NBA - Pelicans, Nicolò Melli racconta vita e allenamenti nella bolla di Orlando

NBA - Pelicans, Nicolò Melli racconta vita e allenamenti nella bolla di Orlando

 Nicoò Melli, che tiene un diario della sua avventura americana sul proprio profilo Instagram, racconta dettagli e curiosità della stranissima vita nella bolla di Disney World ad Orlando, tra tamponi ogni 24 ore, la totale assenza di contatti sociali nei primi due giorni, mascherine e allenamenti.

Mascherine sempre indosso tranne quando ci alleniamo, distanze da rispettare, tamponi ogni 24 ore, controlli all’ingresso di ogni locale, svariati chip per tenere monitorato lo stato di salute. Da sei giorni è la nostra routine nella ‘bolla’ di Disney World a Orlando, dove la Nba chiuderà la stagione con i 22 team ancora in corsa per i playoff. Per consentirci di giocare con la massima sicurezza anche in tempi di coronavirus, la lega non trascura il minimo dettaglio.

Eravamo preparati a una vita diversa. A cominciare dal viaggio per raggiungere la Florida: in aeroporto a New Orleans siamo arrivati con un bus e non con le nostre auto, sul volo non c’era cibo, le valigie le abbiamo trovate a destinazione già sanificate, sui mezzi di trasporto i posti sono stati ‘segnati’ per rispettare il distanziamento, compresi quelli sui pullman con Topolino e Pluto che ci hanno accolto a Orlando.

Qui, dopo un rapido riassunto sulle regole da rispettare, siamo stati immediatamente sottoposti ad un primo tampone e spediti in camera, in attesa del secondo che entro 36 ore, in caso di negatività, ha stabilito chi fosse libero o meno dalla quarantena. E’ stato l’unico contatto sociale nei primi due giorni: gli addetti che mi hanno sottoposto al test, dopo avermi fatto sistemare la sedia sull’uscio della stanza, ho potuto vederli. Non ho visto, invece, chi mi ha servito il cibo in camera, perché l’ha lasciato davanti alla porta invitandomi ad aspettare qualche minuto prima di ritirarlo.

Il felice esito di questa fase iniziale è il pass che certifica la negatività al virus e permette di girare nella ‘bolla’. E’ dotato di un chip che traccia la posizione. Non è l’unico congegno elettronico che abbiamo addosso: al polso portiamo un braccialetto identificativo, che serve per superare i detector degli ingressi oltre che per i pagamenti contactless e per aprire la porta della propria camera, mentre chi vuole può indossare un anello che rileva valori fisici indicativi. Intorno a noi ci sono addetti col volto protetto da mascherine a scudo trasparente e quantità smisurate di disinfettante per le mani: al di là di tutto questo, bisognerà anche giocare a pallacanestro.