Femminile tra figlie e figliastre, pasticci vari, rivoluzioni necessarie

Un pò di carne al fuoco non per il solo diritto della critica ma per capire chi ha davvero voglia di crescere e chi no
18.03.2023 15:47 di  Eduardo Lubrano  Twitter:    vedi letture
Femminile tra figlie e figliastre, pasticci vari, rivoluzioni necessarie

Il 15 marzo Piero Guerrini, uno dei più bravi giornalisti in circolazione, ha pubblicato su Tuttosport un’intervista a Matilde Villa. Ben fatto ed interessante dunque vale la pena di leggerla. Come? Basta fare click qui e si va sul sito della Lega Basket Femminile che giustamente e prontamente ha rilanciato l’intervista. Perché? Perché Matilde Villa è la faccia giovane, fresca e nuova della nostra pallacanestro, il futuro del basket rosa italiano. Ma ha delle colleghe con le quali gioca e si confronta. Alcune magari sono meno brave di lei ma hanno la stessa dignità. Per la LBF a maggior ragione ogni giocatrice dovrebbe avere la stessa dignità ed importanza di Matilde quando viene intervistata e dà così visibilità ad un movimento che non ne ha.

Ed invece guarda caso le 13 giocatrici di 13 squadre diverse che Pianeta Basket ha intervistato questo inverno – qui c’è Sara Toffolo ed alla fine dell’intervista ci sono i link alle altre giocatrici – non sono state nemmeno prese in considerazione dal sito della LBF. Eppure le hanno viste. Alcune storie mi sono state segnalate proprio dall’ufficio stampa della Lega. Dunque? Cos’è un sito ufficiale non può riprendere news o interviste da un altro quotidiano online? Bah…Il sito di una Lega dovrebbe essere di servizio prima che di informazione. Vuoi vedere che siccome a via Vitorchiano non leggono i siti perché non li considerano stampa nazionale, hanno emesso un decreto presidenziale per cui nulla si prende e si legge dal web? A costo di evitare anche un minimo processo di espansione della conoscenza.

Che poi minimo...: se un giorno volessimo confrontare i lettori dei quotidiani cartacei, la “stampa nazionale” con quelli di Pianeta Basket ci sarebbe molto da discutere. Comunque l’intervista a Matilde la trovate anche qui sul nostro sito, perché magari noi “rosichiamo” come si dice a Roma, ma cerchiamo la collaborazione.

Qualcuno sostiene che ai giornalisti spetta solo il diritto di critica, anche dura se serve. Naturalmente senza mai valicare il muro della correttezza e senza mai scendere in questioni personali (simpatie, antipatie, ricordi e via dicendo).

Se tutto questo avviene e la critica è fondata su preparazione, studio delle situazioni, conoscenza dei personaggi e dei fatti, oggettività nella scrittura e nel pensiero, allora la stessa critica, io credo debba avere anche se non l’obbligo o il dovere, quantomeno il coraggio di mettere nero su bianco ipotesi, soluzioni, idee. Per contribuire alla soluzione dei problemi o almeno prospettare le cose da un altro punto di vista. Che nel mondo della pallacanestro femminile i problemi siano tanti è palese e pacifico, alcuni indipendenti dalla volontà di tutti gli attori protagonisti, altri causati dagli stessi attori o meglio, da alcuni di questi.

In particolare di quelli che si ostinano a mantenere in piedi un sistema che palesemente non funziona. Un sistema nel quale se c’è un pasticcio – vedi la questione della Coppa Italia di A2 – meno se ne parla e meglio è così cade nel dimenticatoio e si può perpetrare quel modo di fare fatto di atteggiamenti tipici della politica: promettere, promettere e poi non mantenere nulla, perché l’importante è tenere vivo l’interesse personale e quello degli amici degli amici degli amici e via dicendo. In questo modo ognuno lavora per sé e basta e dunque contro l’interesse generale del movimento.

Nello specifico i fatti relativi all’assegnazione della Coppa Italia di A2 hanno dimostrato che la LBF così come è amministrata e gestita serve a poco perché è suddita, senza diritto nemmeno di alzare la testa, della Federazione che interviene ogni qualvolta la Lega fa una cosa che non piace a via Vitorchiano. Dunque qual è la ragion d’essere di una Lega che dovrebbe essere una società di servizi a disposizione dei club?

Esempio. Da tempo ho una discussione su LBF TV perché lo standard qualitativo delle riprese ha una serie di difetti. Primo: è uno standard diverso da campo a campo e se questo è comprensibile date le diversità dei campi nei quali si gioca, meno comprensibile è il fatto che la differenza sia così marcata, troppa dalle Alpi al Manzanarre. Secondo: in alcuni campi c’è il replay in altri, la maggioranza, no. Terzo: in alcuni campi secondo me manca la seconda telecamera, ma su questo posso sbagliarmi visto che spesso la stessa immagine viene ripresa dall’alto e poi subito dopo da più vicino ma è sempre la stessa inquadratura. Quarto: il banner del punteggio e del minutaggio è spesso sconclusionato, specie il minutaggio che raramente coincide con quello del campo. Quinto: in generale la qualità delle riprese non è sufficiente per un campionato di serie A1. Tutto questo avrebbe senso ed una giustificazione se fossimo al primo o al secondo anno di trasmissione delle partite. Ormai sono anni in realtà ed il fatto che ogni domenica o sabato o mercoledì si ripetano gli stessi difetti dimostra, secondo me, una attenzione non adeguata da parte della Lega ma anche di alcuni club che non seguono le indicazioni della stessa Lega. Ma poichè il servizio non è gratis il diritto di critica è sacrosanto.

Anche perché è l’unico modo per vedere le partite dei nostri campionati di A1 (oltre che sul canale 411 del digitale terrestre con una smart Tv o su un canale di Sky) perché, la pallacanestro femminile non fa nulla per fare interessare le tv generaliste a sé stessa. La Nazionale senior è su una tv a pagamento dunque per una nicchia probabilmente ancora più piccola di quello che è il movimento femminile. Chiaro che bisogna costruire un prodotto accattivante per poterlo vendere fuori dal borgo. Bisogna farlo però e non basta dichiarare che il nostro campionato è attraente perché arrivano giocatrici straniere di alto livello: quante sono? Dieci? Quindici quelle veramente forti forti? Su un totale di circa 170 atlete, facendo un conto di 12 giocatrici per roster delle 14 squadre di A1. Beh poche, davvero poche.

Ed allora? Il primo lavoro dovrebbe essere quello mettersi sul serio a lavorare sulla base. Cominciare un lavoro porta a porta nel senso letterale del termine per andare a cercare ragazze da portare in palestra. Siamo indietro a troppe discipline che possono scegliere.

Secondo il rapporto CONI 2019-20, l'ultimo a disposizione, i tesserati alla Fip erano 298.881, il terzo numero dietro tennis e pallavolo (il calcio non conta perché ha il triplo di tutti gli sport) e poco più dell’atletica leggera. Nel 2014 erano oltre 400 mila ed il basket era il secondo sport in Italia per numero di tesserati dietro solo al calcio.

Qualcuno si è mai posto una domanda sul perché abbiamo perso questi oltre centomila atleti/atlete in 9 anni? Brutti e cattivi gli altri che ce le hanno portati via? No, bravi gli altri, incapaci noi di attirarli, affascinarli, trattenerli.

Tornando a chi gioca a pallacanestro, le donne tesserate per la Federazione sono intorno alle 25 mila. Un numero incredibilmente basso anche senza fare paragoni con altri sport o con altri paesi. E’ basso a prescindere. Vuol dire avere un bacino d’utenza davvero piccolo dal quale scegliere prima di tutto quelle da far giocare in A1 con un minimo di sostanza. E di conseguenza per la Nazionale. Fino al livello giovanile siamo la settima forza europea e la decima mondiale. “Perché a livello giovanile vinciamo sempre medaglie ed a livello senior no?” ha chiesto due o tre anni fa un importante dirigente federale ad un allenatore, dimostrando una ingenuità disarmante o una scarsa conoscenza del mondo dello sport al punto da mettere in serissimo dubbio il fatto che occupi quella poltrona così alta. Tutti i veri uomini di sport sanno perfettamente che una giovane stella – uomo o donna che sia– non è detto che sia la stessa a livello senior.

La parola giovani apre un altro capitolo. Una ragazza che a 16 anni è alta 1 metro ed 80 deve per forza giocare sotto canestro? O bisogna osservare bene le sue attitudini e guidarla verso un percorso naturale? Un fenomeno a 16 anni va messo in prima squadra a giocare o protetto fino a che non esce dalla bambagia dell’attività giovanile? Io penso che la scuola slava abbia molto da insegnare: se sei brava devi giocare in prima squadra, subito. Non 40 minuti ma il tempo che dimostra di poter reggere mantenendo la sua qualità intatta. E mantenendo se possibile la sua partecipazione alle Nazionali giovanili perché lì c’è il primo contatto con atlete di altri paesi, quella parte internazionale così decisiva nella crescita ed affermazione di una giocatrice di livello. Senza esagerare ma anche e soprattutto senza paura.

Tutto bello forse, questo ragionamento ma con 25 mila tesserate mi rendo conto che è molto difficile. Ed allora? Rivoluzione, attenzione rivoluzione non riforma, dei campionati. Serie A1 a 10 o magari a 12 squadre. Serie A2 a 18 squadre con un girone o due – magari con criteri geografici all’inizio che abbiano un senso non come la nascente serie B maschile che farà spendere più di trasferte che di ingaggi -  non importa. Questo vorrebbe dire – secondo me - concentrare le migliori italiane in poche squadre con un livello quindi più equilibrato ed alto, avendo lo stesso risultato dalla A2. E di conseguenza dalla serie B e via dicendo. Perché so bene che la prima obiezione a questa idea è: le rivoluzioni devono partire dal basso. Certo per questo la prima rivoluzione deve essere quella dei campionati giovanili.

Per esempio: giocare un po' meno ma con maggiore qualità. C’è una tale disparità di mezzi e di numeri nelle varie Regioni e anche nelle migliori i numeri non sono sufficienti per sostenere troppi campionati. Partite che finiscono 101 a 23 a chi servono? A chi vince no. Ed ancor meno a chi perde. Bisognerebbe giocare partite di qualità ma con chi? E con quante squadre? Come fare? Esempio una società molto forte che vuole giocare però non ha i mezzi per sostenere le spese e le trasferte quindi che si fa si obbliga? Quindi? Per un campionato di eccellenza stile maschile dove troviamo un numero minimo sindacale per svolgerlo? E giochiamo andare e ritorno? Oppure si fa un concentramento?

Forse è arrivato finalmente il momento di programmare minimo minimo a 5 anni perché i numeri del Minibasket sono incoraggianti ma è necessario essere pronti all’ingresso di queste ragazze nel basket. Bisogna far fiorire le società, offrendo loro inventivi, agevolazioni.

Tra un po', giorni intendo, la seconda parte.