Marco Crespi: «Messina e Obradovic? Non funziona più il modello autoritario»
Marco Crespi ha parlato a Tutti i Convocati e tra gli argomenti trattati ci sono Quinn Ellis e Saliou Niang, che usciti proprio da Trento si sono affrontati nel derby tra Milano e Bologna domenica. «Sono belli per quello che possono fare atleticamente e per ciò che aggiungono ogni giorno dal punto di vista tecnico. Sono belli anche perché hanno curiosità, voglia di inserire qualcosa di nuovo nel loro gioco. Ieri ho letto le pagelle e, secondo me, a volte raccontano poco: si dice “Ellis tre palle perse, uno su cinque al tiro, ha giocato male”. Io non sono d’accordo. Ha fatto viaggiare Milano. Credo siano due giocatori che, anche per chi si avvicina al basket, risultano piacevoli da vedere: l’eleganza unita all’atletismo è qualcosa che dà gusto», ha detto Crespi, come trascritto da realolimpiamilano.
Crespi ha anche parlato della nuova filosofia degli allenatori
«La parola empatia è spesso una “parola di plastica”: la uso anch’io quando parlo nelle aziende o all’università, ma in sé non significa nulla. Capisco però cosa intendi e provo a fare un’analisi legata alle tendenze attuali del gioco. Un capo allenatore oggi deve dare un’organizzazione difensiva semplice, in cui ognuno si senta parte del progetto. Deve esserci un’area di sviluppo individuale molto forte, perché i giocatori devono essere pronti, con le loro qualità, a interpretare un gioco sempre più veloce. In attacco servono poche situazioni chiare, in cui si arriva e si gioca.
Se il messaggio è semplice e viene recepito come qualcosa che porta al successo – che può voler dire vincere una partita, guadagnare di più l’anno dopo o arrivare in NBA – allora diventi empatico. Ma servono contenuti, perché il giocatore ti studia. Se fai solo il “paraculo”, lui se ne accorge e capisce che stai solo cercando di conquistare la sua attenzione».
Infine un commento su Messina e Obradovic
«Non funziona più il modello autoritario: oggi contano le motivazioni. Con tutta l’ammirazione che ho per Ettore Messina, che ha avuto anche uno stile diverso rispetto a Obradović – basti pensare alla lettera che ha scritto – parliamo di punti di contatto tra personalità di altissima qualità ma molto diverse. Credo però che nella vita ci siano dei momenti: anche dopo aver vinto tutto, si può decidere di smettere di allenare».