L'Olimpia e Massimo Masini: "Colori, squadra, ambiente rimangono nel cuore"

La carriera di Massimo Masini si è svolta in gran parte al Simmenthal dove era arrivato da Montecatini Terme nel 1963 per rimanere a Milano fino al 1974, il primo con il marchio Innocenti sulla maglia. Con le Scarpette Rosse ha vinto tutto: 4 scudetti, due coppe delle Coppe, una coppa Italia e la prima coppa dei Campioni nel 1966, per un totale di 4.992 punti nella massima serie.
Capitano a cavallo di due epoche. "Sono stato il capitano e l’anello di congiunzione tra la vecchia squadra, quella dei Riminucci, Pieri, Volpato, Gamba con quella di Iellini, Brumatti, Bariviera".
L'epopea targata Simmenthal. "La squadra era conosciuta più della carne in scatola, fu una delle ragioni per cui i figli del fondatore Gino Sada tolsero a malincuore l’abbinamento."
Dell'Olimpia Milano si resta tifosi. "La parte più bella della mia vita, dai 15 ai 30 anni, l’ho passata a Milano. Quei colori, la squadra, l’ambiente restano nel cuore per tutta la vita."
L'avversaria era la Pallacanestro Varese. "L’Ignis di Nikolic era rocciosa, noi giocavamo più di fioretto, alla garibaldina. Di uno spareggio ricordo che Rubini volle fissare l’albergo a Roma a 10 km dal palasport perché, diceva, portava bene. Il giorno della partita c’era traffico, ci vollero due ore per arrivare. Ci cambiammo sul pullman ed entrammo in campo senza fare riscaldamento. E si perse."
Il basket di oggi. "Non mi piace tanto. È atletico, spettacolare, schiacciate e stoppate. Come il circo Togni col trapezista e il triplo salto mortale. Ma ho vissuto un’altra epoca, la digerisco male. Le società non hanno identità propria, non c’è quello spirito che ogni squadra esprimeva. Ignis, Virtus, Cantù, noi: si creava una sinergia particolare con l’ambiente, i dirigenti, chi andava in campo attingeva a questo e giocava di conseguenza. Ora vista una partita, le hai viste tutte."