Coppa Italia delle sorprese: ma se Avellino e Milano rinunciano alle loro certezze...

17.02.2018 10:30 di  Umberto De Santis  Twitter:    vedi letture
Coppa Italia delle sorprese: ma se Avellino e Milano rinunciano alle loro certezze...

Fuochi d'artificio intorno al Mandela Forum di Firenze per questa edizione poco brackettizzabile per i malati del genere. Avellino che cede a Cremona, Venezia alla Fiat Torino, l'Olimpia Milano alla incerottata Cantù. Purtroppo l'uscita di Alessandro Gentile nel corso di Brescia-Bologna, senza togliere nulla ai meriti della Leonessa, ha gettato un'ipoteca sul match che Diana non poteva fare a meno di riscuotere. La cosa che colpisce, dopo aver ascoltato le ragioni dei vari allenatori, è come le elucubrazioni mentali su come preparare una gara dentro/fuori come un quarto di Final Eight possano far snaturare idee e comportamenti tenuti a lungo nell'arco della stagione.

Mancanza di fiducia in sè stessi o nei propri giocatori? Marco Sodini ha detto che nell'emergenza poteva solo contare al 1000% sui suoi uomini e lo ha ottenuto da tutti compresi i rincalzi Parrillo e Maspero. Al contrario Simone Pianigiani è rimasto ingabbiato nelle sue indecisioni tattiche, ha regalato Tarczewski - forse l'unico giocatore dominante che la Red October non avrebbe potuto contrastare efficacemente nemmeno al completo - alla tribuna, ha rincorso i brianzoli sul loro terreno ammettendo candidamente poi che i suoi non avevano mai provato a giocare lo "small ball". E la difesa, che è stata a lungo il suo marchio di fabbrica a Siena come in Nazionale, un optional sempre scartato con le guardie milanesi trafitte come il burro dai coltelli caldi di Jaime Smith e David Cournooh.

Similmente incerto il comportamento di Pino Sacripanti: l'uso delle rotazioni - anche per l'usura evidente di Fesenko che non deve giocare più di 20-22 minuti a gara - è diventato per una sera un optional. Come ha visto che il piano partita non funzionava, il coach irpino ha spremuto il quintetto base: 42' per Rich, 38' per Leunen, 37' con 24' in fila per Filloy, 34' Fesenko. E i panchinari, che messi insieme hanno totalizzato appena 5' in più del solo Rich - e con il supplementare a regalare altri minuti in campo - quasi messi alla gogna al primo errore.

De Raffaele è rimasto troppo tempo attonito vedendo il primo quarto: se era legittimo aspettare una reazione dai suoi preferiti, non avrebbe dovuto chiudere il primo quarto senza giocare subito la carta Ress. Aver vissuto i tre periodi rimanenti con la sconfitta stampata sui visi, poi, non ha certo aiutato. Certo non era facile sapere prima che Galbiati avrebbe costruito il suo castello intorno alla novità Boungou Colo, al ritorno in spolvero di Deron Washington, alla sostanza di Garrett, ma una certa sufficienza in sede di preparazione del match si può imputare allo staff tecnico della Reyer.

Andiamo verso il finale di stagione e sempre più ogni allenatore si appiglierà alle proprie certezze sugli uomini da mandare in campo. Rotazioni più corte in arrivo pensando di mantenere un livello alto con più minuti al quintetto base. Qualche volta la formula funziona, ma la maggior parte delle volte il tecnico vincente se la cava su un exploit a sorpresa, quello perdente all'inopinata assenza di un big. Ma allora, dopo aver costruito le proprie certezze per tutta la stagione su un roster ben più ampio, perché non crederci fino in fondo?