Danilovic, Wilkins e il Derby: una corsa tra cavalli di razza

(di FRANCESCO RIVANO). Quando nel 1780 Edward Stanley, il dodicesimo conte di Derby, istituì in Inghilterra una corsa riservata a puledri di tre anni da disputarsi sulla distanza di un miglio e mezzo (2 kilometri e 414 metri per gli affezionati del sistema metrico decimale), a tutto avrebbe pensato tranne che di coniare un termine in voga tutt’oggi nello sport mondiale. La risonanza di quella corsa fu talmente impattante sul mondo dell’ippica del periodo che ogni contea si adeguò alle scelte di Stanley chiamando Derby la corsa più importante dell’anno. E da lì in poi ogni singolo evento sportivo di rilievo è stato associato alla parola Derby come a specificare la similitudine in termini di importanza dell’evento stesso alla famosa corsa di puledri istituita nel XVIII secolo. Sino ad arrivare ai giorni nostri dove per Derby intendiamo una sfida tra compagini dello stesso centro abitato, o della stessa nazione se si tratta di competizioni internazionali, una sfida che, se vinta, sancisce il dominio di una squadra nei confronti dell’altra incoronandola come regina della città che rappresenta. Potremmo fare una marea di esempi a partire dal calcio con le stracittadine di Milano, Roma, Torino e Genova (c’è stata per un breve periodo anche quella di Verona), per non parlare della marea di Derby che si disputano a Londra. Dal prossimo anno in Francia ci sarà il Derby di Parigi con PSG e Paris FC i cui stadi sono distanti tra di loro solo 44 metri.
E nel Basket? Avremmo la capacità di citarne altrettanti ma i Derby più famosi d’Europa sono il Derby Eterno e la “Madre di tutte le battaglie”. Il primo tra Partizan e Stella Rossa, tra Grobari e Delije, che stabilisce il dominio della città di Belgrado; il secondo tra Olympiacos e Panathinaikos teatro di battaglie epiche degne della città che lo ospita: Atene. In Italia negli ultimi anni in Eurolega c’è stato un Derby tricolore tra l’Olimpia Milano e la Virtus Bologna, niente a che vedere con le stracittadine succitate sia in termini di risultati sportivi che di pathos. Basti pensare alla magra figura fatta dalle due compagini italiane in questa edizione del torneo di basket più importante del Vecchio Continente mentre ad Abu Dhabi, sede particolare di questa edizione delle Final Four, potremmo assistere al Derby greco più importante di sempre, quello che mette in palio non solo il titolo di Regina di Atene ma anche quello di Regina di Europa. Eppure c’è stato un tempo, non troppo distante in cui a Bologna, il derby tra Virtus e Fortitudo valeva quanto quello serbo e quello greco. Potremmo star qui ore a descrivere e citare le stracittadine di Basket City che dal 1966 in poi hanno visto sfidarsi le V nere contro la F, servirebbe non un singolo articolo ma un libro per racchiudere cronaca, risultati, sensazioni, emozioni del Derby più importante d’Italia. In questa sede ci volgiamo soffermare su un’annata in cui a Bologna si sono disputati 10 Derby, sono stati vinti tre Trofei ed è andata in scena una delle sfide più iconiche tra Virtus e Fortitudo; la stagione 1997-1998.
Nell’estate del 1997, fra gli effetti della legge Bosman e le disponibilità economiche dei due presidenti, Virtus e Fortitudo allestiscono due roster capaci di infiammare le tifoserie ancor prima che venga alzata la prima palla a due. Antoine Rigodeau, Rasho Nesterovic e il ritorno di Danilovic dopo le esperienze statunitensi con le casacche degli Heat e dei Mavs da una parte; David Rivers, Gregor Fucka e, udite udite, “The Uman Highlight Film” Dominick Wilkins a far compagnia a Carlton Myers dall’altra. Virtus guidata dal ritorno di Ettore Messina dopo l’esperienza da Coach della Nazionale e Fortitudo affidata alle sapienti mani di Valerio Bianchini già campione d’Italia con Cantù, Roma e Pesaro. A rendere ancora più avvincente la stagione c’è la fame di vittoria delle due tifoserie perché se la Virtus è a bocca asciutta dal 1995, la Fortitudo viene da due finali perse rispettivamente contro Milano e Treviso. E l’andamento della stagione non tradisce le attese. Il primo titolo della stagione viene alzato dalla F che dopo aver battuto proprio la Virtus in semifinale per 73 a 64 va a prendersi a Casalecchio di Reno contro Treviso la Coppa Italia. La vendetta dei virtussini non tarda ad arrivare anche perché in Eurolega, ai quarti, le due squadre si trovano ancora di fronte. Gara 1 di quella serie passa agli annali per quello che accade a 2 minuti e 10 secondi dalla fine della partita. A risultato ormai acquisito a favore delle V nere, Savic decide di colpire Fucka che, frustrato da una serata difficile, reagisce. Quel che ne consegue è una maxi rissa in cui tutti sono coinvolti. La finiscono 5 contro 3, tutti gli altri espulsi. E in Gara 2 la Virtus conclude il lavoro proseguendo la corsa verso la vittoria dell’Eurolega 1997-1998 a Barcelona contro l’AEK Atene. E in campionato? La stagione regolare si conclude con la Virtus al primo posto che precede la Fortitudo. Tutto è apparecchiato per il gran finale che non tradisce le attese. Se nella parte alta del tabellone la Kinder si sbarazza di Roma e Varese, nella parte bassa la TeamSystem liquida senza sconfitte Siena e Reggio Emilia.
L’epilogo stagionale è quello che ci si aspettava fin dall’inizio: a Basket City c’è da assegnare il titolo di Campione d’Italia e il dominio di Bologna. L’unica variante rispetto a inizio anno è nella panchina della F: a inizio playoffs Valerio Bianchini è stato sostituito da Pero Skansi, per il resto tutti ai posti di combattimento. La serie inizia con un finale al cardiopalmo che concede alla Fortitudo l’ 1 a 0 grazie a due liberi nel finale di Rivers e il ribaltamento del fattore campo. Ecco, il fattore campo non è proprio il primo elemento da considerare in questa serie perché nei tre episodi successivi è la squadra in trasferta a portare a casa la vittoria e sul 2 a 2, con un punteggio complessivo di 619 punti per ciascuna delle due squadre, si arriva alla decisiva Gara 5. Domenica 31 Maggio alle ore 18, in diretta su Raidue in casa della Kinder Bologna si alza la palla due di una delle gare più iconiche del nostro campionato di Basket. La tensione della gara è palpabile tanto in campo quanto sugli spalti e le squadre sono guardinghe e attente: non ci si può permettere di commettere errori. E allora è un botta e risposta fatto di penetrazioni continue in un ritmo sincopato dettato da quelli che allora erano due tempi da venti minuti. Il tiro da tre non era un’opzione significativa come ai giorni nostri e le ammucchiate sotto al ferro erano ben più frequenti di ora. È la Fortitudo a segnare il passo portandosi avanti di 11 punti a poco più di sei minuti dalla fine. Ma Hugo Sconochini non ci sta e rompe gli indugi per le V nere accelerando i tempi e volando più volte in contropiede per cercare di ridurre la distanza. Oramai siamo vicini ala conclusione e Gregor Fucka si fa un giro in lunetta con un paio di tiri liberi da tirare sul + 3 per i suoi a 27 secondi dalla fine. Il primo entra, il secondo no con Abbio che conquista il rimbalzo. L’azione che ne consegue è storia che necessita di una premessa visti gli interpreti protagonisti. Sasha Danilovic con una caviglia in disordine era stato fin lì marginale: 7 punti e un unico viaggio in lunetta. Peggio di lui Dominique Wilkins, forse la peggior versione di tutta la carriera di “Nique” mai capace di incidere durante l’anno e ancor meno in quella serata fatta di nessun canestro dal campo. Eravamo rimasti con Abbio che cattura il rimbalzo. “Picchio” nonostante le pessime percentuali di Danilovic va dal suo numero 5 che fronteggia il canestro ben al di là dell’arco dei tre punti; davanti a lui c’è Wilkins. Il serbo si arresta per provare la sua sesta tripla di serata (fin lì 0 su 5) e l’ex Atlanta Hawks, capace di dominare i parquet della NBA, di competere con Michael Jordan durante i bellissimi Slam Dunk Contest a cavallo fra gli anni ’80 e ’90, cerca la palla come l’ultimo dei pivelli. Zancanella, arbitro di serata, fischia e un secondo dopo la palla finisce dentro al canestro della Fortitudo. Canestro da 3 più fallo. La Bologna bianconera erutta in un boato e quella giocata si stampa di diritto nella bacheca delle immagini da ricordare per sempre. Danilovic realizza il tiro libero, Virtus – Fortitudo è ancora in parità e a decidere la sfida saranno i tempi supplementari. La mazzata del gioco da quattro punti di Sasha tronca le gambe ai giocatori della TeamSystem e spezza il fiato ai tifosi Fortitudini. I supplementari sono una passeggiata all’aria aperta per le V nere che si aggiudicano il titolo di Campioni d’Italia per la stagione 1997-1998. Per la Fortitudo c’è da affrontare la terza sconfitta consecutiva in finale, forse la più amara, sicuramente la più dolorosa.
Se a Edward Stanley, Duca di Derby avessero detto che la gara a cui ha dato vita avrebbe ispirato sfide epiche a distanza di secoli magari non ci avrebbe mai creduto, ma da buon intenditore di cavalli se si fosse trovato davanti Sasha Danilovic lo avrebbe sicuramente paragonato a un purosangue degno di partecipare e vincere un Derby, magari non correndo su quattro zampe come i suoi destrieri, ma con un tiro, il “tiro da quattro di Danilovic”, che ha segnato la storia delle stracittadine di Basket City.
----- Francesco Rivano nasce nel 1980 nel profondo Sud Sardegna e cresce a Carloforte, unico centro abitato dell'Isola di San Pietro. Laureato in Economia e Commercio presso l'Università degli Studi di Cagliari, fa ritorno nell'amata isola dove vive, lavora e coltiva la grande passione per la scrittura. Circondato dal mare e affascinato dallo sport è stato travolto improvvisamente dall'amore per il basket. Ha collaborato come redattore con alcune riviste on line che si occupano principalmente di basket NBA, esperienza che lo ha portato a maturare le competenze per redigere e pubblicare la sua prima opera: "Ricordi al canestro" legato alla storia del Basket. Nel 2024 ha pubblicato la sua seconda, dal titolo "La via di fuga" Link per l'acquisto del libro.