol dire che quando arrivi in Serie A non ti basta arrivare primo, non ti basta arrivare secondo. Ma devi avere anche garanzie di sostenibilità del progetto per evitare che ricapiti quanto accaduto negli ultimi anni. Questo non vuol dire che non ci saranno promozioni dalla A2. Questa è una connessione che ha fatto qualcuno ma nessuno lo ha mai detto. Il blocco delle retrocessioni sapete bene che il presidente Petrucci non lo vuole, nessuno di noi lo vuole. Se ci saranno 17/18 squadre che avranno queste obiettivo, se la lega andrà in quella direzione lì, nessun problema. Però non ci dimentichiamo che sei mesi fa le prime dodici squadre di A2 hanno rifiutato di andare in Serie A. L'unica che ci voleva andare non ce l'hanno fatta andare. Bisogna essere anche realisti. 

"Qualche timido segnale c'è stato, ma non vuol dire che abbiamo una soluzione. Speriamo di proseguire in questa direzione. Segnali? Locali. Il problema è che se Torino vuole avere una squadra di Serie A deve avere un qualcuno della zona. Non dico della città, nemmeno della regione. Ma qualcuno che si senta suo il progetto come io lo faccio a Sassari. Perché sennò, se è soltanto business, domani mattina il turco ma anche un milanese compra un progetto in una città diversa, se attecchisce meglio a Firenze lo porta a Firenze. Credo che nella nostra idea iniziale ci fosse ben altro. Ed è quello che ancora cerco di portare avanti. 

"Licenze. Non è un tema di blocco. La stessa cosa avviene in Spagna e nella pallavolo. Non c'è niente di nuovo. C'è soltanto la richiesta di garanzie di chi sale, che abbia i mezzi per andare avanti. Anche perché la Serie A si è ritrovata in discreto imbarazzo, paura, riflessione lo scorso anno quando le prime 12 hanno detto di no. La Serie A2 fatta a certi livelli non è la Serie A. Banalmente in A2 siamo dilettanti, in A professionisti. Cosa vuol dire? Che uno stipendio ha un costo che è pari al doppio. Oggi richiederemo che ogni Serie A abbia un responsabile marketing, un responsabile del settore giovanile, un responsabile dell'attività sportiva. Una struttura. Ed è quello che stiamo studiando in Lega in questo periodo.

"Io ho sempre promesso ai tifosi che non li avrei presi in giro. Se oggi c'è un tassello mancante, io glielo devo dire. Non arrivo a giugno a dire: "Sapete che c'è? C'è da fare una Serie A ed io non la posso fare. Allora preferisco dirlo oggi. Credo che l'esperienza negativa dell'ultima volta abbia inciso nella testa di tante persone, tanti imprenditori. Poi è vero che Torino di oggi non è la Torino di un anno e mezzo fa. E poi è arrivato anche il Covid. Quindi penso ci siano una serie di ragioni. Però il problema resta. Posso anche fare un altro anno, o due, in Serie A2 ma se sale in A cosa facciamo? Io per professione faccio l'assicuratore, so che queste cose succedono. E allora non possiamo farci trovare impreparati perché sarebbe una beffa. 

"Se la squadra non sale in Serie A, certamente non smontiamo quanto fatto. È fuori discussione. Sarò un sognatore, ma ho la sensazione che in questa stagione la squadra possa andare in Serie A. Ed è per quello che sono preoccupato. Perché è una cosa completamente diversa. In A2 l'anno prossimo la squadra c'è. Il problema è se va in Serie A. 

"Il socio turco ha fatto un passo avanti importantissimo, perché quando ha preso il 50% ci ha anche detto un'altra cosa importante. Se per caso si va in Serie A, il problema lo risolviamo noi e prendiamo il 100%. Fatemi dire... Però non ce l'abbiamo più qua a Torino. Il turco, come l'americano, il tedesco e chiunque altro lo fa per business. E questo non è garanzia che domani non ci sia un territorio di business diverso. Mi spiacerebbe se tra tre anni la squadra di Torino fosse ad esempio a Firenze. Per questo serve una base locale, per garantire il legame con il territorio".

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