Milano e Bob McAdoo

Fonte: Ufficio stampa EA7 Olimpia Milano
Milano e Bob McAdoo

Nessun giocatore del campionato italiano poteva essere considerato più importante e popolare di Bob McAdoo quando arrivò in Italia. Non era solo una questione di un folgorante passato nella NBA. McAdoo a differenza di altre stelle americane era perfettamente noto agli appassionati italiani, per il nome ma anche per la recente milizia nei Los Angeles Lakers in un periodo in cui le partite NBA erano visibili anche sulla tv italiana ma riguardavano sempre e solo le “big” della Lega. McAdoo era una stella vera, aveva giocato per Dean Smith a North Carolina, era stato scelto con il numero 2 dei draft NBA e si era imposto subito come una star, tre volte capocannoniere della lega, cinque volte All-Star e nel 1975 addirittura Mvp per i Buffalo Braves. Giocò anche per i Knicks e per i Celtics ma erano anni difficili e lui maturò la fama di giocatore di talento, un realizzatore ma egoista, una star ma solo in squadre perdenti.

La sua carriera sterzò verso la fine quando Pat Riley gli propose di garantire punti istantanei uscendo dalla panchina dei Lakers. McAdoo, utilizzato virtualmente da sesto uomo,  vinse due titoli nel 1982 e nel 1985, mostrando il suo volto di giocatore vincente, anche generoso. Fu quello il giocatore che convinse Dan Peterson a scommettere su di lui. Quando lasciò i Lakers, McAdoo giocò brevemente a Philadelphia ma nell’estate del 1986 era pronto per sbarcare in Italia. L’Olimpia non ascoltò nessuno. Aveva 35 anni, poteva essere demotivato  ma Peterson si fidò del suo istinto. E lo firmò. Alla prova dei fatti l’evoluzione di McAdoo somigliò tantissimo a quella che prima di lui ebbe Joe Barry Carroll solo che JB era a metà carriera e restò a  Milano un anno salvo tornare in America e non vivere mai più certe sensazioni. McAdoo restò quattro anni, fece il Grande Slam al primo colpo, vinse la Coppa dei Campioni anche al secondo e un secondo scudetto al terzo. Si trovò talmente bene in Italia che nel 1990, finito il ciclo dell’Olimpia di D’Antoni e Meneghin rimase per giocare a Forlì dove conobbe la moglie Patrizia e infine anche due gare a Fabriano.
A renderlo indimenticabile non furono solo le vittorie o le cifre straordinarie (27.3 punti di media nel campionato italiano su 199 gare disputate, a Milano ne fece 28.1 per gara nel 1987/88), il tiro dalla media (nel 1988, 60.3% su oltre 17 tentativi da due per partita), la classe, i rimbalzi (10.2 nel primo anno milanese) ma anche le piccole cose che dimostrarono la sua generosità. La stoppata con la quale a Ginevra nel 1987 preservò la vittoria della finale europea con il Maccabi o il leggendario tuffo di Livorno, su Tonut in gara 5 della finale scudetto del 1989. Nato a Greensboro nel North Carolina nel 1951 (25 settembre), McAdoo ha giocato quattro anni nell’Olimpia vestendo la maglia numero 15 quando nella NBA aveva sempre indossato la 11 tranne a New York (21). Finita la carriera di giocatore, ha intrapreso quella di allenatore, nello staff tecnico dei Miami Heat con i quali ha vinto il titolo NBA del 2006 (capo Pat Riley) e nel 2012.