NBA - Kareem Abdul Jabbar rivela di aver avuto un cancro

"Nessuno vuole che una leggenda della NBA muoia sotto i suoi occhi". Secondo Kareem Abdul Jabbar in questa frase sta tutta la differenza del mondo tra la salute di un nero famoso e quella dell'abitante di uno slums (bassifondi) di una città americana.
"Sono anche fortunato che uno dei miei figli sia un chirurgo ortopedico e un altro un amministratore dell'ospedale" si legge nell'articolo che ha scritto per webmd.com. "Papà arriva a tormentarli per un consiglio medico ogni volta che vuole. Ma mentre sono grato per i miei vantaggi, sono profondamente consapevole che molti altri nella comunità nera non hanno le stesse opzioni e che è mia responsabilità unirmi a coloro che lottano per cambiare la situazione".
Il Black Lives Matter non sono solo le manifestazioni pacifiche o più o meno violente che ci fanno vedere i telegiornali. Ma una serie di iniziative di auto-responsabilizzazione e conoscenza dal comprendere l'importanza del voto all'istruzione scolastica, al diritto del malato di essere curato a prescindere dalla capienza economica.
In questa chiave di lettura, Jabbar rivela - ed è la notizia che attira le persone - di avere avuto anche un cancro alla prostata.
"La mia vita è a rischio. Non solo perché ho 73 anni con i soliti fastidiosi dolori e dolori che accompagnano l'età, ma perché sono alto e sono nero. A 7 piedi, 2 pollici, sono statisticamente più incline a coaguli di sangue, problemi alla parte bassa della schiena e all'anca, rischio più elevato di cancro, in particolare cancro alla prostata, fibrillazione atriale (un disturbo del ritmo cardiaco) e una durata della vita più breve in generale.
Essere nero significa che ho maggiori probabilità di soffrire di diabete, problemi cardiaci, obesità, cancro e una vita più breve in generale. Sì, le persone alte e le persone di colore hanno aspettative di vita più brevi. Finora, tenendo conto di questi rischi statistici, ho avuto un cancro alla prostata, leucemia e un intervento chirurgico di bypass cardiaco".
Jabbar fa una interessante esposizione sanitaria-sociologica sulla differenza di trattamento a livello di cure mediche delle comunità etnico-razziali non bianche all'interno degli Stati Uniti.
Una realtà fatta di discriminazioni, povertà, dolore che per nostra fortuna nel sistema sanitario italiano non esiste benché ogni tanto qualcuno salti fuori prendendosela con qualche migliaio di immigrati più o meno clandestini che valgono uno zero virgola della spesa sanitaria italiana.
Così conclude l'analisi Jabbar: "È come se la comunità nera fosse intrappolata in Ricomincio da capo in cui ogni giorno combattiamo il razzismo, dimostriamo che esiste, vediamo i guadagni e poi ci svegliamo il giorno dopo tutti gli stessi ostacoli. Nel film, Bill Murray è sfuggito al ciclo diventando altruista, preoccupandosi più dei bisogni degli altri che dei suoi desideri avidi.
È così che l'America sfuggirà a questo comportamento autodistruttivo. Il futuro dell'equità per i neri americani inizia con la salute fisica e mentale, e fintanto che sono alla fine della linea per i servizi, la vera equità non può accadere. Le vite dei neri devono avere importanza in ogni aspetto della società americana se vogliono prosperare".
Bella lezione, dal valore universale.