Nazionale azzurra specchio del suo tempo: cosa c'è da stupirsi?

12.09.2019 00:07 di  Umberto De Santis  Twitter:    vedi letture
Nazionale azzurra specchio del suo tempo: cosa c'è da stupirsi?

L'Italia è andata ai Mondiali in Cina per difendere quel minimo salariale che la FIBA le aveva concesso nello scorso giugno eliminando le wild card per il Preolimpico 2020 (quelle che costarono la rinuncia al Premondiale 2014, quello dell'asta milionaria) in favore delle migliori posizioni nel ranking mondiale. E lo ha fatto nel migliore dei modi, cioè superando il primo turno. Onestamente, un mese fa c'era qualcuno che sognava più in grande?

Lo stupore è che, confermandosi la Nazionale essere squadra di mezza grandezza come lo è stata negli ultimi dieci anni, siamo arrivati a giocare un possibile passaggio al terzo turno nell'incredulità generale. E adesso, dopo la partita con la Spagna, critici che non avevano concesso un euro a Sacchetti & company si stracciano le vesti parlando di "sogno spezzato".

Con il dito puntato, poi...

Per fortuna e per l'onestà collettiva, la Spagna contro la Serbia ha dimostrato di non essere la "bollita" come era stata dipinta. Ha vinto; ma se avesse perso di uno o due punti nel finale non avrebbe cambiato le cose visto come ha giocato.

Potremmo stare qui a parlare delle scelte del coach: perché Vitali e non piuttosto Nico Mannion per sparigliare le carte e preparare un futuro. Perché Filloy e non Andrea Cinciarini, che ha più fisico ed esperienza di EuroLeague per provare a contenere Bogdanovic o Rubio. Per tacere di uno Stefano Tonut in luogo di Amedeo Della Valle. Potremmo anche chiederci perché siamo ancora senza un lungo di presenza intimidatoria in area visto che abbiamo campato per un decennio gratis su un certo Andrea Bargnani e poi, a parte il meritevole Cusin, più nulla. 

Potremmo.

E intanto che parliamo scorrono anche gli ultimi dieci anni in cui si è tanto parlato di programmazione, di rivoluzione nel settore giovanile, di basket nelle scuole. Si sono nominati santoni più o meno famosi che avrebbero fatto qui, quo, qua, qualcosa mentre assistiamo al fatto che il ricambio generazionale in corso in Spagna è migliore del nostro, che tramontata la Generacion Dorada l'Argentina ci sopravanza nel ranking grazie ai vari Campazzo e Laprovittola, che la Lituania e la Serbia continuano a sfornare talenti a raffica e messe insieme hanno meno abitanti della Lombardia!

Un giornalismo sciatto che cerca nel sensazionalismo della facile e gratuita protesta post-eventum un consenso mediatico che le tirature dei quotidiani cartacei non possono più offrirgli non aiuta. Un attacco a persone che comunque hanno saltato ferie, sudato lunghi allenamenti, recuperato da infortuni che si sarebbero potuti affrontare con maggiore calma e tempo non porta a niente. Questa Nazionale azzurra è specchio dei suoi tempi, di questo tempo, di tante piccole rivoluzioni. E' il tempo della Slovenia che vince gli Europei, ma non esiste nel ranking mondiale per le Olimpiadi. E' il tempo della Polonia, che si ritrova ai quarti di finale senza avere un giocatore nella NBA nel roster (e un cammino abbastanza facilitato dal sorteggio). E' il tempo della Repubblica Ceca, che ha dovuto attendere la crescita di Tomas Satoransky negli USA.

La verità è che siamo strutturalmente vecchi. Nella testa, nelle idee, nelle scelte quotidiane. Non ci rendiamo conto dell'evoluzione della pallacanestro giocata e vissuta e che l'approccio rivelatosi vincente trenta o quaranta anni fa non è al passo con i tempi. Che pensiamo all'orticello, che non abbiamo una visione. Con i giovani che devono rincorrere il posto di lavoro della stagione successiva ancor prima di aver cominciato quella dell'anno che va a iniziare: l'indice più evidente di mancanza di programmazione generale.

Non si riesce nemmeno a trovare un custode che apra la palestra a chi abbia voglia di allenarsi alle sei del mattino prima di andare a scuola!

In una intervista di oggi, il presidente federale Petrucci si difende affermando che la FIP "Dai club di Serie A in giù, investe nel complesso due milioni di euro per supportare chi punta sugli italiani. Sono pochi? Ne servono di più? Se ne può discutere, studiare il mondo di reperire risorse tutti assieme, ma non si può sostenere che la federazione basket non dia incentivi economici."

Messa in questi termini la questione, rimaniamo disorientati. C'è il quanto (due milioni), non c'è il come. Presidente, non possiamo aiutarla se non ci dice a chi, come e per cosa sono stati utilizzati due milioni di euro. Se distribuiti a pioggia a mille euro a palestra, o concentrati in stipendi per istruttori di alto grido e lignaggio. Dalla risposta completa e dettagliata si ricaverebbero due analisi completamente differenti.

Il limite più grande della pallacanestro giovanile sta proprio nella contraddizione di un movimento "vincente" a quel livello - e rivendicato come merito da Petrucci - e dal poco o nulla che ogni generazione di under esprime poi negli anni seguenti. Il modello viene esaltato alla fine della stagione stilando un ranking delle migliori società italiane a livello giovanile, ovviamente sempre in riferimento alle vittorie sul campo. Il messaggio che manda la Federazione qual è? Conta chi vince, non il prezzo da pagare. A ogni livello, anche a undici, dodici, tredici anni. Eppure da nessuna parte è scritto che chi è fenomeno a undici, dodici, tredici anni lo sarà per tutta la vita.

Occorre capire che la vittoria a qualsiasi costo oggi provoca una reazione a catena che uccide il movimento domani.