Italia - Edoardo Casalone "Non sono la coperta di Linus di Pozzecco"
Dopo la lunga collaborazione alla Dinamo Sassari, il percorso che vede Edoardo Casalone essere l'alter ego come secondo coach in Nazionale a Gianmarco Pozzecco prosegue, e con grande soddisfazione per la coppia. L'intervista al Corriere dello Sport.
In principio a Sassari. "Mi aveva chiamato Esposito, era la stagione 20182019, per essere il suo assistente a Sassari. A metà stagione Enzo ha rassegnato le dimissioni ed è arrivato quel ciclone del Poz. Ricordo che la prima volta che ci siamo parlati è stato a cena, dopo la sua presentazione. Dovevamo partire per le Final Four di Coppa Italia a Firenze. Ci siamo "annusati" e piaciuti. Un periodo di assestamento ed è scoppiato il feeling che ci lega."
E ora la Nazionale. "Quando è arrivata la telefonata ho detto sì, come avrebbe fatto chiunque. Poi, una volta messa giù la cornetta, mi sono detto: "E' uno scherzo". Fino a quando non ho letto il comunicato ufficiale ho fatto fatica a crederci: io in Nazionale, un sogno."
Coperta di Linus per Pozzecco? "No, anche senza di me sarebbe sempre lo stesso. Io sono consapevole del mio ruolo e cerco di dare ciò che mi viene chiesto. Diciamo che più che la coperta di Linus, che serve a rassicurare, sono la sua estensione, qualcosa di complementare."
Perché allenatore? "Ero ragazzino, a Casale. La Junior era un laboratorio in espansione dove si crescevano giovani talenti. Ero scarso, inutile negarlo, così già a 12 anni mi indirizzai sull'allenare. Facevo l'assistente ai gruppi di minibasket. Formavano, in quel club, anche gli allenatori. Passo dopo passo hanno deciso di puntare su di me."
La prima volta da capoallenatore. "Si, certo, la prima espulsione di Pozzecco. Era il primo anno, giocavamo in casa contro Brescia. Faticavamo, eravamo sotto, aveva già preso tecnico. Protesta ed arriva il secondo. L'arbitro alza i due pugni e lo caccia. Resto, paralizzato in panchina. "Tocca a te" mi dice il dirigente accompagnatore che mi è seduto accanto. In fretta la mente si snebbia, prendo in mano la squadra e vinciamo."
E poi le altre volte, nove su nove. "Otto con la Dinamo, la nona con la vittoria fantastica agli Europei contro la Serbia di questa estate. In questo caso l'emozione è stata la stessa della prima volta, le responsabilità invece gigantesche. Ho affrontato la cosa con senso di responsabilità e i ragazzi in campo mi hanno aiutato. Una vittoria storica. Mi ricordo i complimenti di Pesic, un santone, al suono della sirena."
Guidare il timeout al posto del Poz. "A parte il fatto che io ho la barba e lui no, nessuno ci ha mai confusi e mi ha chiamato signor Pozzecco. Si offenderebbe lui e soprattutto sua moglie Tania. A parte gli scherzi, i ruoli sono ben definiti. La gerarchia è chiara: c'è un capo allenatore e uno staff che deve portare il suo contributo."
Europei, il timeout con la Francia. "Ho parlato io, ma solo per confermare che avremmo giocato un'azione pensata da Poz in allenamento e che è anche riuscita. Con Fontecchio abbiamo preso un tiro da un metro e mezzo che è ballato sul ferro ed è uscito: una disdetta."