L'ultima frontiera del basketball: il tiro da 4 punti

26.12.2018 00:14 di  Umberto De Santis  Twitter:    vedi letture
L'ultima frontiera del basketball: il tiro da 4 punti

Per Naismith era già un problema immaginare di arrivare sotto canestro per mettere la palla nel cesto. Chissà come sarebbe orgoglioso nel vedere che oggi si discute dell'istituzionalizzazione del tiro da quattro punti, l'ultima frontiera che allargherebbe il campo come non mai nella storia ultracentenaria del basketball!

E' un'idea silente che si sta facendo avanti da qualche anno. Le doti atletiche dei giocatori sono aumentate così tanto che è normale vedere durante una partita canestri da tre segnati da 8 o 9 metri. Tutti i ragazzi si allenano per poter tirare dall'arco, e i pivot che si sono convertiti come Brook Lopez sono sempre meno exploit. Nel 2016 un report di Charles Bethea del The New Yorker (qui) ha esaminato pro e contro della novità e ha raccolto pareri favorevoli da gente come Larry Bird, Antoine Walker, Kyle Korver ma anche contrari come quelli di Steve Kerr e Reggie Miller.

In Italia Walter Fuochi per La Repubblica (qui) ha descritto così il tiro da 4 punti più famoso: "Lo infilò Sasha Danilovic, campione serbo, all'epoca 28enne. Non esiste, nel basket, un tiro da 4 punti, ma tanti ce ne volevano per ribaltare esiti che parevano già scritti. Sotto di 4 punti, per far pareggiare alla Virtus quella quinta partita di finale, portarla al supplementare e vincerla lì, Danilovic godette pure di una involontaria complicità, quando s'alzò dai 7 metri, sull'arco, a 16 secondi dalla fine. Lo sfiorò e commise fallo Dominique Wilkins, l'asso in maglia Fortitudo. La palla entrò, fu assegnato il tiro libero aggiuntivo (dall'arbitro Zancanella, che i tifosi fortitudini includono ancora, vent'anni dopo, fra i complici della sventurata impresa). Danilovic lo realizzò. 72 pari."

E adesso? Arriverà la nuova regola nel giro di qualche anno? Torneranno a parlare i profeti di sventura che all'introduzione del tiro da 3 avevano pontificato sulla "morte del basket?" La considerazione più seria che possiamo fare è che oggettivamente nessuno può più pensare di difendere schierandosi a inizio azione avversaria appena al di fuori della lunetta e praticare una zona da campetto più o meno sofisticata. Il portatore di palla dovrà essere sempre più marcato fin dall'inizio dell'azione - visto che Curry ha dimostrato la facilità con cui realizza da oltre nove metri. Un fenomeno unico per ora, ma che inevitabilmente andrà incontro a tante imitazioni e quindi possiamo pensare che nei prossimi dieci anni ne nasceranno molte.

Già da qualche anno Adam Silver ha sul suo tavolo un dossier sull'argomento. Qualche battuta spiritosa nelle presentazioni degli All Star Game ne ha fatto comprendere l'esistenza e le regole introdotte quest'anno hanno aumentato i punteggi (qui). Anzi l'allungamento delle marcature oltre la metà campo aprirebbe spazi ulteriori agli uno-contro-uno in grande velocità. Guardando in casa nostra possiamo solo vedere che non ci sono grandi novità. Ci sarebbe bisogno di accorciare i tempi nel settore giovanile per selezionare prospetti più fisici e con visione di gioco anticipando i tempi della loro preparazione tecnica. Il tempo del gioco alternativo alla pallacanestro nel minibasket è finito. Abbiamo bisogno di tredicenni che se non il fisico dei figli di James, O'Neal o Bol ne pareggino almeno l'aspetto tecnico. Almeno tre generazioni di formatori delle giovanili da buttare in discarica o rieducare!