Lega A - Boniciolli, il gran ritorno "Mi davano per malato, in 4 mesi salvo Pesaro"

Fonte: Corriere di Bologna - Enrico Schiavina
Lega A - Boniciolli, il gran ritorno "Mi davano per malato, in 4 mesi salvo Pesaro"

Matteo Boniciolli, come ci si sente di nuovo in sella, a Pesaro, nove mesi dopo l'ultima panchina con la Fortitudo? «Benone. Felice di tornare a fare il mio mestiere, in una città che respira basket come Bologna. Anche se qualcuno diceva in giro che avevo un tumore, o forse ci sperava. Mi ero ripreso da un pezzo e mi stavo semplicemente guardando attorno».

Cos'ha fatto in questi mesi? «Tante cose. Viaggiato, studiato, aiutato mio figlio a trasferirsi a Roma alla Stella Azzurra. Sono stato anche in America, dove ho visto di tutto, NBA, D-league, college, high school, pure il nostro futuro fenomeno Nico Mannion. In estate nessuna opportunità interessante di tornare ad allenare, in inverno sono stato molto vicino a una squadra italiana, ma non si è trovato l'accordo. Poi ha chiamato Ario Costa, con cui avevo già parlato tempo fa: nella vita a Pesaro si può dire di no una volta, non due».

Telefonate e messaggi da Bologna? «Moltissimi. Tra i primi Pavani, che vuol venire a vedere la mia prima partita, domani. E tanti altri, dentro e fuori la Fortitudo. A Bologna mi restano tante amicizie vere, e la stima di chi ha capito che enorme lavoro è stato fatto in questi anni»

Rimpianti? «Quello di essere stato male, e di aver affrettato il rientro, l'anno scorso: ho fatto finta di dimenticarmi di avere 56 anni, il mio fisico me l'ha ricordato con lo svenimento nello spogliatoio di Forlì. Non l'avessi fatto, avrei finito la stagione. Certo, mi sarebbe piaciuto esserci io, a giocarmi il ritorno in A e fare la storia, forse sarebbe anche stato giusto, ma la vita è così. Tornando a fare questo mestiere so comunque di essere un privilegiato»

Un po' una pazzia anche prendere Pesaro? «Forse, ma al contrario del famoso personaggio di Nanni Moretti non mi sono mai chiesto se mi si nota di più se vado o non vado a una festa. Io vado dove penso sia giusto andare, e Pesaro è un patrimonio del basket italiano in difficoltà che va salvato, stringendo i denti oggi perché magari qualcun altro la riporti in alto domani. Come è stato alla Fortitudo, o a Trieste: anni di salti mortali per tenere accesa la fiammella, poi un giorno magari arriva il signor Alma e si può tornare a far le cose in grande».

Sudore e lacrime. «Qui sono quello che deve ribaltare il tavolo. Chiamato per dare qualche sano calcio nel sedere a qualcuno».