La cloaca dei social sportivi non è la versione moderna del Bar Sport

31.03.2024 23:30 di  Umberto De Santis  Twitter:    vedi letture
La cloaca dei social sportivi non è la versione moderna del Bar Sport

Uno dei luoghi comuni più utilizzati è quello di paragonare la sezione commenti che numerosi siti piuttosto che pagine social riservano ai propri utenti per inserire le loro opinioni sull'argomento trattato (e che fanno tanto traffico alterando il valore reale che ha la comunicazione offerta) a quella arena come sarebbe stata negli anni prima di internet il "Bar Sport" luogo di ritrovo di appassionati che si contendevano la copia della Gazzetta piuttosto che del Corriere dello Sport o di Tuttosport per leggere avidamente delle imprese che raramente avevano l'onore di un passaggio televisivo (anche di calcio), piuttosto che vedere fotografie sgranate sporcandosi le dita di inchiostro nero. Nel paese dove sono cresciuto in Toscana con le copie de La Nazione o de L'Unità, e in seguito anche dei primi quotidiani locali, si discuteva anche di politica: erano i famosi anni di piombo ma verbalmente nulla a che fare con la cattiveria e astiosità gratuite che si leggono nei forum odierni.

Il "Bar Sport" era un'altra cosa. Prima di tutto in un ambiente pubblico si era composti, e mai sguaiati anche alzando la voce: il barista aveva un carisma e faceva rispettare l'arena in cui si discuteva. Poi conoscevi i personaggi che stavano accanto a te. C'era la piccola gloria locale di quello sport di cui si discuteva e la sua opinione era molto importante. C'era quello che conosceva a memoria gli album della Panini o gli almanacchi dello sport che custodiva gelosamente a casa e non faceva leggere a nessuno. C'era quello che le sparava grosse, ma si conosceva e si rideva insieme. C'era quello che aveva fatto il militare e aveva coltivato qualche amicizia ben introdotta nel calcio o nella pallacanestro, che con ciclismo, tennis e automobilismo era gli sport più seguiti. E quello che aveva un parente a Milano o a Roma, e diceva di avere accesso a notizie di prima mano. E poi gli amici del campetto, con quello che riusciva a vedere rare immagini televisive o a sfogliare le riviste, e si cercava di riprodurre certi movimenti. Il mito era riuscire a fare un gancio-cielo a 180 centimetri di altezza...

Niente di tutto questo si ritrova oggi sulle piattaforme social. Anzi il peccato più grande è quello di mettere accanto a un commento il proprio nome e cognome. Se pensate di avere a che fare con gente intelligente, siete fuori come un balcone. Pensate che faranno una ricerca con il vostro nome per avere un'idea di chi siete, almeno sul web? Neanche a parlarne. Guarderanno giusto il titolo del vostro intervento e non leggeranno altro: si capisce da quello che scrivono: dieci volte su dieci non riflette il vostro contenuto. E soprattutto guarderanno di dove siete. Poiché le loro opinioni sono da ultras contrapposti su spalti immaginari ad altri ultras quello che avrete comunicato sarà ritenuto solo un inganno colossale. Il commento su un fischio arbitrale, poi, soltanto l'occasione per scambiarsi cazzotti verbali dove non c'è nulla da ridere.

La forma che oggi più ricorda il "Bar Sport" ritengo possa essere la trasmissione radiofonica "Tutti convocati" di Pardo. I protagonisti si conoscono e si rispettano, gli amici che intervengono sembrano quelli dei parenti lontani, c'è sempre un computer aperto per fornire dati aggiornati che viaggiano in secondi e non il giorno dopo come i fogli dei quotidiani d'un tempo. Una forma di comunicazione interpersonale che ha e riceve il rispetto degli utenti radiofonici e un seguito meritato, dove grazie al cielo le opinioni rimangono opinabili e non inquinate da una provenienza. Comprendo che in un mondo complesso si faccia fatica a tenere il controllo di quello che succede intorno a noi. Come un tempo, non è cambiato nulla se non l'informazione che per tanti è sempre troppa. E come un tempo è più facile mettersi a torso nudo su una balaustra, inveire contro l'avversario che ti sta davanti, ignorare la presenza di chiunque pensi di far rispettare la civile convivenza. E permettersi di ignorare la propria cattiveria e frustrazione.