Olimpia Milano, Devin Booker: «Con Nebo una combinazione che mi piace molto»

È sempre stata una questione di famiglia. Fin dal primo giorno. Devin Booker ha iniziato a giocare a basket perché il fratello maggiore, Trevor, era bravo ed era un grande prospetto. E lui sperava di ricalcarne le orme. E ora continua a giocare perché ad ispirarlo è la famiglia, i suoi quattro figli, tra cui un maschio che osserva ogni sua mossa, ogni suo respiro, per così dire. “Mio fratello Trevor ha giocato nella NBA per otto anni. Mia madre giocava a basket. Ho iniziato quando ero piccolo imitando mio fratello e la passione che aveva per questo sport. In un certo senso ho seguito il suo esempio, ho fatto di lui il mio modello. Lui ha avuto una grande carriera, e io ho cercato di avvicinarmi a lui.” Ma ora che ha 34 anni, vuole essere lui un modello per i suoi figli. “Ne ho quattro mi studiano ogni giorno, guardano tutto quello che faccio. Ho tre bambine e un maschio. E lui osserva ogni mio passo. E coglie tutto. Anche quando penso che non stia guardando o prestando attenzione, in realtà lui è lì che guarda. Torno a casa e lui menziona cose che sono successe, e io penso, ok, non sapevo che stesse guardando. La mia passione per il basket è parte di me, ma è la mia famiglia che mi fa andare avanti”.
Devin Booker viene dal South Carolina e vi è rimasto anche per giocare a livello universitario, a Clemson. E Trevor è stato al suo fianco sia al liceo che a Clemson. “Giocare con lui è stato speciale. La prima volta è capitato al liceo. Lui era all’ultimo anno. Io al primo. Tutto è iniziato allora. E poi abbiamo ripetuto l’esperimento al college. È stata un’esperienza eccezionale, di per sé stessa. Lui ha aperto la strada e io ho seguito le sue orme. Quindi, poter condividere il campo con lui in un certo senso, in certi momenti, è stato unico. Sono stati ricordi che conserverò per sempre.”
A Clemson, Trevor Booker era la grande stella della squadra. Era un’ala forte, leggermente più piccolo e leggero del fratello minore. Durante la stagione 2009/10, Clemson guadagnò un posto nel torneo NCAA. Trevor aveva una media di 15.3 punti e 8.4 rimbalzi a partita; Devin entrava dalla panchina. Era un rookie promettente, 4.5 punti e 2.9 rimbalzi a partita, un assaggio del giocatore che sarebbe diventato. I suoi numeri vennero migliorati anno dopo anno. Nell’arco di quattro stagioni trascorse a Clemson, le sue squadre si sono qualificate per il torneo NCAA tre volte. Tuttavia, non sono mai riuscite a superare il primo turno. Un risultato agrodolce. “Certo, ci sarebbe piaciuto arrivare più lontano di quanto abbiamo fatto. Ma è stata anche un’esperienza, a prescindere. Non direi di esserne orgoglioso, ma molte squadre non riescono neppure ad arrivare al torneo NCAA, e noi ce l’abbiamo fatta tre volte. Ma ovviamente ci sarebbe piaciuto andare oltre. Penso che chiunque al nostro posto l’avrebbe voluto. È stato un peccato non esserci riusciti. Ma abbiamo tutti impariamo da queste esperienze.”
Mentre Trevor trovava il suo spazio nella NBA – è stato una prima scelta al draft e alla fine ha giocato cinque stagioni con Washington, altre due con Utah per chiudere nella stagione 2017/18 con Philadelphia, Brooklyn e Indiana -, Devin andò all’estero, in Francia. “È stato un po’ uno shock culturale per me. Il mio primo anno ero a Nancy. Ma non funzionò nulla e allora trovammo un accordo per vedere se in un’altra squadra avrei trovato il mio spazio. Così, quasi a metà stagione, mi sono trasferito al Bourg. Lì abbiamo vinto il campionato di Pro B. Direi che all’inizio è stata un po’ dura, ma quell’esperienza mi ha portato a vincere un campionato e a passare alla Pro A. Credo che la mia carriera sia iniziata lì.”
Devin Booker sulla sua evoluzione
Booker ha trascorso una seconda stagione al Bourg-et-Bresse e poi si è trasferito a Chalon, dove ha avuto 15.1 punti e 7.6 rimbalzi di media a partita. E venne nominato MVP del campionato francese. “I miei tre anni in Francia mi hanno aiutato a diventare quello che sono oggi. Quando mi sono trasferito in Germania e in EuroLeague, non è stato affatto difficile adattarmi a quel livello. Mi sentivo pronto da tempo, da molto prima di esordire in EuroLeague. Ero stato MVP del campionato francese già prima di andare a Monaco. Questo dimostra che ho sempre avuto le caratteristiche e le capacità che servono per giocare in EuroLeague. Ci sono solo arrivato un po’ più tardi del previsto. Ma quando ho avuto la mia occasione, ho mostrato cosa fossi in grado di fare anche in EuroLeague e da allora non ho più smesso”.
Booker ha giocato tre stagioni per il Bayern, è passato al Khimki e da allora è praticamente un giocatore di EuroLeague. Ha giocato al Fenerbahce e poi è tornato al Bayern. “Per giocare in EuroLeague serve soprattutto una mentalità forte. Credo che molti possano sopportarne la fisicità, ma ci vuole una forte tenuta mentale per resistere così a lungo all’estero. Soprattutto se sei americano. Sei lontano dalla famiglia, dagli amici, dalle persone con cui eri abituato a stare ogni giorno, devi lasciarle dietro di te. Quindi, ci vuole tanta solidità mentale. Ma io ho la mia famiglia: mia moglie e i miei figli sono qui con me. Penso che questo mi aiuti enormemente.”
Oltre alla mentalità, Booker ha anche sviluppato il suo gioco. Tutti conoscono la sua fisicità, ma con il tempo è diventato anche un tiratore, come ha dimostrato la scorsa stagione. “So cosa posso fare, e credo che tutto sia iniziato a Chalon quando ho iniziato a tirare un po’ di più da tre. A Monaco l’ho fatto più che altrove. Ma riconosco che lungo il percorso ho avuto allenatori che mi hanno dato la fiducia necessaria per tirare da tre. Quindi, direi che giocare con la squadra giusta, avere gli allenatori e i compagni giusti, mi ha aiutato a costruire la fiducia necessaria per lavorare davvero su questo aspetto. E oggi lo vedono tutti”. Nella scorsa stagione, ha convertito il 38.9% dei suoi tiri da tre, con quasi tre tentativi a partita, tanti per un centro.
Ora è a Milano. “Sono venuto con la mente sgombra, sapendo che tutto è possibile. Certo, darò il massimo e farò quello che posso in campo per aiutare questa squadra, dandole tutto me stesso. Poi vedremo cosa succederà. Non mi piace avere aspettative su me stesso o sulla squadra, ma so cosa sono capace di fare e ho intenzione di farlo. La combinazione con Josh Nebo mi piace molto. Mi piace giocare con altri lunghi. Posso andare in campo e giocare libero. Occupare entrambi i ruoli, 4 e 5. È sempre intrigante avere un altro lungo di ruolo accanto. È un’opportunità che ho già avuto con Jan Vesely al Fenerbahce. È utile giocare con qualcuno che ha la mia stessa fisicità. Josh ce l’ha sicuramente; sarà interessante giocare con lui”.
E quando avranno bisogno di un consiglio, potranno sempre rivolgersi a Bryant Dunston. “È fantastico averlo in squadra. È una leggenda. Gioca da molto più tempo di me. Posso solo immaginare quanta saggezza abbia e quanto possa aiutare i giocatori più giovani, me compreso. Alla sua età, è ancora in grado di fare le stesse cose che faceva anni fa. È un modello da seguire.”