CBA - L'impatto con la Cina e i souvenir milanesi di Simone Pianigiani

CBA - L'impatto con la Cina e i souvenir milanesi di Simone Pianigiani
© foto di EuroLeague.net

Simone Pianigiani ha cambiato continente e ora allena i Beijing Ducks in Cina. "Non ho mai cercato una panchina ma un'esperienza. Qualcosa che mi dia energia. Che mi intrighi, un lavoro totalizzante". 

Così nell'intervista a La Gazzetta dello Sport. "Cosa posso volere di più, dopo quello che ho vissuto a Siena, dove sono nato, cresciuto dai titoli giovanili alle Final Four di Eurolega, per arrivare alla Nazionale? 

Difficile rivivere emozioni così forti. Queste città sono posti magici. Ne deve valere la pena per andare il palestra tutti igiorni. Ci vuole il desiderio di esserci. Altrimenti sarei restato a casa a fare clinic, speech, qualche consulenza".

Impatto con la Cina e la realtà della CBA. "Positivo. Dal punto di vista cestistico inusuale perché per la prima volta sono subentrato a stagione iniziata. E sono entrato direttamente nella bolla di Zhuji, giocando ogni 48 ore. 

Uffici, club, palestre, tutto è a livello Nba. La squadra, partito Jeremy Lin, si deve completare. Ci sono Jonathan Gibson, ex Brindisi, eJustin Hamilton, ex Nba. L'organizzazione è perfetta. Vedo quello che succede in Europa, partite rinviate, squadre decimate. Qui è un altro mondo".

Lingua. "L'interprete è indispensabile. In squadra i giovani capiscono l'inglese, team manager e il d.s. sono americani. Con certi arbitri ci vuole l'interprete che è un allenatore che è stato a Ohio State. Per ora non c'è tempo per studiare il cinese. La scrittura è impossibile, ma magari più avanti si può provare con la lingua parlata. Certi suoni comincio a capirli".

Cosa rimane dell'esperienza all'Olimpia. Sono molto sereno. Il progetto era in crescita. Fino all'intervallo dell'ultima partita di stagione regolare eravamo ai playoff di Eurolega. In campionato siamo stati imbattuti fino a fine dicembre. Gli infortuni ci hanno messo in difficoltà nei playoff. Poi ci sta che nello sport si cambi. La soddisfazione, guardando indietro, non viene dai trofei ma dal fatto che chi mi ha scelto, alla fine del secondo anno, mi ha sempre proposto il prolungamento del contratto. A Gerusalemme e a Milano. Poi è cambiata la società ed è normale fare altre scelte".