Basket e informazione - Noi che il bollito lo ordiniamo al ristorante

06.01.2023 13:00 di Umberto De Santis Twitter:    vedi letture
Basket e informazione - Noi che il bollito lo ordiniamo al ristorante

La parola più usata e/o abusata degli ultimi mesi nella pallacanestro da parte degli allenatori è la "continuità". Per il fatto che non c'è, che non è a disposizione. E le cause sono tante. Roster in perenne rinnovamento non solo anno dopo anno grazie a un mercato di fatto sempre attivo, per esempio. Giocatori sempre più cagionevoli di salute a causa dell'intensificarsi di partite e malanni vari, cui negli ultimi due anni si è aggiunto il Covid e una certa sua imprevedibilità ancora non molto ben compresa a livello sanitario di recupero. Giocatori che, a torto o ragione, nell'evoluzione del gioco e del costume ritengono di aver più voce in capitolo. Stampa complice delle nuove forme di fruizione dell'informazione e della comunicazione che si fanno sempre più sensazionalistiche e in cui le accuse di ricerca di "click facili" avvicinano il giornalismo sportivo sempre più ai giornali scandalistici che alla compassata disamina tecnica dei tempi che furono e non ci saranno più. Calendario sempre più intasato, che non permette il recupero tra un match e l'altro e nemmeno una adeguata preparazione tecnico/tattica sia riflessiva su quello giocato che preparatoria su quello a venire. Per finire lo scarso interesse di chi sarebbe preposto a tirare su la nuova generazione di atleti, che sempre più devono essere già "pronti all'uso" alla chiamata di club che non hanno più il tempo per formarli nè per correggerne i difetti.

Così allenatori abituati a vincere filotti di partite nei decenni passati, si trovano oggi a dover gestire up and down non solo all'interno della singola gara, ma anche in blocchi di partite all'interno di un calendario. L'Olimpia Milano ne è un esempio. La qualità dei giocatori che lo compongono è una garanzia, il tempo per amalgamarli non c'è stato, la condizione fisica non è omogenea tra i reduci dagli Europei e gli altri, gli infortuni hanno pesato e non sono affatto preventivabili. E il basket è uno sport in cui la coperta è sempre corta da una parte. Certo Messina poteva pensarci meglio e prima all'eventualità di rimanere senza un playmaker di ruolo (Pangos), cui ha chiesto di giocare una pallacanestro secondo dei dettami esattamente opposti a quelli di Pascual che l'avevano reso grande. E che, senza forse, è stato azzardato puntare su Hines e Datome come prime opzioni visto che l'età avanza, non c'è nulla da vergognarsi ad ammetterlo e non inficia la carriera precedente. Alla Segafredo Arena, per esempio, si è certificato che un Belinelli in ottima forma è sempre un giocatore decisivo (vedi Fenerbahçe) ma che non è più in grado di giocare due gare di fila ravvicinate ad altissimo livello come il confronto con Milano avrebbe richiesto. Il basket fatto di certezze assolute e di quintetti inamovibili su cui discettavamo nel secolo scorso non esiste più.