All Star Game, un successo. Ma ai club importa?

L'All Star Game è stato un successo: 8250 spettatori, 1500 bambini, un ascolto televisivo non entusiasmante come dato medio, 188 mila, 1% di share (il collegamento è durato 2 ore e 49') ma con un numero di contatti importante, 1 milione 700 mila con picchi di gradimento durante la gara delle schiacciate. Il format, difficile da digerire per lo sportivo medio italiano, si colloca tra i momenti cestistici più seguiti della stagione, anche grazie allo spirtito da evento degli americani. Meglio ricordarselo quando sarà pianificata la prossima stagione: non c'era alcun motivo per svuotarlo di atleti importanti ponendo un turno infrasettimanale il mercoledì precedente, cosa che ha ridotto anche il tempo alla Nazionale. La festa del basket e delle sue società di vertice ha avuto successo nonostante loro. 8250 Spettatori dell'All Star game, 120 in più rispetto all'edizione del 2011 che ha segnato il ritorno della sfida dopo 5 anni. 25 Le schiacciate (riuscite) tra partita (11) e la gara apposita che ha fatto registrare il picco di ascolti su La7. 8-8 Vittorie dell'Italia e delle stelle straniere dal primo All Star Game con la Nazionale del 1980 all'ultimo di domenica. La candidatura Il presidente del Coni «La Fip ha un potenziale straordinario: credeteci». La conferenza stampa dell' Hotel Excelsior verrà ricordata come quella del ritorno di Gianni Petrucci al basket. Il presidente del Coni, pur riservandosi di accettare di candidarsi di nuovo alla guida della Federbasket dopo l'Olimpiade di Londra, ha fatto un intervento da presidente, visto che la decisione di Dino Meneghin di non ricandidarsi è irrevocabile. «La Fip ha un potenziale straordinario - ha detto - , Al mondo del basket dico: credeteci! La Fip ha programmi importanti e le società devono capire che non è un peso concedere giocatori alla Nazionale: il loro prodotto si rivaluta se l'Italia è vincente. Che il basket vada avanti con le sue riforme e non torni indietro». Chi sostiene che Petrucci temi il declassamento da presidente del Coni a quello della Fip: «Dice una sciocchezza e non fa i conti col mio cuore. La Federbasket è una grande federazione alla quale non ho mai rinunciato. Sono diventato presidente del Coni perché gli altri colleghi mi hanno chiesto di farlo». Meneghin, il personaggio del basket più conosciuto, dovrebbe restare al fianco di Petrucci. La squadra Pianigiani: «I tre Nba? Anche loro dipendono da chi gioca qua». L'All Star Game è servito anche a Simone Pianigiani, più nelle giornate di allenamento che in partita, anche se giocare con tutti gli occhi addosso è un esercizio importante per quei ragazzi che hanno poca esperienza ad alto livello. La sua crociata, portata avanti quotidianamente da Andrea Capobianco e Francesco Cuzzolin, per «Allargare la base, individuare e valorizzare il talento e portare i pochi giocatori che abbiamo al massimo livello» va ad una velocità doppia di quella del basket italiano. Siamo in emergenza anche perché, nel breve periodo, la differenza per tornare ai vertici non la faranno i tre azzurri «americani», la cui disponibilità non è mai certa, ma gli altri. «Con chi gioca nella Nba sto scambiando solo degli sms - dice - , non sono preoccupato per gli infortuni patiti da Gallinari e Bargnani perché non lasceranno traccia sulla nostra attività. Ma con loro non possiamo fare più di quello che facciamo, anche come tempo. Ci danno talento, disponibilità, entusiasmo ma se il meccanismo attorno a loro non li sostiene, è difficile che possano fare la differenza. In una squadra che già funziona, sarebbero i primi a inserirsi e a trarne giovamento». La discussione sulla riforma dei campionati si è arenata di nuovo. Per forza. Il nuovo calderone a 32 squadre dilettantistico che è previsto sotto alla serie A così è un pasticcio. Senza una divisione tra le prime 16 (l'attuale Legadue) e le altre viene mancare la tutela promessa a quei club che giocano nel secondo campionato pro. La riforma Tutto fermo per il «mostro» sotto la serie A diritto sportivo e un assetto societario più elevato rispetto all'attuale Dna (la serie B), pretende di mettere sullo stesso piano 32 squadre molto diverse sotto ogni punto di vista, complica la gestione dei visti perché dare 2 extracomunitari, come vuole l'attuale Legadue, a 32 squadre fa sballare i numeri concessi dal Coni. E, soprattutto, non c'è l'accordo tra Legadue e Lega Nazionale per chi gestirà il «mostro». Se non arriverà, il 13 aprile il Consiglio Federale deciderà d'imperio. Ha il diritto di farlo. Ma lo spirito della riforma non era quello di dare spazio agli italiani ma in una mega serie B. L'hanno già.
Luca Chiabotti