EuroLeague - Gherardini: "Mancano troppe risposte per poter progettare la ripartenza"

EuroLeague - Gherardini: "Mancano troppe risposte per poter progettare la ripartenza"
© foto di EuroLeague Basketball

La domenica di Cantieri Aperti 365 è stata davvero speciale con un ospite di eccezione, il General Manager del Fenerbahce Istanbul Maurizio Gherardini. Una diretta nella quale l’esperto dirigente ha toccato tutti i temi, dall’inizio della sua passione in quel di Forli, passando per Treviso, sognando e raggiungendo la NBA, fino all’attualità della sua attuale lunga esperienza in Turchia.

Attualmente, però, si trova in Italia: “Sono a Treviso con la famiglia, sono rientrato appena hanno sospeso il campionato turco, dunque da un paio di settimane. Siamo tutti disseminati per il mondo, Obradovic e il suo staff a Belgrado, ma siamo giornalmente in contatto”.

Un’Eurolega che rimane davvero appesa ad un filo: “Davvero nessuno in questo momento ha la risposta. Siamo un torneo che coinvolge 10 paesi differenti e tutti ora hanno qualcosa di più importante a cui pensare, la salute dei cittadini. Ora mancano troppe risposte per poter progettare la ripartenza, ci siamo riaggiornati a inizio maggio con l’Eurolega. Vediamo come ne usciremo da questa situazione, adesso mancano anche solo i parametri per programmare i budget per il futuro, la speranza è che si possano minimizzare le perdite per ripartire”.

Da ex dirigente dei Toronto Raptors lo scorso giugno ha visto i canadesi vincere il loro primo storico titolo NBA: “Sarebbe facile dire che me lo aspettavo, ma in verità non l’avrei mai detto. Mi sono sentito vicino a cosa è successo, c’è ancora un buon rapporto con la proprietà e l’ambiente e poi c’era ancora qualcosa di quello che avevo fatto anche io con la trade che ci portò a prendere Kyle Lowry”.

La NBA, un sogno che diventa realtà: “La NBA rappresenta l’apice di quello che avevo sognato da ragazzo.

Ovviamente l’impatto fu molto forte, una grande gratificazione. Vissi con sorpresa due situazioni specifiche. tutti i dirigenti praticamente facevano anche gli scout e questo permetteva di sviluppare molte idee. La seconda cosa fu il primo giorno che entrai nel mio ufficio, l’emozione fu mitigata da un librone gigantesco con tutte le regole della NBA, la sua forza è che tutto viene previsto, sono chiare le regole e le conseguenze. La sensazione, anche al termine dei miei 8 anni, è che non avevo ancora imparato tutto per avere in pieno la proprietà di gestione del sistema”.

In Turchia invece il mondo opposto: “La presi come sfida, Obradovic mi solleticò ricordandomi come in Turchia avevano investito tanto per 15 anni, ma mai nessuno era anche solo arrivato alla Final Four. Mi ritrovai in un mondo di gente che vive alla giornata, molto diverso rispetto all’Europa a cui ero abituato. Un popolo che vive di emozioni, ma che fatica a razionalizzare il proprio lavoro. E proprio in queste cose che siamo riusciti a fare breccia. L’anno che vincemmo l’Eurolega abbiamo avuto un momento difficile, prendemmo anche 30 punti dal Baskonia, ma il presidente ci chiamò per un caffe in albergo rinnovandoci la fiducia. “Non abbiate paura, noi crediamo in voi e nel vostro progetto”. E’ stato bellissimo, la molla che fece capire a tutti, giocatori compresi, quale fosse la direzione da seguire per vincere”.

Quanto sembra distante questo ragionamento da quello che troppo spesso succede in Italia: “Credo che il  tempo sia sempre un fattore fondamentale per sviluppare un progetto, per far maturare i giocatori e creare una struttura e una filosofia di lavoro. E’ fondamentale che tutti condividano la stessa idea all’interno del club. E’ sempre più difficile, si analizzano i risultati in modo sempre più spietato, la nostra abilità come manager dev’essere quella di far condividere un disegno più ampio. Al Fenerbahce siamo riusciti a cambiare radicalmente quel che avevamo tra le mani, ci vuole la maturità di tutti: della dirigenza, dell’allenatore e dei giocatori”.

La sua storia è costellata di grandi intuizioni a livello di mercato in oltre 30 anni di carriera: “Credo che adesso non sia molto diverso il procedimento di scelta di giocatori rispetto a 30 anni fa. Oggi sicuramente ci sono tanti mezzi di analisi di un giocatore, ma è tutto fatto più di fretta, sicuramente una volta eravamo più lenti, ma la conoscenza era più profonda. Bisogna fidarsi tanto delle sensazioni, te le senti arrivare addosso, quasi come quando ti innamori, non è solo una questione di statistiche e di video, ma anche di intravedere un potenziale o di come si adatta al gioco del coach. Il nostro è un lavoro in cui si fanno errori, lo sappiamo, chi riesce ad avere il feeling giusto forse riesce a farne un po’ di meno.”

Domani, lunedì 6 aprile, nuovo appuntamento in diretta per Cantieri Aperti 365 con la “live” in programma con il consigliere delle FederBasket Marco Tajana.