Valtur Brindisi, i perché di una stagione ad oggi deludente

Sarebbe stato ingeneroso fare un punto della situazione in casa Valtur Brindisi alla fine del girone d’andata, la squadra era appena tornata al completo ed era normale che non tutto potesse essere in ordine nell’ennesimo tentativo di creare un nuovo equilibrio. Adesso però di giornate ne sono passate 22, Ogden e De vico sono ormai rientrati da un mese abbondante e tutti i nodi cominciano a venire al pettine.
Che la squadra costruita in estate avesse evidenti limiti era ben chiaro a tutti. La mancanza di alternative valide negli esterni su tutte, ma anche l’assenza di un vero playmaker in grado di gestire i ritmi e far girare la squadra. Certo, le prese di De Vico, Ogden e Vildera, tre giganti per la categoria, lasciavano comunque un barlume di positività che però ha dovuto fare subito i conti con i lunghi e fastidiosi infortuni occorsi a tutti e tre. Ogden e De Vico hanno praticamente saltato tutto il girone d’andata, mentre Vildera, oltre a un infortunio che lo ha tenuto fuori per un mese e mezzo, ha anche dovuto affrontare un gravissimo problema familiare con la prematura scomparsa del padre. Insomma tutti problemi compresi dai tifosi, almeno fino all’ennesima sconfitta contro Avellino, in seguito alla quale è scattata la contestazione, la prima dell’ultimo anno e mezzo che di certo non è stato tra i più positivi in casa biancoazzurra. Proprio la partita in terra irpina è stata lo specchio di tutti i problemi che affliggono Brindisi: la mancanza di carattere, l’identità ben lontana dall’essere chiara e soprattutto il fatto che la squadra sia stata costruita male e con troppi punti deboli. Andiamo ad analizzarli con l’aiuto delle Advanced stats.
IL TIRO DA TRE INESISTENTE - Nel basket estremizzato del 2025, in cui si cercano sempre di più spaziature ed efficacia dall’arco dei 6.75, Brindisi è stata costruita come una squadra degli anni 90, con un centrone come Vildera con poco range di tiro e un 4 come Ogden molto efficace nel gioco in post. Brindisi è 19esima (su 20 squadre) nei tiri da tre tentati, 21.7 a partita, e per pace (numero di possessi giocati) che si attesta sul 70.8. La squadra di coach Bucchi tira con il 31,6% da tre e ha un Offensive Rating di 106.8 (neanche 107 punti segnati su 100 possessi). La domanda che ci si pone è quindi perché con un centro come Vildera non si sia cercato un 4 in grado di aprire il campo con una buona mano da tre? E se Ogden era una ghiotta occasione che non ci si poteva lasciar scappare, perché attorno ai lunghi non sono stati scelti dei veri e propri cecchini? Invece la scelta è caduta su tiratori evidentemente poco affidabili. Basta fare un paragone con le percentuali dell’ultimo anno per farsi un’idea: Laquintana lo scorso anno tirava con il 24,7% da tre, Allen con il 28;1%, Arletti con il 20,7%, Fantoma con il 29,7% (quest’anno tira con il 13%). Poi ci sono i casi di De Vico passato dal 40,3% al 21,9%, di Calzavara passato dal 38;7% al 34,1% e Ogden passato dal 31,5% al 13,8%. Nel basket del 2025 vincere senza il tiro da tre è impossibile, non a caso Brindisi nelle vittorie tira con il 38,2%, nelle sconfitte con il 27,8%. Al momento l’unico che ha percentuali accettabili è Todor Radonjic (50%), non a caso con lui in campo la squadra segna in media 7 punti in più su 100 possessi.
POCO EQUILIBRIO - Brindisi è una squadra che non ha playmaking e, molto evidente nelle ultime uscite, riesce ad essere efficace solo quando gioca in transizione sfruttando l’aggressività difensiva. L’esempio più lampante è stata la partita contro Rieti, quando un quintetto atipico (Calzavara, Laquintana, Allen, Radonjic e Ogden) ha difeso alla grande e portato prima alla rimonta e poi alla vittoria negli ultimi 5 minuti. A difesa schierata però l’attacco di Brindisi è inesistente. La transizione viene usata solo per l’11,5%, per il resto ci si affida solo al pick’n roll (24,9%) e ai catch and shoot (14%), tra l’altro con pessime percentuali. Altri giochi come l’ISO o come gli hand off non pervenuti. A tutto ciò si aggiunge la difesa, a tratti pessima. Mai si è vista una squadra di Bucchi subire così tanto dal pick’n roll centrale, con la prima linea di difesa facilmente superata. Contro Avellino si è persa una partita nonostante i 19 rimbalzi offensivi e i 21 tiri in più tentati e ciò vuol dire solo che la squadra ha tirato male e difeso anche peggio. Manca carisma, comunicazione, ma soprattutto quella sana voglia di sbucciarsi le ginocchia.
QUINTETTO HORROR - Il fatto che Brindisi sia una squadra costruita con basi profondamente sbagliate è dimostrato anche dal quintetto base. Basti pensare che il quintetto titolare, Calzavara, Allen, De Vico, Ogden e Del Cadia ha un NET Rating di -45,2, un dato deprimente. Vuol dire che con questo quintetto Brindisi segna la miseria di 81 punti su 100 possessi e ne concede 126.2. Da quando è andato via Almeida, contestualmente al rientro di Ogden, la squadra ha subìto una regressione inimmaginabile. Con il capoverdiano, più un tre che un quattro, la squadra giocava più in velocità, aveva spaziatura migliori, tirava di più e meglio da tre. Con Ogden invece l’attacco è statico, l’americano fatica a trovare una posizione e anche sui cambi la difesa non è più molto efficace. Il doppio lungo è una caratteristica del credo cestistico di Bucchi. I tifosi ricorderanno quelle poche, ma meravigliose, partite giocate con Delroy James da 3, Mays da 4 e Simmons da 5. Sarebbe da chiedersi se questo credo abbia ancora una ragione di esistere nel 2025, soprattutto se la difesa, punto di forza di questo assetto, non gira e non genera la transizione.
ALLEN, IL POMO DELLA DISCORDIA - La situazione di Allen è invece paradossale. Sul punto di essere messo fuori squadra dopo il gestaccio rivolto ai tifosi dopo la partita contro l’Urania Milano, il giocatore americano ha improvvisamente iniziato a giocare e a macinare punti. Il problema è che solo adesso si è capito perché. Avendo capito che il taglio era dietro l’angolo, ha iniziato a giocare seriamente in modo da trovare un nuovo contratto, cosa che è prontamente successa, tanto che da circa un mese spinge per essere ceduto, forte di una remunerativa offerta (si dice dalla Francia). Quindi si è passati dal voler tagliare un giocatore, all’essere ostaggio di esso. L’americano dovrebbe restare per la partita contro Udine, forse per quella contro Rimini, ma con quali motivazioni? Del resto sarebbe bastato guardare il curriculum di questo giocatore per capire quanto potesse essere un caposaldo della squadra. Ad eccezione del 2021/22, stagione in cui la pandemia limitava gli spostamenti, in cui ha iniziato e concluso la stagione nell’Hapoel Eliat, poi ha sempre cambiato 2/3 squadre a stagione. Due nel 2018/19 (Brescia e Reggio Emilia), due nel 2020/21, addirittura tre nel 2022/23, fino all’ultima in cui ha giocato solo a PortoRico, dove però il campionato inizia ad aprile, prima di accasarsi a Brindisi.
IL FUTURO - A meno di sconvolgimenti a sorpresa, la stagione di Brindisi sembra destinata a restare nell’anonimato, con l’unico obiettivo di evitare i playout e mettere le basi per il prossimo anno in cui sarà vietato sbagliare. Le prossime due partite, Udine in trasferta e Rimini in casa, sarebbero difficili anche in condizioni normali e poi c’è da vedere come sarà gestito il dopo Allen. Al momento dalla Società non filtra nulla e la ricerca del sostituto non sta dando i frutti sperati. Per il resto è difficile aspettarsi qualcosa di più anche perché il mercato non offre nulla, soprattutto tra gli esterni. L’unico nome appetibile era quello di Pepe che però si è accasato a Udine in settimana. Difficile poi che altre squadre lascino partire qualcuno, dato che in A il protezionismo obbliga a tenere italiani anche se hanno minutaggio bassissimo, mentre in A2 sono talmente importanti che è difficile che qualcuno se ne privi. Più facile che si muova qualcosa tra un paio di mesi, quando alcune posizioni in classifica si saranno stabilizzate e certe squadre possono essere disposte a far partire qualche giocatore. Potrebbe però essere troppo tardi.